Napoli-Genoa, ossia come e quanto i calciatori siano più importanti dei moduli di gioco. Molto più importanti
Le sue parole sul Napoli che «deve giocare da protagonista, anche concedendo qualcosa in più» ci dicono che gli azzurri non hanno ancora finito di sperimentare

Dc Napoli 05/10/2025 - campionato di calcio serie A / Napoli-Genoa / foto Domenico Cippitelli/Image Sport nella foto: Rasmus Hojlund-Sebastian Otoa
L’importanza dei moduli e quella dei calciatori
Dal punto di vista tattico, Napoli-Genoa 2-1 potrebbe essere ricordata, nel futuro prossimo, come una partita-svolta. Perché, di fatto, ha mostrato – per l’ennesima volta, in verità, ma nel corso di questa stagione non era ancora capitato – come e quanto i calciatori siano più importanti dei moduli di gioco. Molto più importanti. Guardando alla squadra di Conte, infatti, il ritorno al 4-3-3 (dal primo minuto) e poi il successivo ripristino del l 4-1-4-1 (dopo 10 minuti di gioco nella ripresa) passano in secondo piano rispetto all’impatto enorme avuto da coloro che sono entrati nel corso della partita: Kevin De Bruyne e soprattutto Leonardo Spinazzola. Allo stesso tempo, il “problema” del rendimento insoddisfacente di McTominay non è stato risolto schierando di nuovo lo scozzese come mezzala, e/o togliendo De Bruyne. Semplicemente, almeno in questo momento, l’ex Man United è un giocatore che non riesce a essere incisivo.
Questi sono i macro-temi che riguardano il Napoli. E poi, naturalmente, ci sono da aggiungere anche alcune considerazioni sul Genoa. Sul fatto che, per condensare tutto in poche parole prima di addentrarci nell’analisi, la squadra di Vieira abbia offerto una prestazione double-face: perfetta nel primo tempo e spenta nella ripresa. Una condizione inevitabile, viste le energie fisiche e nervose spese nella prima parte di gara. In cui il Napoli è stato a sua volta molle e prevedibile, su questo siamo d’accordo e ne parleremo, ma anche i rossoblu hanno avuto i loro meriti. E sono meriti importanti, come stiamo per vedere.
Il ritorno del 4-3-3 (più o meno)
Partiamo dall’inizio: per la gara tra Napoli e Genoa, Conte ha deciso di assemblare una squadra diversa rispetto a quella che ha sempre schierato in questa stagione. E quindi Milinkovic-Savic in porta (come vedremo, non è un fatto scontato), difesa a quattro con Di Lorenzo-Beukema-Juan Jesus-Olivera, Lobotka, Anguissa e McTominay a centrocampo, Neres a sinistra, Politano a destra e Hojlund punta centrale. Detto così sembra un 4-3-3 puro, ma la realtà è leggermente diversa. Sì, perché McTominay ha interpretato il ruolo di mezzala in maniera molto diversa rispetto ad Anguissa: lo scozzese ha tenuto una posizione più alta, soprattutto quando i compagni costruivano dal basso. Alla fine, quindi è più giusto parlare di un Napoli schierato con un sistema ibrido, oscillante tra il 4-3-3 e il 4-2-3-1. Anche i dati confermano queste sensazioni: nel primo tempo, Anguissa ha giocato 33 palloni, McTominay invece è arrivato a quota 26.
Due momenti del primo tempo in cui il Napoli imposta il gioco con il doble pivote composto da Lobotka e Anguissa
Come si intuisce chiaramente da queste immagini, il Genoa ha risposto a questo approccio in modo radicale. Al di là del modulo scelto, che a conti fatti era un 4-2-3-1, Vieira ha predisposto delle marcature uomo su uomo a tutto campo. Con accoppiamenti praticamente fissi. Hojlund veniva preso da Marcandalli, Vasquéz seguiva Anguissa, Frendrup braccava Lobotka e così via. Sempre guardando al primo tempo, questo sistema difensivo ha portato il Napoli a creare pochissimo, anzi praticamente niente: gli azzurri hanno tentato una sola conclusione verso la porta, con Politano al minuto 11. E nel corso di quell’azione, non a caso viene da dire, David Neres ha eseguito l’unico dribbling riuscito su 4 tentati nel primo tempo.
