Vigorito: «Il calcio è in crisi perché raccoglie ricchezza e non la distribuisce in maniera equa»
Intervista al CorSport: «C'è troppa disparità e le altre. Il taglio di stipendi non è la panacea. L'industria calcio contribuisce alle tasse per oltre un miliardo, va aiutata».

Sul Corriere dello Sport una lunga intervista al presidente del Benevento, Oreste Vigorito.
«Se il Benevento non dovesse ripartire dalla A sarebbe un’ingiustizia enorme e intollerabile».
Il calcio deve combattere insieme, senza frammentazioni.
«Ci sono interessi comuni, ma una divisione palese. È il tempo di superare questa frattura».
Ci sono troppe disparità nel calcio.
«Il calcio è in crisi anche perché raccoglie ricchezza e non la distribuisce in maniera equa. E si tratta di danaro privato. I grandi club attirano investitori, ma da soli non riescono a giocare. I piccoli non possono essere invitati solo a Natale per il panettone. C’è una disparità incredibile tra i 100 milioni di contributi alle grandi e i 10/11 di chi è più piccolo, ma funzionale al sistema. È come combattere un match di pugilato senza guantoni contro chi invece li ha. Davide contro Golia vince una sola volta nella storia».
I club di calcio sono aziende come le altre e così devono essere trattate.
«Le società calcistiche contribuiscono per oltre un miliardo di euro di tasse. Allora perché non bisogna aiutare i club? Solo perché ci sono campioni che guadagnano tanto? Si fallisce indipendentemente dall’attività primaria di un imprenditore. È ovvio che se debbo scegliere tra la mia azienda che produce lampade o il calcio dove ci sono perdite certe, sceglierò di produrre lampade. Qualcuna poi la venderò».
Sui tagli agli stipendi.
«La B deve darsi delle regole più stringenti. Che non sono solo quelle del taglio agli stipendi. Togliere soldi ai tesserati non è la panacea di tutti i mali. Se non avremo dato un’impostazione al sistema e non ripartiremo meglio costi e ricavi non usciremo da questo tunnel. Il sistema è fragile. Bisogna dividere più equamente le risorse. L’Italia è l’unico Paese in cui tra A e B c’è un abisso evidente. Poi le poche risorse che riceviamo dovremmo spenderle meglio».