Ha avuto l’onore di inaugurare l’Ascarelli (2-2 con doppietta di Buscaglia il 23 febbraio 1930) e il San Paolo (2-1 con gol di Vitali e Vinicio il 6 dicembre 1959). Con il debutto del girone unico di serie A (6 ottobre 1929) è stato il primo avversario degli azzurri. A Torino: Juventus-Napoli 3-2, botte da orbi, due gol di Mihalic, rete di Munerati a 5’ dalla fine, il Napoli in otto con De Martino, Roggia e Zoccola azzoppati. La Juve. Così è cominciata la storia infinita. Sintetizziamo le volte che alla Zebra il Napoli ha pettinato le strisce, come direbbe Bersani.
La volta che, a Torino, novembre 1957, Bugatti con la febbre parò l’imparabile e Vinicio, Novelli e Di Giacomo infilarono tre banderillas nella groppa della Zebra (3-1), alta quanto Charles, orgogliosa come Boniperti e malandrina come Sivori. Dieci anni prima, a Torino, Carletto Barbieri, tracagnotta ala sinistra, i tre gol alla Juve li aveva infilati da solo, altro 3-1, seconda vittoria sul campo bianconero dove per primi erano passati Buscaglia e Vojak (2-1) nei felici anni Trenta. E la volta che bastò una “botta” di Jeppson per vincere a Torino (1-0 nel 1956) dove s’è vinto di rado (7 volte, accidenti).
Le volte che il Napoli cucinò la Juve andata e ritorno. Quella squadra del 1957-58, che aveva vinto a Torino 3-1, frantumò la Juve 4-3 al Vomero in una delle partite più epiche degli azzurri. Bissò l’impresa la squadra di Maradona (1986-87, l’anno del primo scudetto) maramaldeggiando negli ultimi venti minuti a Torino (3-1: a segno Ferrario, Giordano e Volpecina) e stendendo la Juve a Napoli (2-1) con Renica e Romano. Siccome i tempi felici a volte ritornano, anche il Napoli di Hamsik e Lavezzi ha fatto il doppio colpo (2009-10) sorpassando a Torino la squadra di Buffon e Trezeguet (3-2) con una doppietta di Marekiaro e un gol di Jesus Datolo (Jesus, fate luce) e bocciandola al San Paolo con Hamsik, Quagliarella e Lavezzi (3-1).
Le due volte che vincemmo a Torino 4-1, alla fine degli anni Trenta, nel Napoli giocava Nereo Rocco, e agli inizi dei Quaranta con Busani (due gol), Barrera e Venditto, “l’espresso di Marigliano”.
La volta che, imbattuta a Napoli da undici anni, la Juve cadde sulla punizione di Maradona (1-0, 1985) e tornammo a rivedere le stelle. Le due volte al Vomero che facemmo piangere la Juve all’ultimissimo minuto. Nel 1953 Pesaola, Jeppson e Amadei rimontarono i gol di Hansen e Praest (3-2) cui Casari, parandolo col sedere, aveva negato il terzo gol. Dopo la rete di “Medeo”, sul filo del 90’, Parola rimase abbracciato al palo e scoppiò a piangere. Cinque anni dopo (aprile 1958), il Vomero anticipò la leggenda del 4-3 dell’Italia in Messico: con la gente straripata sui bordi del campo, sotto lo sguardo severo di Lo Bello, il Napoli domò in una rocambolesca partita la Juve di Boniperti, Charles e Sivori piegandola all’ultimissimo istante con Bertucco che concluse la danza selvaggia dei gol (doppietta di Vinicio, autogol di Greco, 3-1 con Brugola, pari bianconero con Stacchini e Montico sino alla sentenza finale di Gino Bertucco, veronese di Buttapietra e che perciò lanciò il “sasso” decisivo). Lauro dette a ciascun azzurro un premio straordinario di 100mila lire e di una immagine della partita conservò una gigantografia.
La volta che, in Coppa Italia, il Napoli di Giannino Di Marzio (1977) frantumò la Juve 5-0 (quattro gol di Savoldi) e la volta che, nella Supercoppa italiana, 1990, il Napoli dilagò 5-1 (doppiette di Silenzi e Careca, gol di Crippa), ma era la Juve allo champagne di Maifredi. La volta che al 119’ Renica sfilò alla Juve il passaggio alla semifinale di Coppa Uefa che il Napoli avrebbe conquistato a Stoccarda (1989). E la volta che Paolo Cannavaro arpionò la Juve per il 3-3 e il Napoli guadagnò ai rigori il passaggio agli ottavi di Coppa Italia del 2007. Il Napoli di De Laurentiis ha avuto il merito di andare in testa nelle vittorie casalinghe contro la Juve (22 a 21) ed è un’altra soddisfazione.
Le volte dei ricordi belli. Quegli altri lasciamoli alla Vecchia Signora.
MIMMO CARRATELLI (da La Repubblica-Napoli).