Vieira: «In Italia c’è titubanza a far giocare i giovani, spesso si pensa al risultato immediato»
Il tecnico aggiunge: «Doué è il miglior giovane in Europa. Ha mostrato il suo talento anche nella finale di Champions League»

Db Genova 21/12/2024 - campionato di calcio serie A / Genoa-Napoli / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Patrick Vieira
A pochi minuti dall’annuncio dei 25 finalisti del Golden Boy 2025, Patrick Vieira ha parlato con FootMercato dal centro di allenamento della Badia di Sant’Andrea a Genova.
Le parole di Vieira
Possiamo dire che il calcio francese sia ancora protagonista tra i giovani talenti del Golden Boy 2025. Come lo spieghi?
«I giovani hanno la possibilità di giocare in Ligue 1 molto presto, il che li motiva e li spinge a migliorare ogni giorno. È un contesto che permette ai giocatori di progredire più rapidamente rispetto ad altri campionati. Doué è il miglior giovane in Europa. Ha mostrato il suo talento anche nella finale di Champions League e continua a crescere al Psg. Ha superato momenti difficili, lavorando sodo senza mai arrendersi. È un esempio perfetto di come un club debba creare un ambiente in cui i giovani possano imparare dagli errori».
Il Psg sembra un modello di formazione con Zaire-Emery, Doué Mayulu, Mbaye e Ndjantou.
«Sì, il Psg è molto formativo, ma molti giocatori crescono in altri club, anche in Liga o in Italia. Ciò che conta è che i giovani possano giocare regolarmente per continuare a svilupparsi».
La tua esperienza da giovane giocatore a Cannes ti aiuta a guidare i giovani oggi?
«Ho avuto la fortuna di crescere in un ambiente che mi dava fiducia. Anche ai tempi dell’Arsenal, quando commettevo errori, Wenger continuava a credere in me. Quella fiducia è fondamentale per crescere».
Oggi i giovani vengono lanciati troppo presto nel calcio professionistico?
«C’è pressione economica, soprattutto in Francia, ma non sempre i ragazzi sono pronti. Devono svilupparsi gradualmente, con allenamenti tecnici, fisici e mentali, e avere supporto costante. Senza di questo rischiano di rimanere indietro».
Come gestisci concretamente il loro percorso in squadra?
«Se non giocano abbastanza in prima squadra, devono avere minuti nelle riserve una o più volte al mese. Giocare partite complete è fondamentale per il loro sviluppo. Nei grandi club, chi gioca abitualmente si allena di più, ma se ci limitiamo solo a questo, i giovani non progrediranno».
In Italia è complicato lanciare giovani talenti, vista la pressione sui risultati.
«C’è una certa reticenza perché si guarda al risultato immediato. Noi dobbiamo pensare a lungo termine e non perdere fiducia nei giovani. Il divario tra Primavera e Serie A è grande, e il poco tempo di gioco influisce sul loro sviluppo. È una sfida che va affrontata con attenzione».