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Il fallimento dell’Inter dimostra che il calciomercato ha bisogno di un progetto

Gli acquisti modello album delle figurine non servono. Serve un progetto tecnico. Detto questo, Pioli ha fatto benissimo con 38 punti in 18 partite.

Il fallimento dell’Inter dimostra che il calciomercato ha bisogno di un progetto

Più punti, meno partite

In realtà l’Inter non sarebbe ancora fuori dalla Champions. È solo che ci vorrebbero: a) una rimonta clamorosa b) un suicidio collettivo tra Napoli, Roma (Lazio) e persino Bergamo (Atalanta). Una cosa pure possibile, dato che le partite da giocare sono ancora otto e ci sono diversi scontri diretti (Inter-Napoli, Lazio-Napoli). Ma è vero pure che c’è Inter-Milan. E che i nerazzurri, ieri sera, hanno perso un’occasione troppo grande perché non pesi sul serio sulla testa, oltreché sulla classifica. Che dice -9 e +1 sul Milan. Il tempo, il realismo e il fatto che Inter-Sampdoria sia finita 1-2 suggeriscono di guardare indietro. Davanti è troppo lontano.

de Boer, Pioli

Stefano Pioli è stato bravissimo. 38 punti in 18 partite sono una proiezione di circa 80/82 in un intero campionato. Per come si era partiti con de Boer, c’è da stappare lo champagne riserva. Però, come dire: all’Inter manca qualcosa. E non è che manca qualcosa da oggi. Manca qualcosa da sempre, e manca comunque. Al di là dell’uomo in panchina. Se de Boer ha avuto la grande colpa di voler introdurre in Italia un sistema troppo strutturato in un tempo troppo ristretto, Pioli ha potuto premere sull’acceleratore dell’intensità fino a un certo punto.

Dopo, sono venute fuori le mancanze di un organico che a tutti era parso livellato molto più in alto del sesto posto. Che probabilmente ha una posizione ridimensionata rispetto al suo reale valore, ma che ha sempre fallito il salto di qualità definitivo. E che in mancanza di qualche miracolo a tempo scaduto o quasi (che capitano a tutti, eh), vedasi Bologna e Udine, sarebbe ancora più lontano dal vertice.

Il mercato

Ecco, noi del Napolista fin dal principio eravamo stati realisti con i nerazzurri. Diciamo che lo siamo stati più o meno con tutte le squadre, perché tutte le squadre commettono stupidaggini sul mercato. Uno dei nostri pezzi più cliccati dell’estate raccolse gli errori (o presunti tali commessi, secondo i tifosi o la narrazione comune) di Juventus, Roma, Inter, Milan, Fiorentina e Napoli. Scrivevamo così, dei nerazzurri: «L’Inter ha speso, negli ultimi giorni di trattative, una vera e propria fortuna (67,5 milioni, fonte Transfermarkt) per un attaccante/esterno offensivo (Gabigol) e un centrocampista tuttofare (Joao Mario). Due grandi colpi, per carità. Però, dimenticandosi (forse) le vere priorità dell’organico. Ha ceduto un calciatore arrivato da soli due mesi (Caner Erkin) e si presenta con Andrea Ranocchia come prima riserva ai centrali titolari (Murillo e Miranda), con Santon, Nagatomo, D’Ambrosio e l’infortunato Ansaldi nel contingente-terzini e Berni e Carrizo come riserve di Handanovic».

Diciamo che non siamo andati molto lontani. A gennaio, poi, è stato acquistato Gagliardini. Altro bel manzo, per dirla con slang erotico-giovanile applicato al pallone. Ma altro bel centrocampista, un settore abbondantemente coperto dal punto di vista numerico. Brozovic in panchina (ieri è rientrato dopo un bel po’, si è visto con quali risultati) e Felipe Melo sostituito negli slot. E Sainsbury al posto di Ranocchia, nel frattempo finito all’Hull City. Medel, nel frattempo, è stato schierato come difensore centrale.

Raccontare e giudicare il mercato

Tutto questo per arrivare a dire che: una cosa è fare il mercato bene, in un certo modo, seguendo un progetto. Un’altra è fare tipo album di figurine. Una cosa è seguire un progetto tecnico e tattico assecondando le richieste di un allenatore, un’altra è comprare calciatori. L’Inter di Suning diventerà giocoforza una potenza del calcio italiano. Economicamente, questo cinesi sono forti davvero. Prima di tutto, esistono. Poi si inseriscono, in attesa dei confratelli-Godot (eventualmente, probabilmente, forse sì oppure chissà) rossoneri, in quello spazio narrativo del ritorno in auge del calcio milanese che è un po’ la panacea di tutti i mali del nostro campionato. Quindi, figurarsi la felicità del comparto media.

Però, come dire: dall’Inter al Napoli, o alla stessa Roma, figurarsi alla Juventus, c’è ancora tanta strada. C’è di mezzo l’inizio di un progetto tecnico reale, di sostanza, fatto con la testa e non con i soldi e basta. Dato in mano a Pioli, ma per davvero. Sì, qualcuno obiettare che l’ex tecnico della Lazio è arrivato dopo e quindi non ha potuto impostare per cause di forza maggiore. Ma già si parla di una sua destituzione, perché Suning vuole il nome grosso. Simeone, Conte. La delegittimazione del lavoro sul campo, appunto. L’idea che il mercato, anche quello dei tecnici, possa valere più di quello che viene fatto ad Appiano Gentile.

Gabigol

Questa prima Inter è il fallimento italiano del primo tentativo di fotocopia delle dinamiche degli sceicchi negli altri campionati europei. È la dimostrazione che un grande mercato non è grande abbastanza se non è completo, calibrato sulle esigenze della squadra. Che il calcio si fa innanzitutto con i soldi, ma che accanto a questi ci vuole una certa competenza. Altrimenti poi ti ritrovi con Banega e Joao Mario che non hanno mai, o quasi, giocato una partita da titolare insieme. O con Gabigol che ha messo insieme 153′ stagionali per circa 30 milioni.

Tanto ce li hanno, qual è il problema?, direte voi. Certo. Ma l’Inter non ha difensori centrali di riserva o terzini affidabili oltre D’Ambrosio. Come dire: investire tanto, investire bene. Lo stesso peso, ma forse incidenze ben diverse.

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