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Ponte Morandi: Chi è Varlese (Tecnodem), arrestato per intestazione fittizia e metodi mafiosi

Da Il Secolo XIX. Legato ai clan D’Amico-Mazzarella, fu condannato negli anni Novanta per associazione mafiosa e arrestato di nuovo nel 2002 per estorsione

Ponte Morandi: Chi è Varlese (Tecnodem), arrestato per intestazione fittizia e metodi mafiosi

Abbiamo scritto ieri dell’arresto di due esponenti della Tecnodem di Napoli, azienda impegnata nella demolizione del Ponte Morandi.

Oggi Il Secolo XIX racconta i dettagli dell’operazione delle forze dell’ordine.

La Direzione distrettuale antimafia di genova lavorava già da un paio di mesi. Gli investigatori, coordinati dal sostituto procuratore Federico Manotti e dal colonnello Mario Mettifogo, hanno effettuato il blitz ieri all’alba.

Gli arrestati

Le due persone coinvolte sono Ferdinando Varlese, 65 anni, che gestiva di fatto l’azienda ed è legato ai clan D’Amico-Mazzarella, e Consiglia Marigliano (agli arresti domiciliari), 45 anni, una parente casalinga, una prestanome che Varlese aveva messo formalmente a capo dell’azienda, che era servita a superare i controlli formali eseguiti durante l’affidamento dei subappalti da parte dell’azienda Omini Spa.

Per entrambi l’accusa è di intestazione fittizia aggravata dal metodo mafioso.

L’interdittiva di maggio

La Tecnodem era già stata oggetto di un’interdittiva antimafia della Prefettura all’inizio di maggio. In virtù di essa, il contratto di subappalto fu rescisso immediatamente. All’epoca, però, Varlese non mollò la presa. Era deciso a mantenere i lavori del viadotto, scrive Il Secolo XIX, che riporta le parole dell’amministratore, intercettate dalle forze dell’ordine:

“Facciamo una società nuova, con un amministratore nuovo, e teniamo tutto”.

La Tecnodem lavora da anni in alcuni dei cantieri più importanti del Paese.

Ci sono due episodi su cui soprattutto si soffermano gli investigatori e che inquadrano “i metodi mafiosi” dell’azienda.

Nelle prime settimane di lavoro, la Tecnodem aveva ricevuto un avvertimento da parte di alcuni responsabili del cantiere, perché i lavoratori giravano “senza sistemi di protezione individuale”. Varlese, all’epoca, intercettato, faceva capire che i guadagni erano troppo bassi e quindi la prima cosa a saltare era la sicurezza dei lavoratori:

“Se tu mi dai il 10% per la sicurezza… allora quello va sopra l’importo, mi mette il 20% e io gli do tutto quello che vuole”.

Il passato di Varlese

Varlese non ha un passato propriamente limpido. Alla fine degli anni Novanta fu condannato per associazione mafiosa nell’ambito di un’inchiesta sui fiancheggiatori del clan Mazzarella.

Nel 2002 la squadra mobile di Napoli lo arrestò di nuovo. Fu condannato per essersi imposto, con l’estorsione, come socio occulto di una società di Parma, scrive il quotidiano genovese. Del titolare della ditta diceva:

“Io ho i cugini camorristi, vado a Parma e a quello gli sparo”

Si riferiva ai fratelli Salvatore, Luigi e Gennaro D’Amico, protagonisti della guerra di camorra che all’epoca insanguinava Napoli.

Il rapporto con Fratelli Omini

In un primo tempo, proprio in virtù del pregresso di Varlese, gli investigatori avevano ipotizzato che la ditta avesse usato l’estorsione ai danni della Fratelli Omini per inserirsi nei cantieri del Morandi. L’ipotesi è poi stata archiviata e Vittorio Omini, vicepresidente della società, ha chiarito di aver intrattenuto rapporti con la Tecnodem per 5-6 anni e di averla incrociata in un altro maxi-cantiere, quello della centrale nucleare di Caorso

“Trattavamo direttamente con Varlese, che a volte si presentava in cantiere per risolvere problemi. So dalla visura camerale che la Tecnodem è di proprietà di una donna di Napoli con la quale non mi sono mai rapportato né ho mai conosciuto”.

FOTO DA GENOVA TODAY

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