Asimmetrico e verticale, è il nuovo Napoli di Conte

Hojlund pivot, l'evoluzione di Neres, al Bologna di Italiano è rimasto il possesso palla (51%) e pochissimo altro. Il vento azzurro è cambiato

il nuovo Napoli di Conte

Db Riyadh 22/12/2025 - finale Supercoppa Italiana / Napoli-Bologna / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Antonio Conte

Il miglior Napoli possibile

La finale di Supercoppa Italiana vinta dal Napoli ha messo un timbro definitivo, nonché indelebile, sul grande lavoro fatto da Antonio Conte nelle ultime settimane. L’allenatore azzurro, infatti, ha compiuto un vero e proprio capolavoro tattico, psicologico, anche di gestione: si può dire la squadra che è scesa in campo a Riyadh non è più l’unica possibile, visto che alcuni giocatori infortunati sono rientrati o stanno rientrando, ma è certamente la migliore possibile. Oppure, per dirla meglio: quello visto in Arabia Saudita è il miglior Napoli possibile, per le caratteristiche degli uomini che sono a disposizione in questo momento.

A dirlo sono i risultati, ma soprattutto le prestazioni: al di là degli stop fisiologici di Lisbona e Udine, il Napoli schierato con il 3-4-3 ha battuto Atalanta, Qarabag, Roma, Juventus. E poi Milan e Bologna nella trasferta araba. Tutte queste vittorie sono arrivate una dopo l’altra, soffrendo sempre poco o nulla. Anzi, in alcune di queste gare gli azzurri hanno sciorinato un calcio non solo ordinato e solido, ma anche brillante.

In questo senso, la finale contro il Bologna è stato e deve essere considerato un apice. Nel senso che il Napoli avrebbe meritato di vincere con un risultato decisamente più ampio, più rotondo. Gli azzurri, infatti, hanno offerto una prova davvero efficace e convincente, sia dal punto di vista tecnico-tattico che fisico. Ecco, tutto questo conferma quanto detto in precedenza: l’attuale sistema di gioco del Napoli, imperniato sul modulo 3-4-3 ma anche su principi sempre più chiari e riconoscibili, aderisce perfettamente alla squadra di Conte. Fino al punto che anche il Bologna di Italiano, ovvero una squadra che in teoria avrebbe potuto rappresentare una minaccia complicata da affrontare per gli azzurri, è stato letteralmente travolto.

Un Napoli asimmetrico

Ma come ha fatto il Napoli a travolgere il Bologna? Cos’è cambiato rispetto alla gara giocata 43 giorni fa al Dall’Ara, quando fu la squadra di Italiano a travolgere quella di Conte? Per rispondere a queste domanda, bisogna partire dalla trasformazione operata da Conte nelle ultime settimane: il 3-4-3 varato per risolvere l’emergenza a centrocampo si è rivelato un abito perfetto per il Napoli. O meglio: Conte ha via via perfezionato questo sistema, in modo da far rendere al meglio tutti i giocatori che può mettere in campo in questo momento. A cominciare ovviamente da David Neres, schierato come attaccante di destra nel tridente. Al di là del clamoroso impatto del brasiliano sulla/e ultima/e partita/e, va anche sottolineato come l’inserimento di Politano e la presenza di Di Lorenzo, sempre da quel lato, finiscano per sbilanciare il Napoli. Per renderlo asimmetrico.

Insomma, per dirla in breve: è sulla destra che il Napoli costruisce il proprio gioco e diventa letale. Grazie alla presenza di due giocatori creativi e di un terzino che però sa disimpegnarsi alla grande anche come braccetto. I dati, come sempre, non mentono: secondo le rilevazioni di Sofascore, la squadra di Conte ha orchestrato il 41% delle sue azioni dal lato di Di Lorenzo, Politano e Neres. Anche altri numeri confermano questa tendenza: Di Lorenzo ha servito 37 passaggi (lo stesso numero di Juan Jesus), Politano 38 (6 in più rispetto a quelli sommati da Spinazzola e Gutiérrez) e Neres 44 (11 in più rispetto a quelli sommati da Elmas e Lang).

