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L’oro di Napoli è uno spettacolo di primavera

Roma-Napoli, la partita non guardata: Rog è la fioritura, i gol frutto di schema e talento. E “certa gente”, la nostra: Reina, Mertens, Hamsik, Insigne e Sarri.

L’oro di Napoli è uno spettacolo di primavera

Oro e deficienza

“Napoli, io, certe pietre e certa gente: ecco quanto, forse, si troverà in questo libro”. È l’incipit straordinario e indimenticabile de “L’oro di Napoli” di Giuseppe Marotta. Lo dedico, stamattina, e per sempre, ma con smisurato affetto, a tutti quelli che allo stadio ancora vanno cantando (vi ricordo che ci troviamo nel 2017) cose del tipo: «Noi non siamo napoletani».

È talmente stupido e anacronistico che mi viene da pensare che questi lo cantano per invidia, ovvero se la continuassero, la canzone, sarebbe una cosa così: «E ci dispiace moltissimo, e vi invidiamo tantissimo». Si scherza, naturalmente, non conosco altro modo per avere a che fare con la deficienza.

I versi delle poesie, le azioni da gol

Ma torniamo a Marotta, usiamo il suo incipit e scriviamo: Il Napoli, io, certi calciatori, certe azioni: ecco quanto, forse, si troverà in questo pezzo; cominciamo e buona domenica a tutti.

È marzo, vi invito a leggere (e un po’ vi dedico) una poesia meravigliosa di Giorgio Caproni:

  Dopo la pioggia la terra
è un frutto appena sbucciato.

Il fiato del fieno bagnato
è più acre – ma ride il sole
bianco sui prati di marzo
a una fanciulla che apre la finestra.

È meravigliosa, non trovate? E forse avete già capito dove voglio andare a parare (tipo Reina) stamattina. Le poesie migliori (e queste è tra quelle) sono molto semplici, ovvero sono quelle che restituiscono un’apparente semplicità.

Caproni pennella qui, ha un gran senso del ritmo, un gran controllo, una visione totale dello scenario, di quello che è accaduto, che sta accadendo, che accadrà. Sono sei versi soltanto, ma credetemi non occorre nemmeno una parola in più. Pensate ora alle azioni dei due gol del Napoli; si tratta di bellissime azioni di gioco, frutto di schemi ben precisi e del talento dei calciatori. Sono, poi, azioni velocissime, fatte di movimento, di visione, di pochi e decisivi passaggi prima di arrivare in porta. Così si scrivono le poesie, così si gioca a pallone.

Tempistica

Pioggia e sole, che sono cose tipiche di marzo, poi, e che ieri si sono alternate un po’ ovunque. Quando Mertens ha fatto il secondo gol a Roma era cupo ma a Milano è uscito il sole, di colpo il cielo è diventato di un azzurro straordinario. Niente di brutto sarebbe accaduto da lì in poi, a parte qualche patema d’animo.

Il Napoli quando gioca così è uno spettacolo, è la primavera che si palesa, è una specie di fioritura. È una partitura perfettamente eseguita. C’è una differenza, però, tra le partite bellissime e le partite straordinarie, quelle da ricordare. La partita di ieri rientra tra quelle da ricordare; intanto perché vincere a Roma non è mai facile, e poi perché il Napoli ha giocato più di ottanta minuti alla grande, e poi perché c’è stato un quarto d’ora di reazione (e ci mancherebbe altro che non ci fosse stata) molto forte della Roma, e poi perché alla fine c’è stata quella parata di Reina, che è bella come un disegno, come una fotografia, come un regalo, come una nostalgia; e poi per la partita meravigliosa di Rog, che sarà pure croato ma tiene la faccia da quartieri, di quelli che non parlano ma fanno le cose che vanno fatte.

Rog che ha mandato una cartolina con quell’azione splendida che avrebbe meritato il gol. Rog che ha giocato, secondo molti, troppo tardi; Rog che secondo me ha giocato quando era il tempo, e questo è il tempo di Rog, con l’Olimpico che si è trasformato nel suo personalissimo giardino di marzo.

Certa gente

Nella domenica perfetta non poteva mancare l’espulsione di Sarri. A ogni suo allontanamento abbiamo abbinato un romanzo, o un personaggio letterario. Sarri che va fuori, ma dove? Che fa, cosa non fa, a cosa pensa? Fuma o non fuma? Pensa e si rode, sbraita e sbotta. Oppure no, oppure fa nulla, fa semplicemente nulla, come tutti quanti noi, diventa spettatore sofferente, diventa sguaiato e frustrato, ma resta Sarri, il mister. È un soldato che non riesce a tornare a casa dopo una guerra, come il protagonista di “La mia vita è un paese straniero” di Brian Turner.

“Era come abitare in una bomba inesplosa”.

Vedete quanta forza c’è in una frase così breve? Io Sarri, ieri, l’ho immaginato così. Un uomo che sta in un posto che non è casa, e non è il campo, e non è ancora pace ed è ancora guerra, anche se la battaglia si sta combattendo da un’altra parte.

Il mio Sarri, il mio Reina, il mio Mertens, il mio Insigne, il mio Hamisk, il mio Rog, il mio Reina; “certa gente”, quello che avete trovato in questo pezzo.

E poi ci sono io che ho passato un sabato bellissimo che nemmeno la banalità del nuovo film di Ozpetek è riuscito a rovinare. Io che stamattina me ne vado al parco con i cani, io che vi rimando a martedì sera, quando ce la giocheremo.

Notizie dall’Inghilterra

Gabbiadini segna ancora e batte Mazzarri, Behrami, Britos e Zuniga. E così sia.

Note a margine

  • Decidiamoci: o Reina è scarso o è forte.
  • Un saluto a Caressa e al suo Napoli in crisi.
  • Un saluto a miei amici tifosi del Napoli che vivono a Roma, e che passeranno buone giornate.
  • Niente, il Vesuvio non vuole saperne, mi dispiace.
  • #IoStoConSarri anche quando ci cacciano dal campo.

Libri:

L’oro di Napoli, di Giuseppe Marotta, Rizzoli
La mia vita è un paese straniero, Brian Turner, NN editore, trad. di Guido Calza
L’Opera in versi, Giorgio Caproni, I Meridiani, Mondadori
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