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Nuje bevimme e Julio Cesar se mbriaca

Napoli-Benfica guardata a casa con i parenti. I due gol presi guastano la serata ma c’è tempo per crescere. E Sarri sa il fatto suo.

Nuje bevimme e Julio Cesar se mbriaca
La gioia di Jorginho e Mertens (foto Cuomo - sito del Napoli)

La terra trema. Un urlo così non si era mai udito prima.

“Pecché o’ napulitan adda mettere semp acopp…!!!” dice zio Vincenzo, settantenne pensionato tifosissimo del Napoli, sistemandosi in poltrona e fregandosi le mani rovinate da anni e anni di Italsider.

Sullo schermo scorrono lente le facce impaurite dei ragazzi del Benfica, come gladiatori che senza alcuna arma di difesa stanno per essere gettati in pasto alle tigri.

“Stann tutt cacat sott…”. La voce è ancora quella del mio ospite d’onore, zio Vincenzo. L’eleganza inconfondibile pure.

Ed eccole lì le tigri. Hanno la maglia azzurra e le espressioni cattive.

Il Napoli è tornato in Champions. Al San Paolo, tana delle tigri. L’urlo, strozzato in gola da un paio d’anni, esplode come dinamite nel cielo di questo tiepido inizio d’autunno. Ed è proprio l’onda d’urto della deflagrazione che spinge gli uomini di Sarri in avvio. E li spinge così avanti, così ciecamente alla caccia della palla che vanno fuori giri: il pressing non è puntuale freddo organizzato come al solito e i portoghesi, che con la sfera ci hanno sempre saputo fare, se ne escono puliti puliti in palleggio e arrivano pericolosamente dalle parti di Reina. Fino a un certo punto però. Fino a quando Hamsik non rischia di farsi venire il torcicollo e con una torsione innaturale trova un colpo di testa imparabile da posizione umanamente impossibile.

“Maròòòò! Ecche ggol ca fatt!!!” Ripete zio Vincenzo con la voce impastata dal vino paesano che ha portato e che ha lasciato il segno intorno al mio bicchiere.

L’uno a zero è lo spartiacque del match: da questo momento è il Napoli a comandare e il Benfica non si fa più minaccioso. Si va a mille all’ora, ma il raddoppio non arriva. Bisogna aspettare l’inizio della ripresa per chiuderla. Bisogna aspettare i generosi regali di un Julio Cesar lontano parente di quello ammirato nell’Inter: in 7 minuti il portiere brasiliano ne combina una più di mio nipote che vi assicuro non scherza, ma ha 5 anni. Prima sviene su una punizione centrale e per nulla irresistibile di Mertens; poi irragionevolmente travolge Callejon in uscita procurando il rigore che Milik trasforma e infine esce a vuoto su un traversone che Mertens spinge in rete non credendo ai suoi occhi. In pratica senza nessuna fatica il Napoli si ritrova 4 a 0 dopo un’ora di gioco e 7 minuti di follia del portiere avversario. Pratica archiviata, direbbe qualche bravo giornalista.

“Nuje bevimmo e chist sta mbriac…” chiosa invece zio Vincenzo riferendosi chiaramente a Julio Cesar e suscitando l’ilarità generale.

A questo punto la tensione si allenta. Anche in casa. C’è chi rovista nella dispensa alla ricerca di qualcosa da sgranocchiare. Zio Vincenzo si alza dal divano per andare in bagno. C’è chi ne approfitta per dare una controllatina al cellulare. In campo invece c’è chi si distrae e la passa a Guedes che fa quattro a uno.

“Pure Jorginho sta mbriac…” stigmatizza zio Vincenzo.

E vabbé, ci sta.

Poi però c’è chi si addormenta e non segue i compagni e tiene in gioco Salvio che subito ne approfitta e sigla il raddoppio. Zio Vincenzo vorrebbe esplodere. Mi guarda. Si trattiene. Lo sa che in casa mia non ammetto bestemmie. Si alza. Sembra un leone in gabbia.

“Jammuncemme jà ! Accumpagname a casa…so stat capaci e m fa ntussecà pur stasera!” dice viola in volto.

In macchina mentre lo riaccompagno a casa lo faccio parlare, per fargli sbollire la rabbia. Commentiamo ancora la partita. E siamo d’accordo: il raddoppio del Benfica è grave. Non ci sta. Non ci sta perché dimostra che mentalmente ancora non sei pronto. Ancora non sei cattivo. Ancora non hai l’istinto killer del campione, di quello che azzanna l’avversario e lascia la presa solo quando la vittima non si muove più. Ma si può imparare. C’è tempo. Tana delle tigri e quell’urlo aiuteranno ancora. E il domatore ci sa fare.

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