Due azioni in cui il Napoli porta moltissimi uomini sulla destra, mentre dall’altro lato del campo il resto della squadra attacca/occupa l’area di rigore

È una questione di densità, come si vede anche in questi screen, ma anche di qualità: a destra, il Napoli concentra buona parte del suo talento creativo. Per studio, per scelta che diventa convenienza. Dall’altro lato del campo, poi, Elmas ha attribuzioni e movimenti atipici: parte come esterno sinistro, ma poi si sposta costantemente dentro al campo, andando quasi ad affiancarsi a – e/o a scambiarsi la posizione – con Scott McTominay. Un meccanismo che, dopo la semifinale vinta contro il Milan, Conte aveva descritto con la frase «Elmas ha giocato da numero 10». E di fatto è così, quasi a voler evidenziare una volta di più l’asimmetria tattica del Napoli.

Incastri perfetti

Questa asimmetria si diluisce moltissimo, fin quasi a perdersi completamente, nel momento in cui il Napoli deve andare a pressare gli avversari. Una pratica che viene fatta ad altissima intensità, ed è questa la vera cifra del nuovo sistema varato da Conte. Anche contro il Bologna, una delle squadre più aggressive del calcio italiano, gli azzurri hanno mostrato di aver fatto dei progressi straordinari, da questo punto di vista. E stavolta neanche un assetto diverso dal 3-5-2/5-3-2 – il Bologna ha giocato a Riyadh, e gioca sempre con una linea difensiva a quattro – ha messo in crisi le marcature preparate da Antonio Conte.

Gli incastri sono venuti naturali anche in questa partita, ma ovviamente sono stati preparati con attenzione maniacale: Hojlund andava su Heggem, Elmas e Neres seguivano i due esterni bassi oppure il centrale di parte, col supporto di Lobotka; McTominay e uno dei due braccetti prendevano Ferguson e Pobega, Politano e Spinazzola seguivano Orsolini e Cambiaghi; Odgaard e Castro, infine, venivano guardati a vista da Rrahmani e Di Lorenzo/Juan Jesus, a seconda della loro posizione.

Due momenti di pressione altissima, uomo su uomo, del Napoli

Quando il Bologna ha provato a muovere il pallone da dietro e a far ruotare i suoi uomini in campo, il Napoli ha risposto alzando ulteriormente l’intensità. In diverse occasioni, soprattutto sulla costruzione dal basso di Ravaglia, diversi giocatori di Conte sono andati ancora più forti, ancora più aggressivi sui loro avversari. Al punto da scompaginare un po’ di posizioni, un po’ di marcature, ma una condizione fisica eccellente e una grande attenzione a non perdere le distanze ha fatto la differenza. Ed è così che è nato il gol del raddoppio di David Neres, un dolcissimo pallonetto dopo un pallone recuperato addirittura dentro l’area di rigore della squadra di Italiano:

Va bene, il passaggio di Ravaglia è davvero pessimo. Ma quel passaggio pessimo è stato “indotto” dalla pressione esercitata dai giocatori del Napoli.

Con questo atteggiamento, il Napoli ha completamente annullato il Bologna dal punto di vista offensivo. La squadra di Italiano ha messo insieme 3 tiri in porta complessivi, di cui solo 2 frutto di azione manovrata. L’unica occasione che si può definire davvero pericolosa è quella capitata a Ferguson al minuto 55′, dopo un cross dolcissimo di Orsolini. Per il resto, i giocatori in maglia rossoblu non sono mai riusciti a creare un’occasione davvero pulita. Anche perché, e questo è un altro enorme merito di Conte, il Napoli è diventato una squadra aggressiva ma non esasperata. Nel senso che la difesa azzurra, quando c’è un’azione in cui gli avversari superano la prima linea di pressione facendo uscire bene la palla, si compatta benissimo in un 5-4-1 dalle distanze perfette. E così gli avversari sono costretti a cercare di portare il pallone in avanti passando per le fasce laterali.

