Il Napoli e la lezione scozzese: stringersi tutti insieme intorno a un obiettivo

La situazione non è semplice ma quanto più è disperato il momento, tanto più Conte da il meglio di sé.

Napoli Il Napoli di Conte

Napoli's Italian coach Antonio Conte reacts from the sidelines during the Italian Serie A football match between Napoli and Como at the Diego Armando Maradona stadium in Naples, on November 1, 2025. (Photo by Alberto PIZZOLI / AFP)

Il Napoli e la lezione scozzese: stringersi tutti insieme intorno ad un obiettivo

La lezione scozzese potrebbe servire all’Italia e al Napoli per risollevarsi. Una festa bellissima. Un popolo in estasi, che ha pochi idoli di cui vantarsi, ma quei pochi sono venerati come dei. Compatto nonostante anni amarissimi. Con l’ultima presenza al Mondiale datata 1998, con McTominay che non aveva nemmeno due anni. Da Archie Gemmill a Kenny Dalghlish le cui perle ai Mondiali si perdono nella notte dei tempi, fino a quella di Scott, la cui prodezza campeggerà nei pub delle “Highlands” per molti molti lustri. La bellissima serata di Hampden Park ha ricordato a tutti che non è finita finché non è finita. Che l’unità d’intenti è fondamentale. Che stringersi tutti insieme intorno ad un obiettivo può comportare concretamente che i propri desideri si realizzino, che le paure devono essere affrontate.

Le ultime versioni di Napoli ed Italia non ci hanno certamente ricordato quelle scozzesi.

Il McTominay blowpiper riporta alla mente McTominay griffato Antonio Conte della scorsa stagione. Nel Napoli d’inizio stagione, non solo lui, sono tutti la copia sbiadita di loro stessi. Demerito di qualcuno, appagamento, incapacità di programmare oltre la ricostruzione ed uno scudetto storico. Uno spogliatoio in cui si è creata una faglia tra allenatore e giocatori non ci ricorda le scene di Glasgow di martedì sera. Tutt’altro. Certamente le tante defezioni non contribuiscono a creare una sensazione positiva intorno al Napoli ma Conte, che a Napoli ha vinto uno scudetto per sottrazione, potrebbe paradossalmente giovarsi di questa situazione. Quanto più è disperato il momento, tanto più Conte da il meglio di sé. L’uomo è sul conflittuale per cui quando c’è da combattere è la persona migliore cui affidarsi. L’ultima vittoria del Napoli di fatto l’ha portata a casa lui, dopo aver duellato con Lautaro e tutta l’Inter. Una partita certamente illusoria visti gli inciampi successivi con Como, Eintracht e la disfatta felsinea. Senza tirare mai in porta. Senza essere mai pericolosi. Senza dare mai la sensazione di poter imbastire una trama offensiva degna di tal nome. Una squadra piatta, demotivata, depressa.

Se per il Napoli l’esempio scozzese vale alla voce unità d’intenti, per la rabberciata Nazionale italiana di Don Rino Gattuso la lezione scozzese dovrebbe essere inserita alla voce: superare le proprie paure. Gattuso in Scozia, oltre che la compagna di vita, ha trovato (sponda Rangers) anche la consacrazione a livello internazionale. Certamente solo lui ha sempre avuto quello spirito battagliero ed orgoglioso, che tuttavia fatica ancora a trasferire ai propri giocatori. La Nazionale, è tutt’uno con la paura, che ormai un paese vecchio come l’Italia, vive a (quasi) tutti i livelli, escludiamo Sinner, più italiano di Toto Cotugno.

Il timore di non arrivare al Mondiale è concreto. Sarà banale, ma l’avversario dell’Italia è solo se stessa. L’urna di Zurigo è stata dolceamara. I nord-irlandesi erano la peggiore delle quattro ripescate della Nations League. Il ventisei marzo a Bergamo saranno un avversario ostico da scardinare. Sebbene non vi siano “spauracchi” come Ulyses De La Cruz a Giappone e Corea 2002, il precedente macedone ci ha insegnato che gli avversari vanno prima sconfitti. Ci si preoccuperà successivamente degli altri. Sarebbe da incubo l’eventuale “finale”. Cardiff o Sarajevo saranno due catini, molto simili ad Hampden Park. Uguale sarà l’atmosfera a Cardiff. Stesso dicasi per Sarajevo. La Bosnia ha perso l’accesso diretto al Mondiale nel finale convulso al Prater di Vienna, e come l’Italia manca al Mondiale dal 2014. Sarà una vera impresa arrivare al Mondiale. Saltarlo per la terza volta di seguito sarebbe un ulteriore ennesimo, e forse definitivo scossone, ad un movimento ed una federazione calcistica che da troppo tempo navigano a vista. Se l’Italia riuscirà ad andare oltre i propri limiti al Mondiale ci arriverà. Qualora non dovesse farcela, vorrà dire che il nostro livello attuale è da periferia calcistica, con buona pace di Gravina, Buffon, Capo Verde, Curaçao e Rino Gattuso.

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