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Se Insigne vuole fare la starlet, allora non può essere il capitano di Ancelotti

Da sempre considerato un grande talento, quale effettivamente è, solo occasionalmente ha dimostrato di essere decisivo, e quasi mai è stato continuo

Se Insigne vuole fare la starlet, allora non può essere il capitano di Ancelotti

L’equivoco enorme su Lorenzo insigne emerge in questi giorni e probabilmente troverà nel prossimo mercato la sua soluzione. Ma non è certo in questi giorni, invece, che la questione ha origine. Da sempre considerato un grande talento, quale effettivamente è, Insigne si sperava che potesse diventare anche un grande calciatore, e possibilmente un campione. Ma solo occasionalmente ha dimostrato di essere decisivo, e quasi mai è stato continuo. Troppo spesso invece si è candidato a condottiero, con grande generosità, confidando però nel fatto che il suo coraggio bastasse da solo a garantirgli eterna gratitudine da parte della piazza. E per un po’ è andata effettivamente così. Almeno fino a quando i tifosi hanno coltivato l’aspettativa di vedere prima o poi un Lorenzo definitivamente maturato. Ma quella cosiddetta “consacrazione” non c’è mai stata, ed Insigne è rimasto intrappolato nel “girone infernale” composto da quei giocatori molto forti, ma non abbastanza da risultare indispensabili.

La punizione contro il Borussia Dortmund, la doppietta nella triste finale di Coppa Italia, il gol contro il Real Madrid al Bernabeu, quello di quest’anno contro il Liverpool e il difficile rigore del pareggio segnato contro il Paris Saint Germain al San Paolo. Non mancano certo i momenti di autentica ispirazione nella bacheca di Lorenzinho, ma sono pochi per essere anima e soprattutto guida della squadra. Ed anzi, è abbastanza lunga anche la lista delle sue assurde “stecche”, culminata nel mancato rigore del meritato pareggio contro la Juventus, che avrebbe potuto temporaneamente riaprire il discorso campionato.

Ma è forse nella partita di Champions di due anni fa, in casa contro il Besiktas, che si è innescata la reazione a catena che ha portato all’insofferenza attuale nei suoi confronti. Quando, in una serata che avrebbe dovuto dare la qualificazione di fatto agli ottavi, il Napoli si trovò ancora una volta nella condizione di dover rimontare grazie ad un altro rigore importantissimo. Rigore che Insigne volle tirare a tutti costi, sottraendolo a Mertens che se lo era procurato, per poi sbagliarlo, scatenando una frustrazione incredibile sugli spalti. Tanto più che, in quella stessa partita infine persa per 2-3, un secondo rigore concesso agli azzurri fu poi realizzato da Manolo Gabbiadini, come a sancire definitivamente la fragilità di Lorenzo anche di fronte a compagni meno rappresentativi. Ma già un anno prima, in un Napoli-Roma decisivo per il secondo posto in classifica, che allora dava l’accesso diretto alla Champions, Insigne fu capace di far infuriare in un solo colpo Higuain, gli altri compagni d’attacco, e insieme a loro i sessantamila tifosi paganti, tutti increduli di fronte ad alcune sue scelte scriteriate che vanificarono importanti azioni-gol ed impedirono una possibile vittoria.

E questo infatti è di certo il limite maggiore di Insigne, che non interpreta abbastanza freddamente i momenti, tende a strafare o talvolta a “sotto-fare”, e sembra spesso preso da impeti o al contrario da paure improvvise. Caratteristica non propria di un grande capo, e che in varie occasioni ha indispettito lo stesso Ancelotti.

Naturalmente di Insigne non si discutono la sensibilità speciale del piede destro, la corsa, la serietà tattica, la disponibilità, il temperamento ed anche la capacità di compiere alcune prodezze. Ma se tutto questo può bastare a guadagnarsi il rispetto dei compagni di squadra (come dimostrano le belle dichiarazioni di Ghoulam e Koulibaly dopo l’eliminazione dall’Europa League), non è affatto sufficiente però per essere un idolo dei tifosi. I napoletani speravano infatti che Insigne, ovvero uno di loro, diventasse un giorno “l’uomo della provvidenza” che trasformasse sei, sette calci di punizione a campionato e che segnasse con regolarità nei grandi appuntamenti. Ma questo sogno purtroppo non si è avverato. Almeno mai completamente. Il motivo dei fischi è tutto qui.

Se dunque Insigne rimanesse al Napoli, e noi ce lo auguriamo anche per lui, dovrebbe farlo sottraendosi a questa condizione da “Zola mancato” (ma è sempre in tempo per prendere spunto su YouTube), considerandosi una risorsa importante in una rosa ampia e di livello alto, accettando le inevitabili sostituzioni e le gerarchie. Andando esattamente nella direzione in cui Ancelotti sta cercando di indirizzarlo. Così facendo, i fischi potrebbero anche trasformarsi in una nuova gratitudine. Altrimenti, rischierà di pagarla più cara di quanto meriti, visto tutto quello che rappresenta e che ha già dimostrato in termini di impegno e di affetto per la maglia del grande Ciuccio.

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