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Se questo è Insigne

Ora Lorenzo è un calciatore decisivo, e non solo per i gol. La differenza è nella testa. E tutto è cambiato dopo il rigore sbagliato con il Besiktas: da lì, ha saputo ricostruirsi.

Se questo è Insigne

Rivalutazione

Lorenzo Insigne ha la mia età. Anzi, è più piccolo di qualche mese. Sei, per l’esattezza. Io gennaio, lui giugno. Vuol dire che lui ha ancora 25 anni, mentre io ne ho già 26. Forse sarà la saggezza che deriva da questa enorme differenza d’età, ma mi sento saggio abbastanza da poter ammettere un mio errore. Lo faccio perché voglio tornare indietro, correggere e correggermi. Voglio rivalutare Insigne.

Non mi aspettavo potesse diventare davvero un campione. Anche dopo l’anno scorso, persino dopo quell’inizio formidabile di stagione. Da febbraio 2016 in giù, il suo down sembrava darmi ragione. Sembrava dovermi dare ragione. Non mi crogiolavo nella realizzazione della mia profezia, non è che non voglia bene a Insigne. È che era un deja-vù, per me: Insigne è questo, è intermittente, può giocare anche benissimo, da campione. Ma sai che prima o poi tornerà a giocare male. È una virtuale certezza. Invece, mi sbagliavo.

Decisivo

Mi sbagliavo perché Insigne ha saputo prendere lo splendido inizio dello scorso campionato e riprodurlo in un arco di tempo molto lungo, anche in questa stagione. Certo, l’inizio fu un mezzo incubo. Però, poi, qualcosa è cambiato all’improvviso. E se dovessi individuare un turning point, direi la doppietta con l’Udinese. Da lì in poi, Insigne è stato inamovibile e quasi perfetto. Ma per me non è una questione di gol, quindi voglio cercare la svolta altrove. I gol servono a lui, per appagare la voglia di sentirsi decisivo in maniera compiuta.

Io, che non sono Insigne e quindi voglio solo che Insigne contribuisca a far vincere il Napoli, potrei dire che il vero turning point è stato l’attimo più buio della sua stagione: il rigore sbagliato col Besiktas. Lì, quando tutti gli hanno dato addosso, Insigne ha saputo ripartire. Ha saputo ricostruirsi. Una forza mentale che non gli era mai appartenuta. La partita successiva, Crotone-Napoli, è stata la sua ultima panchina in campionato. Da lì in poi, non è più uscito dall’undici titolare nelle partite che contano.

È tornato ad essere decisivo, Lorenzo, in un modo che non ci aveva ancora fatto vedere. I gol, ripeto, sono un nobilissimo contorno alla portata principale. Un piatto di classe eccelsa nella cucitura del gioco, di grande tecnica al servizio della squadra. Gli stop che accecano ma che insieme servono a orientare il possesso, i palloni geniali per Callejon, i tocchi nello spazio ad assecondare Hamsik o a lanciare Mertens nel suo nuovo ruolo. Ecco, Insigne è stato calciatore offensivo completo prima che uomo gol. Le dieci reti in campionato nascono dalla fiducia del gioco, e l’accrescono a loro volta. Non sono il punto, ma lo calcano.

Continuare così

A marzo, oggi, Insigne costringe Mertens alla panchina quando Sarri decide che “ci vuole il centravanti”. Sembra una piccola cosa, non lo è. Il miglior Mertens di sempre, il più vivace e tonico, il Dries più in fiducia e fiducioso della carriera, resta comodo con la tuta e la giacca a vento mentre Insigne va in campo. Perché serve lui, e Mertens è la seconda opzione. Del resto, era così anche l’anno scorso.

Quando Insigne seppe essere gran scudiero di Higuain mentre studiava da campione prima di perdersi dietro un’intermittenza che sembrava una malattia incurabile. Che, invece, è stata debellata con la forza del lavoro e dell’atteggiamento sempre professionale e puntuale. Da una tenuta mentale che sembrava essere venuta meno mentre e perché si discuteva del contratto, e invece era solo un momento difficile. Perché oggi si discute ancora, del contratto, ma Insigne intanto è il miglior fantasista della Serie A.

Continuare così è un invito, una speranza, è la possibilità di certificare finalmente che il calcio italiano ha trovato e riconosciuto la stella Insigne. Che non sarà un fuoriclasse alla Messi, un fenomeno assoluto alla Del Piero, ma sa essere decisivo. Come calciatore, come uomo-gol. Come leader tecnico, che è forse una cosa ancora più importante quando giochi in una squadra che ha Hamsik, Callejon, lo stesso Mertens. Ecco, da un po’ di tempo spicca Insigne in mezzo a questi nomi. E io, che ho la sua età e quindi so come si vive nel nostro tempo, non posso essere che felice. Per lui, per il Napoli, quindi per me. Che mi ero sbagliato sul suo conto, e ora posso dire: questo è Insigne, quello vero. E forte. Arriverà il momento in cui giocherà di nuovo male, arriverà per forza. Ma sarà solo una parentesi.

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