La rivoluzione tattica perpetua del Napoli di Conte

ANALISI TATTICA - Fluido e asimmetrico. Ha difeso anche a cinque. Cambi di ritmo. De Bruyne ne è già il motore. Poi verranno altri stress test

Napoli's Belgian midfielder #11 Kevin De Bruyne celebrates scoring his team's second goal during the Italian Serie A football match between Sassuolo and Napoli at the Mapei - Città del Tricolore stadium in Reggio Emilia, on August 23, 2025. (Photo by Stefano RELLANDINI / AFP)

Un Napoli fluido e asimmetrico

Domanda non retorica: la prima partita ufficiale di una nuova stagione può dare delle indicazioni precise, se non addirittura definitive, sull’assetto tattico di una squadra come il Napoli? La risposta è no, naturalmente. Ma chi ha visto la gara di Reggio Emilia contro il Sassuolo non può non avere percepito un cambiamento, anche piuttosto significativo, nell’approccio e nelle strategie di Antonio Conte. L’ennesimo cambiamento, viene da dire, dopo tutti quelli attuati – per scelta, per necessità, non ha importanza – lungo tutta l’annata sportiva 2024/25, culminata con la vittoria dello scudetto.

E allora si può parlare utilizzando altri termini, forse più impegnativi ma anche più realistici: il Napoli di Conte vive in una sorta di rivoluzione tattica perpetua, una rivoluzione portata avanti con coerenza anche nel ritiro precampionato di quest’anno e all’esordio contro il Sassuolo. Le parole d’ordine di questa rivoluzione, intese anche come concetti-guida dal punto di vista dei principi di gioco, sono fluidità e asimmetria. E l’obiettivo è la funzionalità, ovverosia sfruttare i talenti più luccicanti della rosa azzurra: Kevin De Bruyne e Scott McTominay, in rigoroso ordine alfabetico.

Ma cosa intendiamo per fluidità? E cosa vuol dire asimmetria? Per spiegarlo andiamo con ordine, ovvero partiamo dalle scelte iniziali fatte da Conte. L’allenatore del Napoli, esattamente come si era intuito nel corso della preparazione estiva, ha messo da parte il 4-3-3 puro e ha schierato la sua squadra con una sorta di 4-4-2 fluido e asimmetrico, appunto, che prevedeva le seguenti posizioni “teoriche”: linea difensiva con Di Lorenzo-Rrahmani-Juan Jesus-Olivera, Politano esterno di destra, Lobotka e Anguissa interni di centrocampo, McTominay a sinistra e De Bruyne alle spalle di Lucca. La verità, però, è che il Napoli non ha giocato con questo modulo:

Tre frame diversi, in cui il Napoli imposta il gioco con schieramenti diversi: la difesa a tre Rrahmani-Juan Jesus-Olivera, con Lobotka in mezzo a Rrahmani e Juan Jesus e i terzini alti, con soli due centrali, i due laterali difensivi in proiezione avanzata e (addirittura) De Bruyne a dare ampiezza a sinistra. Appena sopra, invece, trovate le posizioni medie tenute dai giocatori di Conte.

Le immagini che vedete sopra e le statistiche sulle posizioni medie dei giocatori del Napoli schiariscono subito le idee in merito ai concetti di fluidità e asimmetria. A Reggio Emilia, infatti, gli azzurri hanno alternato diverse disposizioni in fase di possesso: in alcuni frangenti hanno impostato il gioco con tre difensori puri (Rrahmani-Juan Jesus-Olivera), con Di Lorenzo che scalava accanto a Lobotka e Anguissa, Politano largo a destra e De Bruyne o McTominay accanto a Lucca; in altre occasioni, la squadra di Conte ha costruito dal basso alzando anche Olivera sulla linea dei centrocampisti, e in quel caso a retrocedere accanto ai centrali erano Lobotka e/o Anguissa. In altre occasioni ancora, i componenti della difesa potevano scaricare il pallone anche su De Bruyne, non soltanto sul solito Lobotka. Come dire: fluidità nella fluidità, fluidità al quadrato.

Per chi non può proprio fare a meno di definire le squadre di calcio attraverso un modulo di gioco, ovvero per chi ama snocciolare numeretti per blocchi a somma 10, si potrebbe dire che il Napoli, nella gara di Reggio Emilia contro il Sassuolo, abbia attaccato con una sorta di 3-4-3 spurio. Un sistema in cui però non c’erano esterni puri che davano costantemente ampiezza sul lato sinistro – ecco dove e quanto si manifesta il concetto di asimmetria – e in cui Di Lorenzo ha agito praticamente come mezzala, cioè sovrapponendosi a Politano soprattutto per direttrici interne. La mappa dei palloni giocati dal capitano azzurro è una prova significativa di questa dinamica.

In alto, tutti i palloni giocati da Di Lorenzo. Nei due frame, si vede il capitano del Napoli (cerchiato in azzurro) che assume una posizione interna rispetto a Politano, suo compagno di fascia.

