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I due anni di Ancelotti al Parma: Collina lo espulse per proteste dopo un rigore alla Juve

Il biennio nel club di Tanzi. L’epoca dell’intransigenza sacchiana: la spinta all’addio di Zola e il no a Baggio, un secondo posto e il lancio di Buffon in prima squadra

I due anni di Ancelotti al Parma: Collina lo espulse per proteste dopo un rigore alla Juve

Fine degli anni Novanta

Quando Carlo Ancelotti viene nominato allenatore del Parma, il calcio italiano vive una stagione di netta superiorità economica rispetto a tutti gli altri campionati europei. Una squadra provinciale come quella ducale, gestita direttamente dai proprietari della Parmalat, poteva avere un assoluto potere d’acquisto in tutto il mondo. Anzi, aveva addirittura la priorità rispetto ai club più importanti delle altre nazioni. Esattamente come avviene ora per le squadre del campionato inglese: i migliori calciatori vanno dove si offrono gli ingaggi più alti. E vent’anni fa l’Italia garantiva gli ingaggi più alti.

Ancelotti, in questo contesto, è un tecnico fortunato. Ha portato la Reggiana in Serie A al suo primo anno in panchina, è notoriamente un figlio di Sacchi, quindi è bravo e pure “raccomandato”. Quando il ciclo-Scala si esaurisce, il Parma può puntare su di lui senza che nessuno gridi allo scandalo. Oltretutto, Carletto si è formato come calciatore proprio nelle fila del club gialloblu, prima che diventasse di proprietà Parmalat. Un uomo di casa, con una carriera da calciatore di altissimo livello e pronto a spiccare il grande salto in panchina.

Carlo è un tecnico fortunato perché può costruire la squadra con fondi e possibilità quasi illimitate. Diversamente dal Napoli di oggi, ma questo pezzo ripercorre i suoi due anni al Tardini e l’unica/ultima esperienza in una squadra non considerata come top club, almeno dal punto di vista nominale. Sono passati vent’anni, e sono cambiate tante cose. Lo stesso Ancelotti l’ha ammesso più volte nel corso della sua carriera.

L’addio di Zola. Carlo: «Sono stato un pazzo».

In un’intervista alla Gazzetta dello Sport, è proprio Ancelotti ad autodefinirsi pazzo. Per due scelte che «oggi non rifarei mai»: la giubilazione di Zola e il rifiuto all’arrivo di Roberto Baggio. Ma andiamo con ordine.

Ancelotti arriva a Parma nel 1996, gioca e conosce e vuole praticare un solo tipo di calcio: 4-4-2 per banalizzare il concetto, ma dentro ci sono i principi e gli insegnamenti di Sacchi. Allora imposta la campagna trasferimenti, insieme con la famiglia Tanzi, per assecondare questa esigenza tattica: arrivano due attaccanti complementari come Crespo e Chiesa, esterni come Stanic e Pedros (che passerà anche al Napoli, nella stagione successiva), difensori moderni e aggressivi come Zé Maria e Thuram. Vanno via calciatori poco gestibili tatticamente, come Asprilla e il Pallone d’Oro 1994 Hristo Stoichkov. Il Parma inizia bene, alla prima schianta proprio il Napoli (di Simoni) per 3-0. Segnano Dino Baggio, Chiesa e Zola. Sembra tutto perfetto, dopo un pareggio a Piacenza il Parma batte la Reggiana in casa con un altro gol di Zola. Che però soffre le imposizioni tattiche del nuovo tecnico, e da quel momento resterà a secco. Fino a decidere di trasferirsi in Inghilterra, al Chelsea.

Lancia Buffon

Il Parma, già eliminato dal Pescara nel turno estivo di Coppa Italia, cede anche al Vitoria Guimaraes ai 32esimi di finale di Coppa Uefa. L’inizio è balbettante, gli equivoci tattici rallentano la corsa in classifica, a metà dicembre il Parma ha vinto solo tre partite. Ancelotti non molla, vede e rilancia inserendo da titolare un giovane portiere cresciuto nel vivaio: Gianluigi Buffon.

La doppia vittoria con Milan e Juventus rilancia i gialloblù, che perdono solo a Napoli fino al termine di marzo. Il 18 maggio, c’è Juventus-Parma, con i bianconeri primi in classifica a +6 sulla squadra di Ancelotti. A Torino finisce 1-1, vantaggio degli emiliani con autogol di Zidane (!) su calcio d’angolo e pareggio di Amoruso su rigore. Penalty dubbio, contestato dal Parma. E fischiato da Pierluigi Collina. Guarda un po’ i corsi e i ricorsi della storia. Ancelotti viene espulso per proteste.

La Champions League e il no a Baggio

Il Parma finisce al secondo posto in classifica in una stagione importante, la prima che permette alle squadre non campioni nazionali di qualificarsi alla Champions League. Quindi, Ancelotti va in Coppa dei Campioni al primo colpo. Potrebbe giocarla con Baggio, che Tanzi acquista in saldo dal Milan. Ancelotti dice no, stesso motivo della bocciatura di Zola. Gli equilibri del 4-4-2 sono sacri, dice allora un giovane Carletto. Oggi ha spiegato: «Venti calciatori bravi possono essere messi insieme. Seleziona e individua la qualità, e lavora su questa, con un sistema di gioco che deve essere elastico, equilibrato, razionale».

Il mercato, quasi per dispetto della sorte, è in tono minore. Il Parma si accontenta di Stefano Fiore, Jesper Blomqvist, Adailton e il terzino del Napoli Mauro Milanese (che sarà ceduto subito all’Inter di Simoni). La stagione è anonima, il Parma supera il preliminare di Champions ma viene eliminato ai gironi dal Borussia Dortmund. In realtà sono decisivi i pareggi con Sparta Praga e Galatasaray, perché i tedeschi vengono battuti al Tardini in una notte indimenticabile. Segna Hernan Crespo, con un insolito look rasato. A fine stagione, Parma sesto in classifica (qualificato in Coppa Uefa) ed eliminato in semifinale di Coppa Italia dal Milan.

Conclusioni

Vent’anni fa esatti, una vita da allenatore che poi ha cambiato completamente il suo approccio al gioco. Dall’intransigenza all’elasticità, una garanzia in più per il Napoli in via di costruzione. Un anno dopo, Ancelotti passerà alla Juventus e inizierà ad annacquare il suo calcio, a diluirlo grazie alla forza dei campioni. Zidane è il primo cui viene concessa la libertà condizionata dal 4-4-2.

Dal punto di vista procedurale, il racconto di questa prima avventura di Ancelotti è confortante: il lancio di un portiere giovane come Buffon (non ancora ventenne) e la valorizzazione ad alti livelli di calciatori con esperienze diverse (Thuram, Crespo, Chiesa) fanno quasi certamente parte del patto di governo sottoscritto con De Laurentiis. Non riuscì a vincere, Carletto, nella sua Parma. Non avrebbe vinto fino all’approdo al Milan, anno di grazia 2002. Da allora ha imparato come si fa.

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