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La differenza tra Carlo Ancelotti e gli altri: ci mette la faccia e paga il conto

La laboriosità, la cocciutaggine, l’allergia alle sceneggiate, il rispetto della disciplina della terra e l’animo cosmopolita. Le parole giuste che lasciano spazio ai comportamenti

La differenza tra Carlo Ancelotti e gli altri: ci mette la faccia e paga il conto

Una canzone dello straordinario album The Suburbs degli Arcade Fire cantava:

Some people say / We’ve already lost / But they’re afraid to pay the cost

Quella canzone, che aveva nel titolo un inciso significativo – no celebration – è il senso del luogo in cui ci troviamo. Una comunità attorno ad un pallone in cui ciascuno, pur di non pagare il prezzo di quanto si è perso, è disposto ad affermare che tutto era ed è già perduto. Non vuole tributare dazio per le proprie scelte il presidente che sceglie una linea di condotta per i propri dipendenti senza avere un piano b a portata di mano; non vogliono sborsare quanto legittimamente richiesto e trattenuto dal datore di lavoro i calciatori; non vogliono saldare il debito della propria ignorante protervia gli osservatori e i giornalisti che si incaponiscono sui giochi di numeri e di moduli; non vogliono pagare il conto i tifosi che hanno il privilegio di poter vivere una passione ma si illudono che essa giunga loro gratuita e priva di qualunque sofferenza.

C’è solo un uomo che è disposto a pagare a Napoli, in questi giorni. E paga. Si chiama Carlo Ancelotti. Non è un caso che né De Laurentiis, né i nostri giocatori, né gli addetti ai lavori né i tifosi di questa città abbiano mai vinto una Champions League mentre l’uomo di Reggiolo ne ha diverse in bacheca. Per provare a giungere all’obiettivo la prima regola è riconoscere una sconfitta e pagare il costo di quanto si è perso. Alla domanda nel dopo partita sulla professionalità dei giocatori azzurri che hanno offerto una prestazione maiuscola nonostante i problemi lontani dal campo, “off the pitch”, Mr Carlo risponde che i problemi che abbiamo avuto sono problemi “on the pitch”. Tutto nasce e muore sul campo. I debiti contratti su quel rettangolo si pagano sul medesimo prato. Compito dell’allenatore è riportare tutto in fase.

Napoli è fortunata. Siamo noi i fortunati ad avere il meglio della nostra storia nazionale alla guida della squadra che amiamo. La laboriosità, la cocciutaggine, l’allergia alle sceneggiate, il rispetto della disciplina della terra e l’animo cosmopolita, privo di frontiere di chi ha sempre la manciata di parole giuste ma non più di quelle, perché esse lasciano sempre il posto ai comportamenti. C’è un tempo per dire che il ritiro è un errore, ce n’è uno per dire ciascuno fa la sua parte e ce n’è uno per andare in ritiro, da solo. I meno attenti – ed i meno brillanti – ne trarranno una storia buona per un esame di diritto del lavoro, ma chi segue il ritiro pur ritenendolo una boiata pazzesca, cioè chi paga il conto della propria sconfitta, non perde tempo a ridiscutere i propri debiti. A Reggiolo si continua a lavorare, come troppo spesso non si fa a Napoli. Perché nel futuro c’è Anfield. “Vi piacciono di più le donne o il calcio? Se avete pensato le donne, non avete mai giocato ad Anfield”. Questo è Carlo Ancelotti.

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