Una buonissima azione del Napoli (l’unica del primo tempo)
Quest’azione può sembrare marginale, nell’analisi tattica di un’intera partita, e invece è fondamentale. Perché il Napoli, con un altro dribbling (quello di Beukema) e poi con un buon movimento a fisarmonica di Hojlund, riesce a rompere il sistema di marcature del Genoa. A quel punto Olivera ha spazio da prendersi, mette i piedi e porta la palla nella metà campo del Genoa, poi dopo isola Neres nell’uno contro uno.Ecco: per tutto il resto del primo tempo, la squadra di Conte non è mai riuscita a imbastire queste manovre di tipo dinamico. Olivera ha messo insieme solo 13 tocchi nella metà campo avversaria, mentre Di Lorenzo ha superato quota 30.
Attaccare male = difendere male
Il Napoli, alla fine, ha pagato carissimo lo stress test predisposto dal Genoa. Perché è stato costretto ad attaccare male, cioè a salire con molti uomini nella metà campo avversaria, e così si è fatto trovare lungo in una delle (poche) sortite organizzate bene dalla squadra di Vieira. Si tratta del gol che arriva alla mezz’ora: dopo un lancio di Milinkovic-Savic che non trova nessuno, il Napoli sale male e si fa infilare il pallone tra le linee. A quel punto, Norton-Coffy (un terzino-sprinter che Vieira ha saggiamente schierato da esterno alto, con Sabelli a protezione) può puntare Olivera occhi negli occhi, lo supera e trova Ekhator a centro area. Colpo di tacco e palla in rete.
Il gol di Ekhator
Potremmo dire, e infatti lo facciamo, che il colpo di tacco di Ekhator è l’unica conclusione in area di rigore concessa al Genoa in tutto il primo tempo. Sì, avete letto bene: l’unica. Ma questo dato non cancella i demeriti del Napoli. La squadra di Conte, come già anticipato, ha attaccato poco e male per tutto il primo tempo. E questo problema ha determinato, a cascata, lo scompenso difensivo che ha portato al gol di Ekhator.
Nel calcio contemporaneo, l’efficacia di una fase di gioco finisce per incidere tantissimo sull’equilibrio di una squadra. E il fatto che il Napoli, come detto, abbia tentato una sola conclusione in tutto il primo tempo è piuttosto sintomatico. Certo, abbiamo visto che anche il Genoa ha i suoi meriti. Ma la prestazione offerta dagli uomini di Conte nel primo tempo è stata davvero negativa. Solo in avanti, qualcuno potrebbe dire. Ma è una problematica che basta e avanza, per meritare di andare all’intervallo sotto di un gol.
La ripresa
Dopo cinque minuti della ripresa, Politano si è fatto male. E così Conte ha accelerato con il piano che aveva in mente: inserimento di De Bruyne e Spinazzola, con Neres spostato a destra e ritorno al Napoli asimmetrico, senza esterno alto a sinistra. Anche questa è una lettura superficiale, perché in realtà l’ingresso di Spinazzola ha portato la squadra azzurra – che aveva già perso Lobotka, sostituito da Gilmour – a schierarsi con un sistema più fluido rispetto al primo tempo. E che prevedeva l’arretramento du De Bruyne a centrocampo in fase di costruzione, Anguissa e McTominay in costante proiezione avanzata e Spinazzola a sinistra per garantire ampiezza anche da quella parte. Più Di Lorenzo a sovrapporsi costantemente, sia all’interno che all’esterno.
