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Mihajlovic: «Non ho più lacrime. Non sono un eroe ma una persona con le sue fragilità»

Il tecnico del Bologna fa il punto sulla malattia: «Mi incazzo sempre troppo». I medici: “Felici di avere restituito Sinisa al calcio. Un grande spirito guerriero”

Mihajlovic: «Non ho più lacrime. Non sono un eroe ma una persona con le sue fragilità»

Sinisa Mihajlovic è uno che dopo aver ringraziato medici, infermieri, “gli angeli custodi” che lo hanno seguito nel percorso di cura, e poi i tifosi – non solo quelli del Bologna – e la società… insomma dopo aver ringraziato tutti, ed essersi pure commosso per un istante, alza lo sguardo sotto la coppola rossa e parla alla squadra che se ne sta lì ad ascoltare la conferenza stampa, così:

“Io ho lottato ogni giorno in ospedale. Con la squadra ho cercato di essere sempre il più presente possibile. Speravo di vedere in campo un po’ di questa forza e di questo sacrificio. Purtroppo questo non è sempre successo. Devo dirvi che sono molto arrabbiato per i risultati, per il gioco, per l’atteggiamento. Ho parlato coi ragazzi: ora si deve dare il duecento per cento. Dobbiamo riprendere la normalità e a fare punti. E chi non lo fa avrà problemi con me. Sono sicuro che usciremo da questo momento e vedremo il Bologna che io voglio vedere, quello dell’anno scorso e quello visto in alcune partite di quest’anno”.

Ecco. Sinisa Mihajlovic è uno che va in conferenza stampa per mettere un punto sulla sua situazione di salute, sulla malattia e sulle cure, e ne approfitta un attimo per caricare a pallettoni il Bologna, impegnato a Napoli domenica sera. Quando la squadra gli si presenta a sorpresa in sala stampa lui li fulmina: “Pur di non allenarsi fanno di tutto”.

Ma il punto è che ora è Mihajlovic sta meglio molto meglio.

“Ringrazio tutti, volevate essere di più ma vi ringrazio per aver rispettato le mie condizioni. Un’altra prova di solidarietà in questi ultimi quattro mesi. L’ultima volta avevo parlato il 13 luglio annunciando la malattia. Ora voglio spiegarvi il mio stato di salute”.

Lo spiegano, meglio di lui, i medici che lo hanno seguito. In particolare il dottor Michele Cavo, direttore del reparto di ematologia dell’Ospedale Sant’Orsola:

“Abbiamo scoperto la malattia attraverso altri esami che Sinisa aveva fatto. La diagnosi era quella di una leucemia acuta mieloide. Significa che un particolare tipo di globuli bianchi vanno incontro a un processo di arresto della loro maturazione e proliferano senza avere controllo. Questo porta il midollo a perdere le sue capacità. Abbiamo subito svolto i primi accertamenti. Oggi abbiamo a disposizione terapie mirate per questa malattia, delle terapie personalizzate. Questo processo ha portato al trapianto di midollo a cui si è sottoposto Sinisa. Il nostro approccio è stato classico, fatto di farmaci chemioterapici. Fin qui ci sono stati diversi cicli di cure. Il risultato dopo il primi ciclo è stato molto positivo. In termine generici, il primo obiettivo è ottenere la remissione completa, cioè che le cellulare tumorali scompaiano dal midollo, che riprende la sua normale funzione. E questo è stato ottenuto sin dal primo ciclo. Il secondo ciclo è arrivato con gli stessi farmaci e con lo stesso metodo, ma è stato più breve. Dunque c’è stata la ricerca del donatore compatibile di midollo. Oggi è un mese esatto dal trapianto. Sinisa oggi voleva chiudere un cerchio parlando con voi. Dal nostro punto di vista il cerchio non è chiuso, dobbiamo continuare a monitorare Sinisa. Ho colto un sentimento di affetto trasversale per lui. Siamo molto felici di avere restituito Sinisa al mondo del calcio”.

La dottoressa Francesca Bonifazi aggiunge​:

“Devo ricordare che occorre sempre cautela. I primi cento giorni sono delicati. Il ritorno alla vita normale di Sinisa avverrà gradualmente, valuteremo di volta in volta la possibilità di essere presente alle partite. Il sistema immunitario è fragile e ancora molto giovane. Questo potrebbe limitare la sua presenza alle partite, ma non limiterà di certo il suo grande spirito guerriero”.

E lo “spirito guerriero” parla quando vuole, sceglie il momento.

“E’ stato un periodo molto duro per me. In questi momenti il mio più grande desiderio era di prendere una boccata d’aria fresca, ma non potevo farlo. Non mi sono mai sentito un eroe per quello che sto facendo. Sono un uomo, dal carattere forte ma un uomo, con tutta la sua fragilità. E queste malattie non le puoi vincere solo con il coraggio, servono le cure. Voglio dire a tutte le persone malate gravemente che non c’è da aver paura, di piangere e di soffrire. Quello che non devono perdere mai è la voglia di vivere.

Mia moglie sui social aveva recentemente postato una foto con una citazione di Eros Ramazzotti. Io oggi voglio usarne un’altra di Vasco Rossi: ‘Io sono ancora qua’. E così è. Non mollerò niente, cercando di essere sempre il più presente possibile, con le dovute cautele”.

Sinisa, l’amico-nemico di tutti.

“Sentire l’affetto dei tifosi avversari per cui un tempo ero un ‘nemico’ mi ha fatto grande piacere. Hanno guardato l’uomo e non il calciatore-allenatore. Ricordo quando sono andato in panchina a Verona (era fine agosto, ndr), ci sono stati momenti dove non mi sono sentito bene. Ma sono rimasto lì. Allenare mi fa sentire vivo”.

“Per ora posso allenare ma al momento non posso andare allo stadio. Tra Milan e Atalanta (8 e 15 dicembre, ndr), o entrambe, penso che potrei essere presente. Non posso viaggiare in gruppo. Andrò in macchina su distanze brevi. Sempre vedendo anche cosa dicono gli esami”.

Senza partite, il periodo più duro.

“In ospedale la mia unica distrazione era leggere, guardare film e soprattutto seguire gli allenamenti. Ho tenuto riunioni, anche arrabbiandomi. Questo mi ha aiutato molto nel quotidiano di questi ultimi quattro mesi. In cosa cambierò? Mi sono promesso di arrabbiarmi di meno, ma proprio non ce la faccio (risate dalla sala stampa, ndr). Il periodo più duro è stato col primo ricovero in estate. Non c’erano neanche le partite, nessuna distrazione”.

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