Bonucci: «Ronaldo ha tolto umiltà alla Juve, pensavamo che bastasse lui per vincere»

Intervista a The Athletic: "Il calcio italiano sta cambiando perché la qualità dei calciatori non è altissima e quindi l’allenatore deve incidere di più"

Bonucci

Db Torino 26/09/2021 - campionato di calcio serie A / Juventus-Sampdoria / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: esultanza gol Leonardo Bonucci

Ronaldo è stato un problema per la Juve. Ne ha anche risolti tantissimi, ma la sua sola presenza ha cambiato faccia e testa al club. Leonardo Bonucci, in una lunga intervista a The Athletic, ammette che uno così corrompe lo spirito, alla lunga.

“Credo sia stato questo il problema, il fatto di pensare che un giocatore, seppur il più forte al mondo, potesse regalare alla Juve una vittoria certa. Quindi ha condizionato tanto la presenza di Cristiano. A noi solo allenarci con Ronaldo ci dava qualcosa in più ma inconsciamente si è pensato che solo la sua presenza bastasse per vincere. Invece il lavoro quotidiano, l’umiltà, il sacrificio, la voglia di mettersi a disposizione del compagno giorno dopo giorno è venuta un po’ a mancare e si è visto negli ultimi anni. L’anno scorso siamo arrivati quarti e abbiamo vinto la Coppa Italia perché ci siamo ritrovati come squadra. Se buttavi un pezzo di legno nello spogliatoio prendeva fuoco tanta era l’elettricità che c’era prima di quelle partite quindi è quello che a noi è mancato, forse davano per scontato che davamo la palla a Cristiano e risolveva la partita invece Cristiano aveva bisogno di tutta la squadra come Cristiano aveva bisogno di lui. Ci deve essere sempre uno scambio, la squadra esalta l’individuo anche se l’individuo è il migliore al mondo”.

Bonucci dice anche di essere stato più volte vicino al City di Guardiola:

“La più concreta nel 2016, eravamo ai dettagli poi la Juve non mi vendeva e io avevo il sogno di essere allenato da Pep. Abbiamo deciso con la Juve di continuare insieme. Quando sono andato al Milan, potevo andare al City ma c’erano cose che si dovevano incastrare e io non volevo aspettare. Avevo dato parola al Milan. L’anno scorso ho parlato con Pep che mi voleva ma sono stato io a dirgli ‘questa è casa mia’ sto bene qui e mi sento a casa. Devo riconquistare il terreno perso con quell’anno a Milano ma questo è uno stimolo non una paura, tornare ad essere il simbolo della Juve per me è la cosa più eccitante che ci possa essere in questo momento della mia carriera”.

Si vede futuro allenatore e sottolinea che, soprattutto, in Italia, avere un allenatore bravo può risultare decisivo:

Il calcio italiano sta cambiando perché la qualità dei calciatori non è altissima e quindi l’allenatore deve incidere di più. In quel modo Guardiola ha esaltato tanti giocatori della cantera del Barcellona che nessuno conosceva. Aveva 3-4 campioni e lui ha iniziato a mettere dentro le sue idee con tanti giocatori della Cantera che avevano qualità ma non erano grandissimi giocatori, si sono costruiti nel tempo. Mourinho secondo me è un grandissimo allenatore e motivatore”,

Anche se mia moglie è contraria e mi vorrebbe più a casa vorrei fare l’allenatore. Ora penso al presente, nella vita non si sa mai quello che succederà, magari smetterò di giocare tra 3-4-5 anni e dirò non ne posso più di stare nei ritiri e mi godrò la vita ma la voglia di fare l’allenatore c’è. Ho un quaderno di appunti da diversi anni e soprattutto da quando ho conosciuto Conte, un allenatore molto importante che mi ha cambiato la carriera anche per la mentalità che ha dato a me, alla Juventus, per le conoscenze calcistiche che ci ha trasmesso. Da lì ho cercato di rubare ad ogni allenatore, ho avuto la fortuna di avere grandi allenatori e questo mi ha facilitato”.

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