La prima vera crisi tattica del Napoli di Conte

Il Napoli di Conte, almeno quello edizione 2024/25, non avrebbe mai subito il gol di Dallinga. Conte ha ancora tempo per ritrovarsi, perché si è smarrito anche lui

Napoli di Conte

Mg Bologna 09/11/2025 - campionato di calcio serie A / Bologna-Napoli / foto Matteo Gribaudi/Image Sport nella foto: Thijs Dallinga-Alessandro Buongiorno-Miguel Gutierrez

Problemi tattici e problemi non tattici

In questo spazio del Napolista ci occupiamo essenzialmente di tattica e di analizzare le partita, ma questa volta è necessario partire da altro. Ovvero da quello che è successo nel postgara di Bologna-Napoli, quando Antonio Conte ha rilasciato delle dichiarazioni che non si prestano a interpretazioni vaghe. L’allenatore azzurro è assunto le sue responsabilità, dicendo che «finora non ho fatto un buon lavoro», ma poi ha anche criticato pubblicamente la sua squadra. Parlando, in sintesi, di mancanza di fame e di abnegazione, di «compitino» e di giocatori che pensano «ognuno al proprio orticello».

Quando un allenatore – a maggior ragione se si tratta di un allenatore come Conte – pronuncia queste frasi, è evidente che i problemi, suoi e della squadra, vadano decisamente oltre la tattica e la tecnica. E quindi, in virtù di questa premessa, tutto quello che leggerete da ora in poi deve comunque essere pesato al netto di questa situazione. Però, ecco, ciò che succede – o che non succede – in campo ha sempre una sua incidenza. Una sua rilevanza. E nel caso del Napoli si può parlare di una squadra diventata tatticamente inefficace. Da qualsiasi punto di vista la si guardi, e quindi da qualsiasi punto di vista la si valuti.

In questo senso, la prestazione di Bologna è stata estremamente chiara, viene da dire lapidaria, rispetto alle difficoltà degli azzurri. Difficoltà alimentate – per non dire ingigantite – da contingenze sfortunate, e ovviamente ne parleremo, ma che si stanno manifestando ormai da settimane. E che contro la squadra di Italiano, dopo diverse partite interlocutorie, hanno portato a una vera e propria implosione. Anche per merito di un avversario di alto livello, e parleremo anche di questo.

Cos’è stato e cos’era il Napoli di Conte

L’analisi di Bologna-Napoli, o comunque della situazione attuale della squadra di Conte, deve necessariamente partire da lontano. E cioè dall’anno scorso, dalle scelte fatte da e per e con l’ex allenatore di Inter, Chelsea e Juventus. Ovviamente i concetti che stiamo per esprimere devono essere considerati come una sorta di sintesi iper-liofilizzata, come una riduzione ai minimi termini e/o all’essenza delle cose, ma è fondamentale andare molto indietro – e, quindi, stringere il più possibile – per spiegare come e perché siamo arrivati alla crisi di oggi. Allora, il Napoli di Conte è stato – fin dal giorno 1 – una squadra fisica e meccanica, forgiata e fondata su calciatori di grande prestanza atletica, quindi su un gioco solido e su una manovra offensiva legata a movimenti codificati, cioè ripetuti più e più volte in modo da stressare le difese avversarie.

Conte ha storicamente lavorato così, cioè partendo da questi capisaldi. A Napoli non ha agito diversamente, solo che con il passare delle settimane e dei mesi ha ciclicamente adattato questo suo approccio a ciò che avveniva intorno a sé. Anche in modo piuttosto creativo, e non tutti se l’aspettavano. L’inserimento esplosivo di McTominay ha “consigliato” il passaggio dal 3-4-3 iniziale al 4-3-3; la cessione di Kvara e la crisi di infortuni a metà della scorsa stagione sono stati gli eventi che hanno determinato la nascita del 4-3-3 asimmetrico con Raspadori fino esterno; l’arrivo di De Bruyne e l’infortunio di Lukaku hanno suggerito l’invenzione del 4-1-4-1. E ora, dopo il problema muscolare capitato a KDB, c’è stato il ritorno a un 4-3-3 più lineare, più puro.

In tutti questi passaggi, come anticipato, il Napoli è rimasto una squadra comunque fisica e meccanica. Anzi, la verità è che Conte è stato bravissimo a trovare sempre il modo per compensare i difetti – strutturali, temporanei – del Napoli, di farlo senza stravolgerne l’identità. Al punto da vincere lo scudetto e cominciare bene anche la seconda stagione. Fino a poche ore fa, anche se adesso nessuno lo ricorda più, il Napoli era solo in testa alla classifica di Serie A.

