Dolce&Gabbana non sanno che gli stereotipi sono di Napoli e li gestisce Napoli
Nella vita di tutti i giorni è una continua esaltazione della bellezza e dell'unicità di Napoli tra corni e sportelli in difesa della città. Poi ci si indigna quando i luoghi comuni li descrivono gli altri
Kit Harington nello spot di D&G per Napoli
La medaglia alla ragazza che elogiò la città
Meno di un mese fa il sindaco di Napoli Luigi De Magistris ha consegnato di persona ad una ragazza trevigiana la Medaglia della Città di Napoli. Il motivo? Una lettera che Valeria Genova, così si chiama la ragazza premiata, ha scritto alla città sui social network.
In quella lettera, della cui genuinità non dubitiamo, c’è tutto il repertorio dei luoghi comuni sulla nostra città: il “sole ‘n fronte”, il mare, i “mille culure”, il “traffico chiassoso”, la gente che ti vuole bene e non ti fa sentire solo e via discorrendo.
La lettera della ragazza è stata condivisa migliaia e migliaia di volte, è capitato anche a me di vederla scorrere nella mia timeline, ed i commenti unanimi erano a dir poco entusiastici.
Gli stessi luoghi comuni nello spot criticato
Passa meno di un mese e gli stilisti Dolce&Gabbana diffondono due spot girati a Napoli. Cast stellare: alla regia c’è Matteo Garrone, i protagonisti sono Kit Harington ed Emilia Clarke, amatissimi interpreti della serie cult Game of Thrones. I due camminano per strade e vicoli di Napoli attorniati da una folla festante; in sottofondo “Tu vuò fa l’americano” interpretato da Franco Ricciardi. Tra la folla si fanno largo pizze e babà, Pulcinella e pazzarielli; si mangiano spaghetti e si balla.
Eppure per loro solo critiche
Mi sarei aspettato altre due medaglie per la coppia di stilisti che, oltretutto, da un paio d’anni hanno preso una specie di fissazione per Napoli alla quale hanno dedicato una intera collezione e le cui foto campeggiano negli store D&G di tutto il mondo.
Invece, sorprendentemente, infuriano le polemiche: “Basta con questi stereotipi”, “Napoli non è solo questo”, etc. etc.
Il tutto mentre il Comune fa girare i rendering della nuova attrazione che verrà installata sul lungomare a Natale: un corno gigante.
Stefano Gabbana ha “risposto” alle polemiche condividendo un video di Daianira Marzano, conosciuta sul web come “la terribile” che, esterrefatta, si chiede: «Che dovevano mettere nello spot, il Big Bang o una lezione di fisica quantistica?».
La schizofrenia
Ecco, in questa inutile polemica estiva è riassunta benissimo tutta la schizofrenia napoletana. Una città che si indigna per le rappresentazioni mediatiche che la vedono protagonista, da Gomorra agli spot D&G, ma che non fa altro che proporsi utilizzando gli stessi stereotipi che dice di combattere. Ci piace assai far girare i video in cui cantiamo ‘O sole mio alla stazione, ma ci arrabbiamo se la pubblicità insiste sulla pizza e sul mandolino. Mettiamo un corno gigante per tre mesi sul lungomare, ma vorremmo essere apprezzati per una normalità che non abbiamo.
“Napoli bella, unica, immensa e ricca di umanità” scriveva il sindaco, ad aprile, per commentare i buoni risultati del turismo nel periodo pasquale ed il giorno prima di lanciare lo sportello “Difendo la città”, iniziativa comunale per perseguire chi parla male di Napoli.
Gobba? Quale gobba?
Dovremmo far pace con il cervello e decidere cosa vogliamo essere: una normale grande città europea? Allora l’indignazione dovremmo riservarla alla carenza di servizi, alla disorganizzazione, alla pessima qualità della vita (a proposito, tra un po’ usciranno le classifiche di Italia Oggi e del Sole24ore; sono sicuro che graviteremo intorno all’ultima posizione e sono altrettanto sicuro che risponderemo con i luoghi comuni di Erri De Luca).
Vogliamo essere invece la città unica, più bella e allegra del mondo, dove c’è teatro ad ogni angolo di strada? E allora dovremmo benedire gli spot di Dolce & Gabbana.
Sono certo che questa schizofrenia non verrà risolta. Per combattere realmente gli stereotipi e costruire una città normale servirebbero anni e anni di impegno, risorse, ristrutturazioni fisiche e mentali. Molto più semplice rifugiarci nei nostri stereotipi, salvo indignarci quando gli altri ci mostrano per quel che siamo. Siamo un po’ come Marty Feldman, il meraviglioso Igor di Frankenstein Jr, che a Gene Wilder che si propone di fare qualcosa per la sua gobba, risponde “Gobba? Quale gobba?”.
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