In alto, vediamo il Napoli che si dispone in modo asimmetrico, facendo densità sulla destra e lasciando Spinazzola solo a sinistra. Sopra, invece, la squadra di Conte imposta con i due centrali che si allargano e con il doble pivote De Bruyne-Gilmour.
Questa disposizione fluida ha mandato in tilt il sistema di marcature del Genoa. È come se la squadra di Vieira, perdendo i suoi riferimenti fissi, avesse smarrito qualsiasi tipo di grip difensivo. Certo, su questa sensazione pesa anche l’inevitabile calo d’energia dei giocatori rossoblu, che nel primo tempo hanno speso tantissimo per andare a prendere i loro avversari. E che poi, nella ripresa, si sono ritrovati a non vederli nemmeno. Anche perché, con gli ingressi di Spinazzola e De Bruyne, Conte ha potuto aggiungere altri ingredienti al gioco della sua squadra. Primo tra tutti il ricorso al lancio lungo di Milinkovic-Savic.
Spinazzola e Milinkovic-Savic
Il gol di Anguissa nasce proprio da questa dinamica tattica, cioè da un lancio lungo del portiere serbo. E si può parlare di dinamica, lo dicono i numeri: Milinkovic-Savic ha cercato il passaggio verso i due terzi di campo offensivi per 18 volte. E 7 dei suoi tentativi sono andati a buon fine. Tra questi 7, come detto, c’è quello che ha messo il pallone sul piede di Spinazzola pochi istanti prima del colpo di testa vincente di Anguissa. Però, oltre alla precisione del portiere serbo e allo stop vellutato del terzino ex Roma, c’è anche da sottolineare come e perché sia nato quel lancio:
Il gol di Anguissa
Il Napoli fa possesso con i difensori, De Bruyne viene a impostare dal basso accanto a Gilmour, o quantomeno a farsi vedere per ricevere il pallone in posizione arretrata. Masini lo segue, esattamente come succedeva prima con McTominay, che a quel punto però si sposta in posizione di seconda punta e deve essere marcato da Sabelli: una condizione che libera spazio sulla sinistra a Spinazzola, a quel punto è automaticamente isolato, uno contro uno, occhi negli occhi con Norton-Coffy. Sabelli viene “richiamato” da quella situazione pericolosa, lo scivolamento è lento, il Napoli riempie l’area con Hojlund e McTominay. A rimorchio ci sono anche David Neres e Anguissa. Gol, 1-1 e palla al centro.
L’intensità del Napoli si alza, Spinazzola è imprevedibile – può muoversi in tutte le direzioni, come un esterno classico, come una mezzala, anche come un trequartista – ed è sempre grazie a lui che arriva il secondo gol. Pochi istanti dopo il palo colpito da Di Lorenzo sugli sviluppi di un corner, la squadra di Conte non si è ancora riordinata e così Spinazzola si ritrova a battere una rimessa laterale sulla destra. De Bruyne scala a sinistra per prendere il posto del suo compagno, che a quel punto resta al centro, si fa dare la sfera e parte in percussione.
Il Genoa non sa più chi e come marcare, De Bruyne è solo sulla sinistra, a centro area ci sono sempre due uomini fissi – Hojlund e McTominay più altri azzurri che arrivano a rimorchio. Tra cui Di Lorenzo, che fa sponda: tocco di McTominay, tiro di Anguissa e parata di Leali. Purtroppo, per il portiere del Genoa, la sua respinta finisce sui piedi di Rasmus Hojlund.
