Mi spiegate l’eroismo di Cannavaro e Grava? Quella maglia va lavata, non esposta

I calciatori sono come le macchinine, almeno nella mia visione del gioco e quindi del mondo. Parlo delle macchinine che avevamo da piccoli e che ancora oggi circolano fiammanti a dispetto della Play e della Wii.Quelle macchinine che più ne avevi più eri contento, più ti si riempivano le tasche e gli occhi. Poi però […]

I calciatori sono come le macchinine, almeno nella mia visione del gioco e quindi del mondo. Parlo delle macchinine che avevamo da piccoli e che ancora oggi circolano fiammanti a dispetto della Play e della Wii.Quelle macchinine che più ne avevi più eri contento, più ti si riempivano le tasche e gli occhi. Poi però c’era una macchinina che era la tua, come pelle tua, roba tua, respiro tuo. Una di più, insomma.
Così credo siano i calciatori. Anche quando ci fanno male con qualche
sconfitta che non scende giù, con qualche tiraccio da incubo, i calciatori riempiono le tasche della nostra vita, fanno compagnia, riscaldano i sogni, accendono il sole, alimentano l’energia che la vita altrimenti succhia e porta via.
Deve essere questo il motivo per cui noi ai calciatori perdoniamo
l’imperdonabile, scegliamo di seguirli come un bambino l’aquilone. Ma per i calciatori-macchinine valgono le regole della vita di ogni giorno, quelle che ogni giorno noi dobbiamo accettare e per cui spesso pagare pegno? Me lo sono chiesto a proposito della storiaccia di Cannavaro e Grava. Quella
storiaccia della omessa denuncia per via delle porcherie di Gianello. Mi
domandavo stamattina, mettendo da parte le mie macchinine: ma se Cannavaro avesse lavorato al Comune, o alla Pirelli, o al Mattino, dove sono stato io per anni, e fosse stato condannato, che cosa sarebbe successo in azienda? Beh, un’azienda, pubblica o privata che sia, per prima cosa sospende i benefit, a volte anche lo stipendio, in attesa di sentenza definitiva. E’ successo anche a Cannavaro e a Grava? A me non pare proprio. E non sarebbe un bel segnale di trasparenza e pulizia farlo? E poi: se l’azienda paga per responsabilità oggettiva, cioè subisce un danno dal tuo comportamento pur non avendo fatto nulla, come nel caso di Cannavaro e Grava, si incazza di brutto e avvia una richiesta di risarcimento. E quando poi la sentenza è definitiva vieni pure cacciato fuori con una pedata. Nelle aziende private, nella vita senza macchinine, funziona così. In quelle pubbliche un po’ meno ma questo è un altro discorso.
Mi chiedo quindi: ma il Napoli in quanto società, in quanto azienda, che ha
fatto della sua condotta aziendale un motivo di orgoglio, a giusta ragione, non dovrebbe prendere le distanze da Cannavaro e Grava e cominciare a pensare che forse ha subito un danno, che c’è comunque una sentenza, una prima sentenza certo, non definitiva certo, ma una sentenza per cui si chiede conto a un proprio dipendente del suo comportamento, delle sue azioni, e di quanto queste azioni incidano sulla società. Lo farà il Napoli? Sarà così coraggioso da spezzare l’equazione: Cannavaro e Grava = innocenti perfetti?
Me lo chiedo sapete perché? Perché è in atto un fenomeno curioso, comune alle
regole dell’omertà e non al vivere civile. Uno viene condannato, da una giustizia rattoppata certo, scombinata certo, perché quella sportiva ha regole da incubo, comunque condannato. E scattano frasi da barzelletta: solidarietà a Cannavaro e Grava, sostegno a Cannavaro e Grava, i nostri eroi infangati da accuse assurde. Per la verità dovremmo usare il singolare perché Grava non se lo fila nessuno, neanche il custode dello stadio, i cori sono tutti per Cannavaro.
E questo urlo di solidarietà diventa talmente assordante, talmente un
frastuono che poi si arriva alla partita di ieri sera e al culmine dell’omertà, sì uso una parola forte ma quando uno si schiera si schiera. Qual è il culmine? La maglietta di Cannavaro e Grava mostrata come trofeo. Il nostro capitano e il difensore roccioso  issati sul pennone più alto a mo’ di simbolo: per ribadire che la giustizia è cattiva e che loro – Cannavaro e Grava – sono innocenti, immacolati, puri come margherite di prato.
Il calcio a suo modo è davvero rivoluzionario perché in un secondo rovescia e
ribalta un archetipo consegnato alla storia: si celebra la maglia, la lancia, il coltello, il sangue, di chi ha speso la propria vita per la squadra, per il gruppo, di chi ha messo a repentaglio se stesso per la logica del gruppo. Per questo il capo, in qualsiasi leggenda – e il calcio lo è – viene beatificato quando fa il capo veramente. Perché lui paga per tutti. Ma Cannavaro e Grava per che cosa si sono spesi? Cosa ci hanno regalato in più che altri? Nulla. Grazie al loro coraggio e alle loro prestazioni sportive noi popolo adorante di macchinine e calciatori cosa portiamo a casa? Quella maglia issata al vento da un furbo Mazzarri – l’uomo che parla per scolpire banalità alla storia – è una scena da teatro di quarto ordine. Per me quella maglia andrebbe lavata e poi stesa al sole ad asciugare. Ma ciascuno lava come sa.
Giampaolo Longo

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