Anche contro il Bologna è andata in questo modo: la squadra di Italiano ha chiuso la partita con 23 cross tentati, 8 nel primo tempo e 15 nella ripresa. Solo 2 di questi non sono stati respinti da un difensore del Napoli. Anche questa è una statistica importante, è un segnale di solidità: il Napoli può anche far passare un traversone, nel senso di concederlo, ma poi riesce quasi sempre a sputare fuori la palla. Perché, come anticipato in precedenza, se il primo pressing non va a buon fine, gli azzurri sanno rinculare benissimo in blocco medio-basso. Fanno densità a centro area e così assorbono perfettamente i palloni giocati dall’esterno.

Il Bologna è uscito dalla sua area e Lobotka è ancora alto su Lucumí, eppure il Napoli è molto compatto e non lascia profondità: non c’è altra soluzione che allargare il pallone sugli esterni

La regia nella verticalità

Un approccio di questo tipo “chiama”, nel senso di pretendere, un gioco offensivo rapido per non dire immediato. Altrimenti, verrebbe da dire, il dato sul possesso palla grezzo, un dato che premia il Bologna (51% per la squadra di Italiano) al termine di una partita dominata dal Napoli, sarebbe inspiegabile. Il punto è che la squadra di Conte, nelle ultime settimane, ha esasperato – in questo caso sì, è un verbo azzeccato – un sistema offensivo iper-verticale, in cui Hojlund lavora da pivot e in cui la regia, dopo il primo possesso arretrato, viene espletata nella ricerca di palloni diretti verso la trequarti offensiva.

Anche in questo caso ci sono diversi dati che “spiegano” questa tendenza tattica: nella finale di Supercoppa contro il Bologna, il Napoli ha messo insieme 52 lanci lunghi, di cui 7 tentati da Amir Rrahmani (la quota più alta di tutta la squadra di Conte, escludendo naturalmente Milinkovic-Savic). E ancora: gli azzurri hanno totalizzato 139 passaggi effettuati verso il e/o effettuati nel proprio terzo offensivo, più di un terzo rispetto a quelli tentati (380). Questo vuol dire che la maggior parte delle azioni sono state costruite su direttrici lunghe e verticali. Attraverso possessi brevi e diretti. Questo non vuol dire, però, che si tratti di azioni improvvisate.

Questa non è, non può essere, un’azione improvvisata

Come si vede chiaramente nel video appena sopra, il Napoli gioca a memoria. Lo sa soprattutto chi ha seguito bene le ultime partite della squadra di Conte: il passaggio tra le linee che cerca e trova Hojlund è il preludio a una girandola di tagli e inserimenti che aprono grandi corridoi verso l’area avversaria. In questo caso, il centravanti danese fa da muro e David Neres imbuca il pallone per Spinazzola, ma in realtà si tratta di un meccanismo ricorrente. E quindi studiato, (ben) preparato in allenamento. Un meccanismo che può premiare Spinazzola, come in questo caso, ma anche lo stesso Neres, oppure Elmas. Oppure anche McTominay quando si sgancia dalla sua posizione di mediano. Da questo punto di vista, Conte ha tantissime soluzioni. O meglio: ha saputo crearsele disegnando un assetto che funziona. E che esalta le qualità di molti dei suoi giocatori. A cominciare, ovviamente da David Neres.

David Neres esterno, trequartista seconda punta (e la preparazione propedeutica al 3-5-2)

Al di là di due gol “episodici”, perché un meraviglioso tiro a giro dopo una rimessa laterale e un recupero palla nell’area avversaria devono essere considerati tali, David Neres continua a essere un calciatore determinante e bellissimo da vedere. Pur di inserirlo in squadra, pur di cucirgli il Napoli intorno, Conte ha “costretto” uno dei suoi fedelissimi – Matteo Politano, ovviamente – a trasformarsi in un quinto di centrocampo. In un esterno a tutta fascia. La mossa funziona, sta funzionando, perché Neres sta offrendo prestazioni piene e di qualità. Al di là dei due gol, ripetiamolo ancora, contro il Bologna l’attaccante brasiliano ha messo insieme 3 dribbling tentati (2 riusciti), 3 passaggi chiave, 29 passaggi riusciti (su 36 tentati) nella metà campo avversaria, 8 duelli tentati (4 vinti) e anche 3 contributi difensivi e 5 recuperi.

