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L’ipocrisia dei giornali e del pianeta calcio sugli ultras: tutti sanno chi sono

Riproduciamo un articolo di Stefano Nazzi pubblicato stamattina dal Post di Luca Sofri.

Il titolo peggiore era su Gazzetta.it: “A Roma ha perso il calcio”. E che vuol dire? “Fatti che con il calcio non c’entrano niente”, dicono telecronisti e commentatori. Lo ripetono da 40 anni. Come se i vari Genny a’ carogna spuntassero dal nulla, all’improvviso, usciti da sotto un cavolo, comparsi in una curva. Come se improvvisamente sgranassero gli occhi: “Oh, e chi sono quei brutti e cattivi?”. Come se le curve, intese come aggregazioni di tifosi organizzati, diretti da una precisa struttura gerarchica, non fossero parte integrante e organica del calcio.

A marzo, dopo una sconfitta del Milan, Balotelli fu portato a colloquio con un capo ultras. Che evidentemente lo assolse. Quello stesso capo ultras venne poi intervistato da Sport Mediaset. Disse: “un colloquio era necessario”. Ma questo “non c’entra nulla con il calcio”, direbbero i commentatori. Episodi così ce ne sono dappertutto. Da San Siro allo Juventus stadium (dove da anni c’è una guerra feroce per il controllo della curva), da Roma a Napoli a Palermo. Le curve sono saldamente nelle mani della criminalità organizzata, capi ultras e boss criminali sono spesso la stessa cosa.
Stefano Nazzi (segue su Il Post)

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