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31 anni fa la monetina e la sceneggiata di Meneghin che Milano non ricorda mai

Si accasciò durante la semifinale contro Pesaro. 22 anni dopo, la confessione: «Potevo ben giocare». Poi lo scudetto con la contestata vittoria in finale su Livorno

31 anni fa la monetina e la sceneggiata di Meneghin che Milano non ricorda mai

Dici monetina e pensi ad Alemao. Eppure un anno prima, ovvero il 6 maggio di 31 anni fa, una monetina molto meno celebrata dai media (e mai ritrovata), decise probabilmente uno scudetto del basket, poi rimasto nella storia soprattutto per le polemiche seguite alla finalissima.

Si era a Pesaro, semifinale di andata campionato 1988-89 tra la favoritissima Scavolini di Valerio Bianchini (campione d’Italia e prima classificata nella regular-season) e la Philips Olimpia Milano di Meneghin e D’Antoni. 31 anni fa la serie di semifinale si decideva ancora con due partite su tre. La Scavolini stava giocando benissimo e stava tenendo a bada la corazzata milanese. Ma alla fine del primo tempo Meneghin si accasciò a terra, accusando di aver sentito “un colpo secco alla testa, come una sassata”, come riferì l’articolo di Repubblica dell’epoca.

Meneghin usci definitivamente dal campo per farsi curare la “piccola ferita lacero-contusa al cuoio capelluto nella regione parietale occipitale destra(cit.), presumibilmente provocata da una moneta piovuta dagli spalti, moneta che però non fu mai ritrovata. Infatti per un po’, “proprio sul mancato ritrovamento della moneta, la Scavolini fondò le sue esili speranze di conservare, davanti al giudice sportivo, la vittoria ottenuta sul campo”, come cita l’articolo in alto. Ma, nonostante l’assenza della pistola fumante, e nonostante il fatto che Dino Meneghin dopo la partita fosse tornato miracolosamente in ottima salute, come testimoniato in questo racconto postumo di Walter Fuochi, l’Olimpia Milano ebbe partita vinta, espugnando il palazzetto di Pesaro e completando la serie 4 giorni dopo al Palatrussardi di Milano. Meneghin confesserà 22 anni dopo, nella sua biografia «Passi da gigante, la mia vita vista dall’alto», che sarebbe potuto rientrare tranquillamente in campo. «Avrei potuto riprendere e completare l’incontro, non ho difficoltà ad ammetterlo», le sue testuali parole.

La norma della responsabilità oggettiva esisteva nel basket come nel calcio. Ma, nonostante la pubblica ammissione di Meneghin, nessuno a Milano ha mai pensato di ricordare a cadenza annuale che l’Olimpia non meritasse quel titolo o che magari a quella finale non ci sarebbe mai dovuta arrivare. La “monetina” resta un patrimonio di Alemao e del Napoli campione 1989-90. Provate a digitare su Google “monetina sport” e osservate i risultati.

Fatto sta che poi la finale fu giocata e vinta da Milano contro Livorno, fuori casa e alla quinta partita, tra feroci polemiche, vivissime ancora oggi. Infatti, il tiro allo scadere del livornese Forti, che avrebbe dato lo scudetto alla Enichem Livorno, fu inizialmente convalidato dal primo arbitro, ma poi annullato negli spogliatoi dal secondo arbitro Pasquale Zeppilli da Roseto degli Abruzzi. Infatti il sig. Zeppilli convinse l’altro arbitro, Grotti (che aveva dato canestro più fallo di Meneghin), che lui aveva visto e sentito meglio, niente canestro, la sirena era già suonata. Non esisteva l’instant replay, e nel tempo non c’è mai stata alcuna prova certa che il canestro fosse stato realizzato prima o dopo la sirena, nonostante le innumerevoli rivisitazioni e moviole che si sono succedute negli anni.

Come però si può ascoltare in questo filmato, con Livorno già in festa, il presidente milanese Gabetti, intervistato negli spogliatoi, si rifiutò di accettare il verdetto del campo e dichiarò che era ancora tutto da stabilire, visto che il canestro di Livorno secondo lui non era valido. Fatto sta che poco dopo lo scudetto volò via da Livorno per cucirsi per la 24a volta sulle maglie dell’Olimpia Milano. Il cattivo pensiero che i 23 scudetti vinti fino a quel momento dall’Olimpia Milano potessero aver influito sulla decisione dell’arbitro si fece vivo nella mente di molti addetti ai lavori (in questo video il compianto Renzo Marmugi de “Il Tirreno”).

La decisione dell’arbitro Zeppilli fu coraggiosissima e probabilmente più che legittima dal punto di vista tecnico. Invertire l’assegnazione di uno scudetto 20 minuti dopo la fine della partita, e con il pubblico di casa che festeggiava in campo, richiedeva davvero tanto coraggio. Coraggio che a situazioni invertite, ovvero non convalidare per gli stessi motivi l’eventuale canestro scudetto di Milano al PalaTrussardi, risulta però francamente difficile da immaginare. Soprattutto perché il peso politico di Milano in seno alla Federbasket di allora non era un mistero, come queste indiscrezioni postume di Dagospia e Panorama rivelarono. Tra l’altro il basket fino a quegli anni era stato sempre terreno di conquista per poche squadre, tutte nell’area lombarda e bolognese. Con occasionali incursioni di Roma e Pesaro. Per Livorno si sarebbe trattato invece del primo (e unico) scudetto.

Nel tempo il mondo della pallacanestro si è però rinnovato. Dal 2004-05 ha iniziato ad utilizzare l’instant replay (all’epoca solo nei playoff), tanto che una situazione incredibilmente simile a quella di Livorno fu ribaltata dalla tecnologia. Infatti nella finale 2005 il canestro scudetto di Douglas della Fortitudo Bologna a Milano, proprio contro l’Olimpia, fu inizialmente annullato dal primo arbitro Lamonica perché ritenuto fuori tempo massimo. L’arbitro Paternicò andò però a rivedere l’azione al monitor e, nonostante le pressioni intorno a lui, non poté far altro che convalidare la tripla dello scudetto di Bologna e lasciare il Mediolanum Forum di Assago nella disperazione.

Poi dal 2014-15 la tecnologia è stata estesa a tutte le gare e a tutte le situazioni. Da quella stagione, visto il fresco fallimento di Siena, la scomparsa di Treviso, la crisi nera delle due squadre di Bologna, e il ridimensionamento di Varese e Cantù, si ipotizzò che l’Olimpia Milano, sponsorizzata dal proprietario Armani con massicci investimenti, facesse un filotto stile Juventus. Invece ha finito per portare a casa il magro bottino di due soli scudetti in 5 anni. Nei 5 campionati finora giocati con il pieno utilizzo della tecnologia in campo, oltre che a Milano, lo scudetto è andato per due volte a Venezia e per una volta a Sassari. E in finale ci sono arrivate squadre mai emerse in precedenza, tipo Reggio Emilia e Trento.

Un equilibrio mai visto prima. Un equilibrio che difficilmente vedremo in tempi brevi nel calcio.

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