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Calcioscomesse: prescritte le accuse. Nessuna condanna per i calciatori

Su Libero le parole dell’ex capitano dell’Atalanta Cristiano Doni: Sono state dette tante cazzate su di me. Mi basterebbe solo che venisse fuori chi ero veramente”

Calcioscomesse: prescritte le accuse. Nessuna condanna per i calciatori

A sette anni dall’arresto con l’accusa di associazione a delinquere, Stefano Mauri, Sergio Pellissier, Stefano Bettarini e Luigi Sartor vedono cadere le ipotesi di reato nei loro confronti. Estinte le accuse per prescrizione. Per loro e per la maggior parte dei 31 imputati originari. Nessuna condanna nel processo penale.

Al vaglio dei giudici restano solo le posizioni di cinque presunti promotori e capi dell’associazione, tra cui Beppe Signori.

Oggi Libero parla della faccenda, brutta, per come era iniziata e per come è andata avanti per anni.

Gli arresti nel 2011

Era il 2011. I calciatori furono arrestati in piena notte, tra sirene e decine di carabinieri. Le loro famiglie sotto shock, le telecamere e i fotografi che riprendevano tutto per poi gettarli in pasto all’opinione pubblica.

Per loro ci fu

“la cella di isolamento vicino a criminali veri, l’ora d’aria e una settimana dietro le sbarre, perché quello doveva essere il secondo e clamoroso filone dell’inchiesta della Procura di Cremona sul calcioscommesse, partita sei mesi prima, che avrebbe dovuto ribaltare e ripulire il football marcio e punire i “cattivi”, un centinaio di persone (tra indagati e arrestati), quasi tutti calciatori, ex calciatori o dirigenti”.

Le loro vite e carriere furono rovinate, scrive il quotidiano. Oggi, il Tribunale di Bologna dichiara estinte le accuse per prescrizione. Sono passati sette anni e mezzo, ma la giustizia ordinaria “non ha avuto tempo o interesse per approfondire”.

“Una farsa umiliante”

Libero riporta le parole dell’ex capitano dell’Atalanta, Cristiano Doni:

“Tutta una farsa umiliante. Oggi mi sono arrivati decine di messaggi, amici che si complimentavano, gente che mi scriveva “Cri, finalmente è finita”. Ma io sono sincero: non riesco a essere felice, non provo gioia, ma rabbia. Sì, perché avrei preferito andare a processo e arrivare alla sentenza, anche pagare per le responsabilità che mi sono preso, ma essere assolto dall’accusa di associazione a delinquere senza bisogno della prescrizione. Il risultato è che in sette anni e mezzo non sono riusciti a dimostrare niente e alla fine non c’è stata giustizia. Allora mi chiedo: interessava veramente arrivare alla verità oppure l’intento era solo creare clamore mediatico e finire sui giornali?”.

Doni, uno dei calciatori più noti tra quelli coinvolti nell’inchiesta, dice di non essere stupito da come è finita:

“Avevo capito tutto già dall’inizio. Questa prescrizione rispecchia quanto mi è capitato nell’ultimo interrogatorio: dopo tre anni ancora le stesse domande generiche, persone che non conoscevano la vicenda. Gli ho urlato: ‘Informatevi, che state giocando con la vita delle persone’. Lì ho capito che non c’era nessun interesse ad arrivare alla verità, che tra l’altro era già fin troppo evidente negli atti”.

Doni è stato squalificato per tre anni e mezzo più altri due per illecito sportivo. Ha smesso di giocare:

“Sono state dette e scritte tante cazzate su di me in questi anni. No, ora non mi interessano le scuse di nessuno. Mi basterebbe solo che venisse fuori chi ero veramente, con i miei difetti ma anche i pregi di uomo e calciatore”.

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