Due prodotti delle giovanili rossonere, passati per Napoli negli anni Ottanta: l’Ascoli dopo il Milan, l’incrocio con Maradona e un futuro da allenatori.
Giovanili rossonere
Due lombardi doc, uno bresciano, Simone Boldini, l’altro milanese purosangue, Walter De Vecchi. Entrambi cresciuti nelle giovanili del Milan e poi mandati a farsi le ossa rispettivamente a Como e a Varese, ambedue tornati alla base dopo l’apprendistato in provincia. Giovanotti cresciuti nel mito del Milan degli anni ’60, di quando facevano le figurine di Rivera e Prati, Cudicini e Rosato, Schnellinger e Lodetti, delle finali di Coppa, delle luci a San Siro, del mito di ‘Paron’ Nereo Rocco, dei derby dei 90000 spettatori, di essere un ‘boy’ del Milan e di varcare la soglia di Milanello. Il curriculum, lontano dal Vesuvio, è degno di nota per tutti e due ma molti li ricordano come dei semplici comprimari al Napoli.
Eppure erano nella stessa squadra quando il ‘barone’ Liedholm vinse lo scudetto della ‘stella’ del 1978-79, erano il terzino-stopper e il mediano di quella compagine. Forse, al gioco del ‘curriculum vitae’, vince sul filo di lana il simpatico baffetto di De Vecchi perché dalla sua ha anche l’aver indossato la fascia di capitano per due anni consecutivi nel dopo Rivera. E non è poco. Anche l’aver giocato in una piccola città che in quegli anni ben si comportava in Serie A, Ascoli, è un altro punto che li accomuna. È proprio dalla squadra marchigiana che il direttore generale Juliano li prelevò, ad un anno di distanza l’uno dall’altro.
Esperienza in chiaroscuro
Boldini era un discreto difensore di fascia con attinenza alla propulsione; De Vecchi era dotato di un tiro potente e preciso ma anche di ottimi polmoni. Il loro acquisto sembrò porre fine alla ricerca di due cardini in quei ruoli ma non fu così. Il primo giocò con gli azzurri due anni ed il secondo solo un anno. Simone Boldini arrivò al Napoli nella stagione 1983-84 per giocarsi il posto da titolare con Frappampina dopo quattro ottimi campionati all’Ascoli di Rozzi. Prima Santin, poi Marchesi che lo sostituì, li alternarono manco fossero due orologi a cui bisognava dare la giusta carica per funzionare.
Boldini nel Milan 1977/78
Capivamo dai giornali o da quando i giocatori mettevano fuori le teste dalle scalette degli spogliatoi chi avrebbe giocato. Se era annunciato Frappampina, Boldini era out e viceversa. Eppure Marchesi fece di più, li provò anche insieme dando la maglia di terzino sinistro a Boldini e quella di mediano a Frappampina.
Fino a Maradona
La cosa durò poco, fino a quando, complice un infortunio di Bruscolotti, per ben cinque partite consecutive la coppia fissa dei terzini fu Boldini col 2 e Frappampina col 3. Tre vittorie, di cui quella a San Siro col Milan del 1 aprile 1984 per 2 a 0 (De Rosa e Dal Fiume), un pari ed una sconfitta. Non male. A fine torneo il terzino barese avrà più presenze semplicemente perché giocò anche col 4 in un centrocampo a cinque formato da elementi di sostanza ma di poco fosforo. C’era chi rompeva gli argini degli attacchi avversari (Frappampina), chi faceva legna (Dal Fiume), chi si procurava qualche rigore (Celestini), chi si occupava di dare la palla a Dirceu (Casale) e chi cercava di finalizzare (Dirceu, ovviamente).
L’anno dopo, nel momento delle scelte, la società lascia andare il deludente Frappampina e punta tutto su Boldini nel ruolo di terzino sinistro. De Simone e Carannante saranno i suoi eventuali sostituti. Indiscutibilmente, però, è lui il difensore di fascia a cui si affida Rino Marchesi fin dal ritiro estivo. Ma quella fu l’estate di Maradona, come non rammentarlo. Tre nomi, Diego, Bertoni e Bagni, questi i tre top player di quel Napoli a cui possiamo aggiungere solo un signor portiere come Castellini e due difensori che hanno fatto la storia come Ferrario e Bruscolotti.