Cos’è il Napoli di Conte

Nel frattempo, però, sono successe delle cose a cui Conte, a cui neanche Conte, ha saputo porre rimedio. Oppure, per dirla meglio: Conte si è ritrovato a dover risistemare un Napoli che non è più solido, che non è più fisico e che continua a essere meccanico. Solo, però, che adesso è fin troppo meccanico. E quindi bisogna considerare questo aggettivo in termini negativi.

È naturale, a questo punto, porsi alcune domande: perché il Napoli non è più una squadra solida e non è più una squadra fisica? Come facciamo a fare queste affermazioni? La partita di Bologna risponde a questi quesiti: i calciatori guidati da Conte non hanno prodotto praticamente nulla a livello offensivo, sono stati surclassati dagli avversari dal punto di vista dell’intensità e soprattutto – la cosa più inquietante – si sono rivelati friabili dal punto di vista difensivo.

Basta guardare i due gol del Bologna per capire cosa intendiamo. Si tratta di due situazioni praticamente statiche, il Bologna ha attaccato il Napoli a difesa schierata e in entrambe le occasioni i giocatori in maglia rossoblù sono riusciti a segnare in modo lineare, semplice. Certo, riguardando le azioni si notano facilmente le pessime letture individuali di Rrahmani e Buongiorno, il primo bruciato da Dallinga e il secondo gabbato dall’inserimento a vuoto di Pobega. E anche Milinkovic-Savic non è così reattivo sul tiro di Dallinga. Ma la verità è che è l’intera difesa azzurra rimane troppo passiva.

I due gol del Bologna, uno dopo l’altro

Il bello, o forse il brutto, è che il Napoli si era difeso anche in modo efficiente fino al vantaggio siglato da Dallinga. Per tutto il primo tempo, infatti, il Bologna aveva messo insieme un solo tiro in porta, con Rowe – per altro una conclusione scoccata da lontanissimo. La sensazione, anzi, era che la squadra di Italiano fosse superiore dal punto di vista fisico e atletico, ma non riuscisse a creare i presupposti per impensierire Milinkovic-Savic. Non che il Napoli facesse o abbia fatto meglio dall’altro lato del campo, tra poco parleremo di questo in maniera più diffusa, ma resta il fatto che il Bologna non era riuscito a rendersi davvero pericoloso. Poi però è arrivato questo gol, dopo pochi minuti è arrivato anche il raddoppio di Lucumí. Ed è questo, a pensarci bene, a fare la differenza tra il Napoli di oggi e il Napoli di ieri.

Detto in modo brutale: il Napoli di Conte, almeno quello edizione 2024/25, non avrebbe mai subito il gol di Dallinga. Né tantomeno quello di Lucumí. Perché era una squadra che difendeva bene, anzi benissimo, nella maggior parte delle situazioni. Anche – se non soprattutto – quando si ritraeva nella propria metà campo, anzi nella propria area di rigore, e infatti a volte lo faceva volutamente. Adesso, invece, il Napoli è una squadra sbadata, svagata, distratta. Che prova a fare pressione alta sugli avversari, come nel primo tempo di Bologna, ma che poi si ritrova a subire gol piuttosto banali anche quando si difende nella propria metà campo.

Problemi a cascata

A pensarci bene, e come già analizzato in questo spazio sul Napolista, il vero problema del Napoli sta nella sua sterilità offensiva. Nel fatto che, ormai da alcune settimane, quei meccanismi a cui abbiamo accennato sopra – quei giochi offensivi che permettevano alla squadra di Conte di essere pericolosa – si sono inceppati. A cascata, l’assenza praticamente totale di creatività negli altri giocatori – senza De Bruyne, di fatto, il Napoli non ha giocatori in grado di muoversi e di servire passaggi taglialinee con una certa continuità – finisce per determinare la prevedibilità degli azzurri.

Ma di quali meccanismi stiamo parlando, per la precisione? Beh, in primis dei giochi sulla destra che libera(va)no Politano o Di Lorenzo al cross. Oppure dei palloni serviti nello spazio aggredito da Anguissa. Insomma, tutte quelle manovre codificate che, tra la stagione scorsa e la prima parte di questa nuova annata, avevano permesso al Napoli di “sopravvivere” alla cessione di Kvara, all’infortunio di David Neres subito dopo la cessione di Kvara, all’infortunio di Lukaku.

