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L’auditorium “Fabrizio De Andrè” di Scampia suggella il gemellaggio tra Napoli e Genova

L’auditorium “Fabrizio De Andrè” di Scampia suggella il gemellaggio tra Napoli e Genova

Fabrizio De Andrè, musicista, poeta e…genoano. Con l’intitolazione dell’auditorium di Scampia, in viale della Resistenza, al cantautore scomparso nel 1999, Napoli ha di fatto sancito ancora una volta il gemellaggio con Genova e con, probabilmente, il suo interprete maggiore, colui che ha messo in musica lo spirito della città di mare ligure e la sua saudade quasi brasilera. La cerimonia, alla quale è intervenuta Dori Ghezzi, moglie di Faber, ha avuto due momenti molto belli e toccanti. Di mattina, quando le autorità comunali, con il sindaco de Magistris e l’assessore alla Cultura Nino Daniele, hanno scoperto la targa che suggella una splendida idea legata al doppio filo che corre tra Napoli e Genova e quando il coro delle scuole di Scampia ha dedicato alcune canzoni di Faber a Dori Ghezzi. Emozioni anche di sera quando si è assistito all’esibizione di varie band napoletane come A67, La Maschera, Raiz, Maldestro, Letti sfatti, Maurizio Capone e diversi altri, tutti con una propria rivisitazione del repertorio deandreiano.

Intitolare un auditorium a De Andrè in un quartiere che è allo stesso tempo simbolo di certo degrado ma anche voglia di riscatto, è un bel regalo per il musicista che ha sempre cantato degli umili, degli oppressi, degli ultimi, è il segno forte che un piccolo miracolo può sempre avvenire. È l’auspicio che questa struttura, con l’aiuto dei ragazzi del quartiere, delle mamme, della gente onesta e pulita, può essere un veicolo di attrazione per molti ragazzi. Sarà un luogo dove poter trascorrere piacevoli ore invece di stare in strada. “Guagliuni” che possono coltivare le proprie passioni come si fa col calcio, il pugilato, le arti marziali, il basket, attività già presenti nella zona. La musica, dunque, può rappresentare un volano per ripartire, per far sì che Scampia non sia solo cronaca nera e misfatti, tutto in nome di un amico di Napoli, un nostro gemellato.

La notizia che, però, viene fuori e che può far piacere a tutti gli appassionati di calcio e agli amanti della nostra città, soprattutto dopo aver letto le parole di Dori Ghezzi, è che Faber aveva un gran bel rapporto con Napoli. Non a caso, la locandina della manifestazione mostra una foto di De Andrè ventenne ritratto all’esterno della “Bersagliera” noto ristorante di Mergellina. Era il 1960 e il cantautore genovese veniva spesso in città perché era innamorato di una ragazza partenopea, si dice la sua prima fidanzata ufficiale. Ha amato la musica napoletana, ha collaborato con Murolo, ha canticchiato antiche melodie con una vena che possiamo ritrovare solo nelle sue composizioni più originali. Genova e Napoli, non lo scopriamo oggi, hanno molto in comune ed anzi, tra le città del Nord, De Andrè considerava Genova la “più terrona”.

Quando tre anni fa uscì “Il grifone fragile” il libro che Tonino Cagnucci gli dedicò sottotitolandolo “storia di un tifoso del Genoa”, capimmo che il calcio, per uno come lui che sembrava schivo, introverso ed elitario per certi versi, era importante. Venne fuori il vero De Andrè apocrifo, quello che si fece cremare con la sciarpa del Genoa. Ci può essere amore più grande? Aveva i rossoblù dentro il suo cuore ma, per una forma di pudore, non lo faceva capire e quando gli chiedevano perché non scrivesse un inno alla squadra dichiarava sempre: «non lo faccio, il Genoa mi coinvolge troppo, non avrei il necessario distacco per farlo». Con questo, e voglio sottolinearlo, una certa cultura che ha sempre pensato che il calcio fosse, con tanti pregiudizi, un fenomeno dozzinale, da oppio dei popoli, da divertimento popolare, è stata clamorosamente smentita.

Come, De Andrè tifoso? Sembrava scandaloso e ridicolo accostare un artista e poeta al mondo del pallone, eppure quando Cagnucci ha pubblicato i diari, scritti di suo pugno, con le formazioni rossoblù, le tabelle salvezza, i sogni di mercato, addirittura improperi contro la Juve ed il Milan, i diffidati della squadra che avrebbe incontrato il Genoa la domenica successiva, i marcatori, il racconto della prima volta allo stadio, è sembrato tutto più lapalissiano. Eravamo di fronte a un malato del Genoa, tifoso di Zigoni e Meroni, polemico col suo amico Paolo Villaggio, notoriamente sampdoriano. Un libro a tratti struggente, come quando chiede ai suoi rapitori cosa ha fatto il Genoa contro la Ternana, come quando scrive “Giugno 73” per festeggiare il ritorno in serie A del Grifone o quando chiede a Gesù bambino “caro Gesù, portami la divisa da giocatore del Genoa””.

A noi piace ricordarlo così, sorridente anche quel maggio del 1982 quando Faccenda segnò il 2 a 2 a Napoli ed iniziò uno splendido gemellaggio coi cugini genoani. Bene, da oggi in avanti, con un auditorium a lui dedicato a Scampia, tiferemo ancora di più per il Grifone.

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