In questo modo si è determinato un gioco offensivo nettamente sbilanciato sul lato destro; secondo i dati raccolti da Whoscored, il Napoli ha costruito addirittura il 47% delle sue azioni partendo dalla fascia di Di Lorenzo e Politano. Non a caso, viene da dire, il gol di McTominay è nato proprio con un’azione rifinita dall’ex esterno di Inter e Sassuolo, liberato da un triangolo con Di Lorenzo e Anguissa dopo un recupero palla e una verticalizzazione su Lucca:

Il gol di McTominay

Per quanto questa azione debba considerarsi estemporanea, perché frutto di un ribaltamento dopo un recupero palla di Frank Anguissa, il gioco a tre sulla fascia destra si è ripetuto moltissime volte. E infatti tutti i 10 cross tentati dal Napoli sono arrivati da quel lato. Sì, avete letto bene: tutti, 10 su 10. Nemmeno una volta i giocatori di Conte hanno scodellato il pallone in area dalla fascia sinistra. Ecco, forse qusesto è il dato/modo migliore per spiegare cosa intendevamo, prima, quando parlavamo di asimmetria. Asimmetria tattica, asimmetria creativa.

La difesa a cinque, una solida certezza

A Reggio Emilia, quando si è trattato di difendere, il Napoli ha pensato e si è mosso in modo diverso. Nel senso che il sistema fluido creato da Conte diventava decisamente meno fluido: nella maggior parte dei casi, infatti, Politano retrocedeva fino ad affiancarsi a Di Lorenzo, McTominay si spostava accanto a Lobotka e Anguissa mentre De Bruyne rimaneva più vicino a Lucca. E quindi sì, il Napoli ha difeso contro il Sassuolo schierandosi con il 5-3-2. Esattamente come è successo molto, molto spesso nel corso della scorsa stagione.

Poi certo, come detto anche da Conte (nella conferenza stampa post-gara) ci sono stati dei momenti della partita in cui il pressing e/o le scalate per seguire i giocatori del Sassuolo hanno portato il Napoli a difendersi con il 4-5-1. Ma la maggior parte delle (poche) azioni imbastite dal Sassuolo si sono infrante sulla solidità di un Napoli schierato con cinque difensori.

Due momenti in cui si vede chiaramente la linea a cinque del Napoli in fase difensiva (nel primo frame, Olivera è fuori inquadratura)

Questa scelta ha funzionato, a dirlo sono i numeri: nel primo tempo, il Sassuolo è riuscito a tirare una sola volta verso la porta di Meret, per altro da posizione piuttosto velleitaria e con un giocatore, Josh Doig, che di mestiere fa l’esterno basso a sinistra. Nella ripresa, la squadra di Grosso ha messo insieme 6 conclusioni tentate, di cui appena 2 dall’interno dell’area di rigore. L’unico intervento compiuto da Meret, per altro in modo incerto, è arrivato su un tiro da fuori di Muharemovic. Stop, fine delle trasmissioni.

A questi ottimi numeri difensivi vanno abbinate anche delle statistiche abbastanza positive in fase offensiva: il Napoli ha accumulato il 62% di possesso palla, 13 conclusioni tentate, 7 azioni manovrate terminate con un tiro verso la porta, due pali colpiti. E, naturalmente, 2 gol. Insomma, si può parlare di una partita giocata bene per non dire dominata, con pochissime occasioni concesse e una grande padronanza quando c’era da gestire la palla. E infatti Conte, nel postpartita, ha parlato apertamente di «essere proattivi in fase di possesso», di «gioco senza punti di riferimenti». Ma soprattutto ha detto una frase che in qualche modo segna e segnerà la stagione della sua squadra: «Avere il dominio ci fa sprecare meno energia».

Kevin De Bruyne, tuttocampista

In un’analisi tattica di Sassuolo-Napoli 0-2, è impossibile non parlare di De Bruyne. A maggior ragione dopo aver citato la frase sul dominio detta da Conte nel postpartita, frase che ha seguito quest’altra affermazione-chiave: «Stiamo cercando di capire come inserire De Bruyne mantenendo i tre centrocampisti dello scorso anno». Ecco, la chiave del nuovo Napoli sta tutta qui, in questo lavoro di riadattamento che Conte deve fare, sta facendo, per sfruttare De Bruyne in un ecosistema preesistente al fuoriclasse belga. In un ecosistema in cui McTominay si inserisce in area di rigore, ed è giusto che lo faccia perché è letale. In un ecosistema di cui Lobotka e Anguissa sono cervelli e mastice.