La domanda viene spontanea: perché quei meccanismi si sono inceppati? Le risposte sono semplici: intanto gli avversari del Napoli hanno imparato a leggere e quindi a prevenire queste situazioni. Il Bologna, per esempio, l’ha fatto attraverso una pressione feroce, intensissima, estrema. Una pressione che ha tolto la profondità e l’aria ai giocatori di Conte:

Il pressing del Bologna è stato intensissimo, feroce, in tutte le zone di campo

E poi c’è un altro aspetto di cui tener conto: la stanchezza. Politano, Di Lorenzo e lo stesso Anguissa sono stati titolari in 13 partite su 14 giocate finora in questa stagione, durante l’ultimo ciclo infernale – cinque gare di campionato e due di Champions League tra il 18 ottobre e il 9 novembre – sono sempre stati in campo, senza soluzione di continuità. Quindi è naturale che siano poco lucidi, poco reattivi, poco efficaci, nella costruzione come nella rifinitura del gioco.

Questi (grossi) problemi offensivi  si riverberano inevitabilmente in difesa. Perché la stanchezza rende difficili i rientri lunghi, le scalate e le marcature preventive, com’è ovvio che sia, ma c’è anche un ulteriore difficoltà: per cercare di essere pericoloso, il Napoli finisce per portare molti uomini in avanti e per allungarsi sul campo. E in questo modo presta il fianco alle squadre avversarie. A Bologna non è successo, gli azzurri non sono riusciti nemmeno a imbastire nulla di vagamente pericoloso (4 conclusioni tentate di cui solo una nello specchio della porta in tutta la gara), ma in altre gare l’eccessivo sbilanciamento in avanti ha portato il Napoli a perdere equilibrio.

I meriti del Bologna, i margini di Conte

Certo, poi va anche detto che il Bologna ha dei grandissimi meriti. Non perché abbia costruito tante azioni offensive degne di nota, alla fine i due gol sono arrivati con 4 tiri in porta complessivi, di cui 3 scoccati tra il minuto 48′ e il minuto 68′, ma perché ha giocato una gara gagliarda, intelligente anche se ambiziosa, di grande intensità tattica e anche tecnica. Insomma, per il Napoli di oggi non poteva esserci avversario peggiore.

Il vero problema di Conte, però, non sta tanto nel modo in cui la sua squadra si è fatta sopraffare dal Bologna. Al di là delle sue sensazioni negative sul gruppo e delle sue durissime parole nel postpartita, infatti, per il momento non sembrano esserci grandi margini per modificare l’andazzo del Napoli. Certo, dare maggiore fiducia e quindi maggiore spazio a David Neres e a Lang potrebbe aumentare la qualità e l’imprevedibilità del gioco del Napoli, ma inserire due esterni offensivi diversi impatterebbe solo in parte sul modello di gioco degli azzurri.

Sì, insomma, il 4-3-3 scolastico visto finora sarebbe comunque destinato a rimanere tale, è difficile pensare a uno scossone totale, in fondo Lang andrebbe a prendersi il ruolo e le attuali attribuzioni di Elmas, che come lui è un destro schierato a piede invertito. Stessa cosa in un eventuale switch tra Politano e David Neres, al netto di un evidente aumento di estro e di una minor copertura in fase difensiva.

Conclusioni

Dopo Napoli-Como e Napoli-Eintracht, in questo spazio avevamo scritto che agli azzurri serviva un guizzo tattico di Conte per non restare fermi, per non restare impantanati. A Bologna questo guizzo non si è visto, anzi il Napoli ha fatto un ulteriore passo indietro a livello di imprevedibilità e produzione offensiva. Per di più si sono rivisti anche i problemi difensivi accusati per tutta questa prima parte di stagione, nonostante il rientro in pianta stabile di Rrahmani e Buongiorno.

E allora si può dire: Conte sta vivendo la sua prima vera crisi tattica da quando è a Napoli. È una crisi di prestazioni ma anche di inventiva, è come se avesse smesso di fare ciò che l’anno scorso, di fatto, l’ha condotto a vincere lo scudetto. Certo, gli infortuni a catena gli hanno tolto la possibilità di avere a disposizione il gruppo al completo. Allo stesso tempo, un calendario fittissimo gli ha impedito di lavorare come piace a lui sul suo modello tattico, sul suo Napoli.

Quest’ultima rilevazione, però, deve essere presa come una critica. Per quanto il tecnico azzurro avesse detto, prima dell’inizio di questa stagione, che il suo Napoli avrebbe sofferto, il calo degli azzurri è fin troppo vistoso. Non tanto per i risultati, in fondo la classifica di Serie A e quella di Champions restano ancora corte, quanto per il fatto che il Napoli, a oggi, è una squadra senza identità. Che non ha solidità difensiva, che ha pochissimo gioco offensivo. Contro cui è davvero semplice difendere, e a dirlo è l’unico gol realizzato nelle ultime quattro partite. Per altro su palla inattiva. Conte deve intervenire soprattutto su questo, ha ancora tempo per farlo. Ma deve ritrovarsi anche lui, dopo essersi smarrito.

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