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Una terra di mezzo che si chiama Reina: non siamo obiettivi su di lui

Reina ma non solo. Una panchina di Giuliano, El Kaddouri e i messaggi durante Napoli-Lazio.

Una terra di mezzo che si chiama Reina: non siamo obiettivi su di lui
Reina

Io e mio padre su una panchina

Stamattina mi è tornata in mente un’immagine di circa un anno fa: io e mio padre che ci sediamo su una panchina di Giugliano. Io che scherzo dicendo che sembriamo proprio due anziani. Quei dieci minuti che saranno capitati chissà quante volte a ciascuno di noi, non hanno niente di straordinario, se per straordinario non vogliamo intendere un momento condiviso con una persona cara; due semplici battute che implicano tenerezza e conoscenza dell’altro. Quei dieci minuti mi sono tornati in mente stamattina e, tra le altre cose, mi hanno fatto venire voglia di guardarmi una partita con mio padre, cosa che non succede quasi mai e che comunque non accade da molto tempo. L’ultima partita del Napoli vista insieme deve essere stata quella della Supercoppa di Doha: quantomeno vederle con mio padre porta bene. Abitando a 800 chilometri di distanza, che diventano un migliaio nei fine settimana, le partite a volte ce le raccontiamo via whatsapp o per telefono il giorno dopo, o – semplicemente – mio padre si legge questi articoli. Ci si vuole bene in tanti modi: tifare Napoli è uno di questi.

Il primo Andrea

Poco prima che cominciasse la partita il mio amico Andrea, tifoso della Lazio, mi manda il seguente whatsapp: “Col 3-5-2 ho passato le domeniche peggiori della mia vita”. È una frase che a leggerla bene contiene un sacco di cose, intanto è di estrema forza narrativa. Prima la semplice comunicazione, Andrea mi sta dicendo che la Lazio non giocherà col 4-3-3, schema che avrebbe dovuto adottare anche sabato sera, secondo gli esperti di tattica; quindi so che la Lazio intende (seppur minimamente) snaturarsi, forse perché teme il Napoli, e perché non dovrebbe temerlo? Andrea, che è uno scrittore bravissimo, non si limita a farmi sapere il modulo di gioco, ma ci abbina i suoi ricordi, ci mette dentro la sua memoria. Mi sta dicendo contemporaneamente che è un tifoso vero, che ne capisce di pallone, che tifare Lazio spesso è stato sinonimo di sofferenza. Le vedo quelle domeniche di Andrea perché somigliano a un sacco di domeniche mie. Ho pensato che mi piacerebbe guardare una volta o l’altra una partita con lui. Andrea, me lo immagino, mentre scrive quella frase, forse pensa di perdere (come poi la Lazio avrebbe meritato). Immagino che la scriva sorridendo perché la sta mandando a me. Io la leggo dopo mezz’ora, a partita già iniziata, e rispondo soltanto: “Ahia”. Perché a una frase così bella non mi è venuto da rispondere nulla. Ci si vuole bene in tanti modi: tacere è uno di questi.

Il secondo Andrea

Durante il secondo tempo un altro mio amico, che si chiama Andrea come il primo, ma che è tifoso del Napoli, mi manda una foto dal San Paolo. Le due squadre sono già sull’uno a uno, e Marchetti vola da un palo all’altro “per afferrare un pallone” ma con la forza con cui si sarebbe lanciato da “un punto all’altro di un amore”, come in Miramare di De Gregori; la foto è mossa ma mi procura una grande nostalgia. Nostalgia del San Paolo, e malinconia perché so che – ancora una volta – non è pieno, nostalgia di Andrea e di quando andavamo alle superiori. Andrea che a calcetto era fortissimo. Guardo la foto e rispondo soltanto “Jamme”. Ci si vuole bene anche non sentendosi quasi mai.

C’è una terra di mezzo che si chiama Reina. Una terra di mezzo che potremmo collocare tra la porta e l’area piccola. Quella terra di mezzo che dovrebbe essere di sua esclusiva proprietà, e che invece ogni tanto non lo è. Ogni tanto viene ceduta a un cross, a un tiro improvviso. Ogni tanto il portiere sta troppo indietro, e lo specchio da che dovrebbe essere chiuso diventa aperto, e il primo palo non è più così ben coperto. L’altra terra di mezzo è la nostra capacità di giudizio su Reina, non siamo obiettivi. Reina ci è simpatico, è un leader ed è un portiere molto forte. Noi, dalla nostra terra di mezzo, diciamo che è tornato quando para bene con Empoli e Crotone, e poi diciamo che è vecchio e che non è più quello di un tempo quando non copre il suo palo contro la Lazio o quando si fa sorprendere da Suso. Chi è Reina? È ancora un buon portiere ma non è più affidabile al cento per cento. Il suo errore di ieri pesa, ma non deve pesare di meno degli errori dei nostri attaccanti, perché Marchetti è bravo ma a noi manca un po’ di cattiveria sotto porta in questo periodo. E poi non è un periodo fortunato.

Sarri ha ragione quando dice che il Napoli nelle ultime due o tre partite ha giocato bene. Ieri sera pare abbia giocato addirittura benissimo. Però non vinciamo. Ci manca un centravanti, c’è poco da aggiungere. Gabbiadini ha deluso, ricordiamoci che era stato ceduto all’Everton (o a chi per loro) salvo poi fare marcia indietro perché chi doveva venire al suo posto non è venuto. Non è sereno, non è contento. Il falso nueve (parola orrenda) può funzionare solo per qualche partita. Dobbiamo tenere botta. Se proprio si deve muovere una critica al mercato del Napoli (che è stato ottimo), va mossa sulle tempistiche: troppi affari conclusi (o non conclusi – vedi Gabbiadini) negli ultimi giorni. Questa titubanza la stiamo pagando.

El Kaddouri

Ieri sera ha giocato nove minuti El Kaddouri, giocatore che a me non piace, ma non è colpa sua se non abbiamo vinto e nemmeno di Sarri. Mi ricordo che quest’estate quando si è capito che El Kaddouri sarebbe rimasto al Napoli eravamo tutti contenti, forse perché è simpatico o boh. Come sapete io sono un estremo sostenitore di Sarri, ora gli chiedo, ma più per curiosità che per altro, di far giocare almeno 10 minuti a Rog. Non mi ricordo nemmeno se sia destro o sinistro e che ruolo abbia, eppure quest’estate mi ero documentato. Ci si vuole bene anche facendo delle domande.

Il post – it del drone Giggino

Ci vorrebbe un po’ di mazzo, lo dicono tutti i software. Mister fumammmmmmme!!!!!

Notizie dall’Inghilterra:

La vera notizia è il Chelsea di Conte che, guarda caso, ha cominciato a giocare bene e a non prendere più gol appena l’allenatore ha deciso di usare il suo schema preferito, il 3-5-2. Questo per dire che gli allenatori più bravi, quelli le cui squadre giocano meglio, da sempre, quasi mai cambiano lo schema di gioco, sbagliando o meno.

Note a margine:

  • Come procedono i colloqui all’Inter?
  • Sul curriculum di Pioli c’è scritto che è bravo col pacchetto Windows, lo terrei presente.
  • Datemi un centravanti.
  • Datemi un altro caffè.
  • Il capitano è meraviglioso.
  • Volevo ricordare che Marchetti mi è sempre stato antipatico, non so il perché, ma ogni tanto lui ci tiene a darmi delle nuove motivazioni.
  • #IoStoConSarri dalla prima più di prima.
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