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Repubblica: l’acquisto di Ronaldo è il lasciapassare della Juventus per la Superlega

«Un investimento sul futuro, un accredito per un neocalcio fatto da franchigie. Avere Ronaldo permette alla Juventus di scrollarsi di dosso la Serie A»

Repubblica: l’acquisto di Ronaldo è il lasciapassare della Juventus per la Superlega

La lettura dell’operazione

«Cristiano Ronaldo alla Juventus non è una spesa, ma un investimento. Non si tirano fuori 350 milioni per vincere l’ennesimo scudetto, forse nemmeno per dare la caccia alla Champions. Piuttosto, sono il prezzo per la resa dei conti definitiva con una dimensione a cui la Juventus sente di non appartenere più». Si apre così il pezzo di Angelo Carotenuto su Repubblica, in edicola questa mattina. È la lettura di un’operazione di mercato che rappresenta una rottura importante, per il club bianconero.

Perché qui non si parla più di Italia e Serie A: «La Juventus non sta allargando la distanza con il resto della serie A per accrescere il  umero dei suoi titoli; lo fa per andarle oltre, per scrollarsela di dosso, per far diventare la sua egemonia una questione da porre e da risolvere fuori dal terreno su cui la esercita. Prendere Ronaldo e vivere coerentemente con lui non significa battere chi è stato già battuto con Zaza, e neppure superare finalmente quelli che Ronaldo ce l’avevano prima. L’ingaggio di Ronaldo ha un senso perché aprirà la strada – con un timing perfetto – a discorsi rotondi nelle sedi giuste, in modo da superare i campionati senza storia come quelli in Italia, Germania, Francia».

La Superlega

Il pezzo rianima la suggestione della Superlega, un vecchio pallino dei grandi club. Un’idea rimasta nel freezer, ma solo momentaneamente. Spiega ancora Carotenuto: «Ronaldo è il biglietto definitivo per il viaggio interstellar che la Juventus prepara. È un accredito». Per quell’evento prospettato da Agnelli, qualche tempo fa, in un’intervista al Guardian. Il presidente bianconero chiedeva più gare internazionali, una Superlega o giù di lì.

Da qui, il pensiero corre subito a un altro modello, quello dello sport statunitense: «È la visione di un neo-calcio fatto da franchigie, non più giocato da squadre ma da brand che si auto-alimentano dentro questa riserva autonoma ed esclusiva. Un banchetto a cui in Italia si illudono di partecipare una volta la Roma con il progetto del nuovo stadio, un’altra Napoli legandosi ad Ancelotti, oppure Milano in virtù del suo nome. La Juventus è all’atto finale. È già lì. Avere Ronaldo porta dritti allo strappo verso questo pianeta, così lontano da percorsi, esperienze e prospettive di un Torino, un Cagliari, una Sampdoria, una Fiorentina». Una ricostruzione che non piacerà ai romantici, ma che resta tremendamente realistica.

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