La heatmap di David Neres

Difficile chiedere di più a un calciatore, detto in senso assoluto. Anche perché, come si vede chiaramente nella sua heatmap, Neres distribuisce tutta questa grazia calcistica in tante zone del campo. Non solo a destra e/o sul centrodestra, ma anche nella fascia centrale, a volte anche allargandosi nel mezzo spazio o sulla fascia di sinistra. Per lui Conte ha creato un ruolo ibrido, e di conseguenza il brasiliano ex Ajax si è trasformato in un attaccante totale, in un esterno/trequartista/seconda punta che svaria su tutto il fronte offensivo.

Quella di Neres è un’evoluzione interessantissima. Anche perché spalanca – e spalancherà ancora – le porte a un’ulteriore rivoluzione: quella del 3-5-2 puro. Un abbozzo di questo scenario si è già visto, si vede cioè quando Elmas converge verso il centro e, di fatto, gioca come una mezzala aggiunta. Ecco, in un sistema del genere avrebbero più spazio anche De Bruyne e Anguissa, i grandi lungodegenti della rosa di Conte ora che Lukaku sembra quasi pronto a rientrare. Lukaku, appunto: anche il centravanti belga ha un rapporto stretto, nonché molto positivo, col 3-5-2. Immaginarsi una coppia d’attacco composta da lui e da Neres, questo Neres, darebbe ulteriore margine di manovra a Conte. Che intanto, però, può coccolarsi un Hojlund perfettamente in grado di interpretare il suo concetto di centravanti ideale. Non è poco, non era scontato.

Conclusioni

In molti, soprattutto sui social, sono arrivati a scrivere che quello visto contro il Bologna è stato il miglior Napoli dell’era-Conte. È una lettura/suggestione valida, anche condivisibile. Ma resta anche molto aleatoria, perché la verità è che il Napoli vincitore della Supercoppa è una squadra allestita nel bel mezzo di un’emergenza. È il frutto di un lavoro pregno di competenza ma anche di inventiva, è uno dei casi più eclatanti in cui è stata fatta, come si suol dire, necessità virtù. E il merito è soprattutto di Conte, che ha pure saputo calibrare le forze in modo che la sua squadra – o meglio: quello che rimaneva della sua squadra – arrivasse al top della forma proprio in Supercoppa. Alla vigilia di una/due partita/e da dentro-fuori.

Col senno di poi, cioè considerando come sono andate le cose, vanno rivalutate le sconfitte contro Benfica e Udinese. Un Napoli ridotto ai minimi termini non poteva affrontare anche quelle gare con lo stesso piglio, con la stessa brillantezza e vitalità vista prima e dopo quella settimana nera. Che poi è solo una settimana fa, ma sembra passata una vita. E il merito è tutto di Conte, che dopo aver rimesso in piedi una squadra che sembrava svuotata ha saputo darle ulteriori stimoli: Politano quinto di centrocampo con Spinazzola dall’altro lato, l’esasperazione della verticalità, Neres al centro del sistema.

Sono tutte intuizioni che hanno rimesso la stagione del Napoli sulla strada giusta. Sono, di fatto, intuizioni che hanno portato un trofeo. Anche questo non è poco, non era scontato. Anzi: è una cosa enorme, anche perché ha aperto scenari davvero promettenti per il prossimo futuro, cancellando la psicosi delle assenze. Ora De Bruyne, Anguissa e Lukaku (ma anche Gilmour) possono rientrare senza che l’ambiente-Napoli si faccia divorare dall’ansia. Il vento è cambiato.

Correlate