La risposta di KDB, dal punto di vista squisitamente tattico, è stata intelligente. L’ex Manchester City si è mosso e ha agito da motore creativo ma anche da motore in senso assoluto, è arretrato per andare a farsi dare la palla, si è allargato a destra, a sinistra, ha fatto il trequartista e la seconda punta accanto a Lucca. Nel finale, col Sassuolo in dieci e il risultato in ghiaccio, Conte è passato al 4-3-3 (con gli ingressi di Lang e David Neres) e ha spostato il belga nel ruolo di prima punta, per quanto atipica. E anche in quel frangente, per quanto breve, KDB ha continuato a fare il tuttocampista.

Tutti i palloni giocati da Kevin De Bruyne

Poi certo, esistono tuttocampisti e tuttocampisti. Nel caso di Kevin De Bruyne, stiamo parlando di un tuttocampista di enorme qualità. Che, nel giorno del suo esordio in una nuova squadra, ha saputo mettere insieme 3 tiri tentati, 3 passaggi chiave (record tra tutti i calciatori in campo a Reggio Emilia), 5 passaggi filtranti tentati di cui 2 riusciti (anche questi sono due record tra tutti i calciatori in campo a Reggio Emilia). E poi il gol su punizione. Non diretta e non deviata, quindi si tratta di una marcatura “casuale”, ma questo non cambia la sostanza.

Alla fine, in virtù di tutto questo, ciò che resta è la sensazione per cui De Bruyne abbia avuto un impatto immediato sul Napoli. Per la squadra di Conte e per lo stesso Conte è una buona notizia. Perché l’inserimento di un giocatore così influente – e così forte – avrebbe potuto anche provocare scompensi. A maggior ragione se si pensa che, di fatto, a Reggio Emilia abbiamo visto lo stesso Napoli del rush finale dello scorso campionato, però con Lucca e De Bruyne al posto di Lukaku e Raspadori.

Per dirla in poche parole: non era scontato che gli azzurri potessero risultare subito così equilibrati, anche così pratici, pur affrontando un cambiamento di questa portata. Come dire: la rivoluzione tattica perpetua non è un pranzo di gala, è una condizione difficile da vivere. Eppure Conte sta riuscendo a imporla, a portarla avanti. Sarà interessante capire a cosa e fino a dove porterà.

Piccola annotazione per nostalgici: Olivera vs Berardi

A Reggio Emilia, contro il Sassuolo, abbiamo rivisto anche un pezzo di calcio retrò: una vera e propria marcatura a uomo. Per intenderci: di quelle alla Bearzot, quelle assegnate a tavolino per annullare un avversario, non il frutto di un sistema di pressing coordinato e armonico. Stiamo parlando del lavoro fatto da Olivera su Berardi, seguito letteralmente a tutto campo ogni qual volta entrava in possesso di palla. La scelta di Conte ha funzionato: l’attaccante esterno del Sassuolo si è reso pericoloso in una sola occasione, all’inizio del secondo tempo, con una (bella) conclusione in diagonale di sinistro. Per il resto, nient’altro da segnalare: zero passaggi chiave, zero cross completati, 3 palle perse su 24 complessive giocate (un numero piuttosto basso).

Conclusioni

Sarebbe sbagliato credere che il Napoli abbia già trovato la formula giusta o definitiva. Molto banalmente, questo nuovo-vecchio sistema di gioco andrà testato contro avversari più ambiziosi e di maggior qualità rispetto al Sassuolo di ieri, una squadra ancora incompleta e con diversi elementi con poca (o zero) esperienza in Serie A. Resta il fatto, però, che le prime impressioni/sensazioni sono positive. Pur con un nuovo assetto tattico, il Napoli di Conte ha dimostrato di saper leggere e quindi gestire la partita, di riuscire ad alternare fasi ad alta intensità a momenti in cui il possesso palla diventa più conservativo, senza tralasciare i momenti in cui è necessario compattarsi e difendersi. A Reggio Emilia non sono stati tanti, ed è proprio questo lo stress test che occorrerà fare nelle prossime gare.

I margini di crescita sono ancora evidenti, ma anche i riscontri fisici sono stati positivi: da De Bruyne – per quanto ancora leggermente appesantito – in giù, i calciatori di Conte non hanno accusato cali improvvisi o flessioni vistose, hanno tenuto le distanze in campo e non hanno mai rinunciato a verticalizzare velocemente una volta recuperato il pallone. Anche il pressing ha funzionato piuttosto bene, il baricentro non è stato mai basso e le riaggressioni sui portatori di palla del Sassuolo sono state costanti, a volte tre o quattro giocatori in maglia bianca riuscivano a braccare quelli in neroverde.

Insomma, si può dire: per il Napoli, i segnali arrivati da Reggio Emilia sono tutti confortanti. In attesa di capire come finirà il mercato, Conte ha già una buonissima base da cui ripartire. Per vincere le partite, ma anche per sperimentare, per inventarsi cose mai viste o comunque nuove. Lavorando così ha vinto lo scudetto dello scorso anno, lavorando così ha cominciato la sua seconda stagione col piede giusto, con passo sicuro.

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