Il gol di Hojlund
Hojlund e De Bruyne
Come detto in apertura: sono i giocatori a fare la differenza. Nella fattispecie della gara col Genoa, Milinkovic-Savic e Spinazzola sono stati determinanti. Ma anche De Bruyne e Hojlund hanno avuto una parte centrale nella rimonta. Il belga ha servito un (altro) cross dolce eppure ficcante e avrebbe trovato anche un altro assist immaginifico, ancora per Hojlund dopo quelli pennellati contro lo Sporting, se non avesse ricevuto il pallone in (leggerissimo) fuorigioco. Il punto, però, è che la sua qualità e la sua anarchia posizionale – la caratteristica che, per alcuni, ha rappresentato il “problema” del Napoli in questa primissima parte di stagione – hanno disarticolato completamente le marcature uomo su uomo del Genoa. Per spiegare meglio di cosa parliamo, ecco la mappa dei 37 palloni giocati da KDB da quando è entrato fino al termine della gara:
In questo campetto il Napoli attacca da sinistra verso destra
E poi bisogna parlare anche di Rasmus Hojlund. Che ha segnato il gol decisivo della partita, e già solo questo basterebbe. Che è arrivato a quota 4 reti stagionali in 468 minuti giocati, ovvero una ogni 117′. E che, anche nel contesto del brutto promo tempo giocato dai suoi compagni contro il Genoa, ha mostrato quanto possa essere utile al gioco del Napoli. L’ammonizione di Marcandalli e poi quella del suo sostituto all’intervallo, Otoa, hanno aiutato gli azzurri a venire fuori dalla pressione altissima del Genoa. Inoltre vanno sottolineati gli 11 passaggi riusciti (su 13), il passaggio chiave servito a McTominay al minuto 51′, i 3 duelli palla a terra vinti con i difensori avversari.
Infine, ma non in ordine di importanza, il centravanti danese ha offerto sempre, sempre, sempre uno sfogo verticale al gioco del Napoli: i suoi continui movimenti davanti e poi alle spalle dei centrali avversari hanno stressato in modo perpetuo la difesa del Genoa, che è riuscita a tenere fin quando c’erano le energie necessarie per rinculare velocemente. Nella ripresa, queste energie non c’erano. Hojlund invece ha continuato ad andare fortissimo, ha tirato una sola volta verso la porta e ha fatto gol, ma è servito soprattutto come apriscatole. Come faceva Lukaku, in un modo diverso rispetto a Lukaku, ma è tutto il Napoli che sta continuando a cambiare.
Conclusione
Ecco, questa è la chiave di tutto. Il Napoli di Conte, come già sottolineato dopo la gara contro lo Sporting, è una squadra in via di trasformazione. Che non ha ancora una fisionomia definita e definitiva, e questo naturalmente può essere fonte di difficoltà – come avvenuto nel primo tempo della sfida contro il Genoa. Allo stesso tempo, però, la possibilità e la capacità di variare sono una virtù enorme. Anche, se non soprattutto, a partita in corso.
In questo senso, le morali venute fuori dalle ultime due gare sembrano essere confliggenti, in realtà vanno nella stessa direzione: se contro lo Sporting il ritorno al 4-3-3 aveva dato una scossa alla squadra di Conte, contro il Genoa è servito andare in direzione esattamente opposta. A funzionare è stato infatti il sistema ibrido con quattro centrocampisti, con il solo Spinazzola sinistra, con De Bruyne a supporto della costruzione. Sono proprio loro due, almeno in questo momento, gli uomini più creativi ed efficaci a disposizione di Conte. È bastato far entrare loro perché il Napoli cambiasse volto e anima, per alzare la qualità.
E si torna di nuovo al punto di partenza, al fatto che sia la condizione/ispirazione dei giocatori, molto più che la loro posizione in campo, a fare la differenza. In questo senso, forse, Conte avrà meno certezze rispetto allo scorso anno. Rispetto al suo modo “storico” di vedere il gioco del calcio. Ma le sue parole sul fatto che il Napoli «deve giocare da protagonista, anche concedendo qualcosa in più» ci dicono che gli azzurri non hanno ancora finito di sperimentare, di lavorare sul proprio assetto. E questa, vista la qualità dell’organico, è la miglior garanzia possibile per l’andamento e l’esito di questa stagione.