Napoli 1984/85
Gli altri giocatori erano tutti sullo stesso piano. tra giovani della Primavera aggregati alla prima squadra, ritorni alla base come quelli di Raimondo Marino e Puzone, giocatori che attendono una nuova collocazione come Penzo e De Rosa e atleti come Boldini e il nuovo acquisto De Vecchi, prelevato anch’egli dalla bottega di Rozzi. Quest’ultimo, quando impiegato a centrocampo con Dal Fiume, Celestini e Bagni aveva il preciso compito di servire Maradona per vedere dove “El Pibe” sarebbe andato a piazzare la palla. Ma non disdegnava qualche conclusione personale (un solo gol in Coppa Italia all’Arezzo).
Gli anni di Diego
Quello del primo anno di Diego era un discreto centrocampo anche se lo confrontiamo con quelli che verranno dopo. Quello con Pecci (un solo anno sul Golfo, ottimo torneo ma con giudizio sospeso), con Buriani (vittima di un grave infortunio che ne ridusse la forza dirompente) e poi con Romano (quello più decisivo, il tassello mancante che ancora oggi si porta come pietra di paragone quando il Napoli sta per concludere qualche affare sul mercato invernale). Walter De Vecchi era il tipico mediano frangiflutti, bravo a spingere e a costruire gioco ma anche a difendere a denti stretti, all’occorrenza.
Quando Marchesi fu preso dai turchi e non sapeva se il Napoli avesse un libero, lo provò anche in questo ruolo alternandolo con Dal Fiume, ma era chiaro che nessuno dei due era tagliato per stare dietro a tutti. In effetti dopo l’addio di Krol non si era ben capito chi dovesse svolgere quelle mansioni tra Marino, Ferrario e De Simone. Ecco perché serviva coprire quel ruolo, ecco perché Allodi l’anno dopo prese Renica per puntare subito su un libero di ruolo.
De Vecchi in maglia azzurra
Oggi De Vecchi, che porta lo stesso nome del più famoso calciatore italiano degli anni ’20, il cosiddetto “Figlio di Dio” per quanto era forte e superiore agli altri, continua ad avere il cuoricino rossonero. Infatti allena le giovanili del Milan curando la tecnica individuale. Boldini, invece, che non sembra essere stato scalfito dal passare degli anni, ha smesso di allenare due anni fa, col Renate in Lega Pro.
Tris di successi
Il Napoli sornione e discontinuo del campionato 1978-79 giocò un bel pesce d’aprile proprio ai due giovani rossoneri andando a vincere a Milano con il famoso gol di Valerio Majo a volo d’angelo, di testa. Sole a San Siro, spalti gremiti, tra sei giornate il torneo sarà finito e la squadra di ‘Liddas’ potrà festeggiare il suo decimo scudetto. Albertosi in porta, due terzini, entrambi ex mediani, come Maldera e Morini che spingevano come forsennati sulle fasce, Boldini stopper e un giovanissimo Baresi libero. A centrocampo De Vecchi, Buriani, Capello e Bigon formano un reparto di sostanza e fosforo in assenza di Rivera; all’attacco giostrano due tipi veloci e sguscianti come Novellino e Chiodi.
De Vecchi col Milan 1978/79
Il Napoli matto ed imprevedibile di Vinicio (eh, sì, sono finiti di tempi della squadra dagli automatismi perfetti…) sbanca San Siro presentando: Castellini tra i pali; Bruscolotti e Ferrario marcatori, o meglio morditori di caviglie; Tesser sulla fascia sinistra; il vecchio pirata Caporale dietro a tutti; centrocampo abbottonato ma tecnico con Vinazzani, Majo, Pin e Valente; Pellegrini e Savoldi in avanti. Sarò Majo a regalare la prima gioia di primavera agli azzurri col primo cinguettio degli uccellini e col primo caldo.
Difatti bissò la vittoria dell’anno precedente (1 a 0 con rete di Savoldi su rigore il 22 gennaio 1978 ) e quella dell’anno successivo (1 a 2 con reti di Filippi e Raimondo Marino il 18 novembre 1979). Tre anni consecutivi a San Siro e tre vittorie. Mai è stata così dolce la trasferta contro i rossoneri nella storia delle due squadre.