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Il “progetto” può attendere, Genoa, Samp e Milan si fermano alla prima curva

Ma troppo spesso in Italia il “progetto” è solo il sogno di una notte di mezza estate. All’ottava giornata sono già saltati tre degli allenatori “belgiochisti”, sostituiti da altrettanti “risultatisti”

Il “progetto” può attendere, Genoa, Samp e Milan si fermano alla prima curva

Il progetto. Quante volte abbiamo sentito questa parola? Durante l’estate l’ambiente del calcio ne parla tantissimo, spesso a sproposito.

Il progetto principe della scorsa estate è stato “il progetto Sarri” alla Juventus, nato per provare a vincere la Champions attraverso un gioco più “europeo”. Poi quello di Fonseca alla Roma, Di Francesco alla Sampdoria, Andreazzoli al Genoa e soprattutto quello di Giampaolo, il più vicino alle teorie calcistiche di Sarri, al Milan. Tutto ciò tralasciando gli altri “progetti” in corso, come quello di De Zerbi al Sassuolo, o di Gasperini all’Atalanta. Tutti progetti presentati fino ad agosto con estremo entusiasmo da parte dei media.

Lo chiamano “progetto” perché prevede una collaborazione di più lunga durata tra società e mister, che non si basi sui risultati immediati, ma tesa a mettere in piedi un modello di calcio diverso, spesso propositivo e che arrivi al risultato attraverso un gioco riconoscibile ed imparato a memoria.

Ma tutto ciò richiede un discreto tempo di familiarizzazione. Nella speranza che, una volta acquisito il modello di gioco, le vittorie arrivino di conseguenza. Così è stato con Sarri al Napoli e, negli anni 80-90, con Sacchi al Milan.

Ma troppo spesso in Italia il “progetto” è solo il sogno di una notte di mezza estate.

All’ottava giornata sono già saltati tre degli allenatori “belgiochisti”, sostituiti da altrettanti “risultatisti”. Proprio i principali eredi di Maurizio Sarri (anche perché curiosamente ex allenatori o ex giocatori dell’Empoli), ovvero Giampaolo e Di Francesco, hanno già lasciato le loro panchine a Pioli e Ranieri, mentre Andreazzoli (ex Empoli anche lui) sarà avvicendato da Thiago Motta. Senza però alcuna garanzia che gli obiettivi di ciascuna squadra vengano poi effettivamente raggiunti.

Perché la storia ci dice che molte volte questi cambi alla fine non portano i risultati sperati. Soprattutto nel calcio dei 3 punti a vittoria, nel quale il pareggio è una mezza sconfitta.

L’ottima accoglienza mediatica ricevuta da Ranieri e Pioli la dice lunga però sull’approccio dei media italiani.

Al di là delle chiacchiere di facciata, il calcio difensivo è quasi sempre elevato a modello. Il luogo comune che non prendere gol sia già una mezza vittoria nasconde l’incapacità di pensare seriamente ad un calcio propositivo. E le dichiarazioni di Ranieri nel pre-partita di Sampdoria-Roma rivelavano già le intenzioni di giocare una partita bloccata con l’obiettivo di non subire gol, obiettivo andato poi in porto.

Ricordando però che a forza di pareggi ci si potrebbe anche non salvare. Proprio Ranieri la scorsa stagione sostituì lo stesso Di Francesco alla Roma con l’obiettivo di centrare la qualificazione in Champions League. Con il risultato di passare dal quinto posto alla 26a giornata al sesto posto finale con sole 6 vittorie in 12 partite.

Per ora ci accontentiamo di dedicare i titoloni ad un allenatore difensivista ad oltranza come Maran, perché il suo Cagliari all’ottava giornata è sorprendentemente in zona Europa League. I media gli rendono tuttora merito per aver vinto a Napoli con un unico tiro in porta, dopo aver subito a lungo nella propria metà campo, con tanto di pali salva risultato.

Il fine giustifica i mezzi ed il risultato nello sport è fondamentale. Però le società dovrebbero essere consapevoli che assumere un allenatore da progetto richiede pazienza. Pazienza che nel mondo del calcio italiano è totalmente bandita, tra le pressioni di media e social. Al tifoso importa poco come si vince, e il bel gioco è per tanti solo una magra consolazione quando non è corroborato dal risultato.

Basta decidersi. Si smetta con l’ipocrisia di commentare la prestazione, lasciando spazio al solo risultato, indipendentemente da come esso matura.

Anche se a forza di giocare bene ed in maniera propositiva è più probabile che a lungo andare il risultato arrivi.

E nel 2019 subire gol non può essere quasi criminalizzato (vedi Napoli a Firenze), nel (fasullo) luogo comune che alla fine vince la squadra che subisce meno gol.

Altrimenti Cagliari e Udinese dovranno essere inserite da subito nella lotta scudetto.

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