L’editorialista di Repubblica se la prende con la “pretesa” di alcune categorie di vedersi rimborsato dallo Stato tutto il perduto a causa della pandemia
Michele Serra, ieri su Repubblica, ha scritto poche righe decisamente impopolari sulla questione “ristori”. Dando il là a lunghissime ore di indignazione sui social. L’editorialista, in sintesi, se la prende con le lamentele di alcune categorie sugli aiuti di Stato insufficienti a coprire le perdite dovute alle restrizioni per la pandemia.
Serra scrive, nell’estratto che riprende Dagospia:
«Nel delicato e inevitabile tira e molla sui ristori, […] dispiace sentire, quasi in ogni tigì, rappresentanti di categoria lamentarsi perché i quattrini in arrivo non coprono la perdita subita, se non in parte. Ci si domanda chi abbia risarcito i nostri nonni, i nonni dei nostri nonni, […] dei lutti e dei rovesci indotti dalla caterva di guerre e pestilenze […] Ve lo dico io: zero risarcimenti, e un sospiro di sollievo se si era ancora vivi e con un po’ di pane in dispensa».
E ancora:
«Pretendere che TUTTO quello che è stato perduto a causa della pandemia ora piova dal cielo, è abbastanza protervo e parimenti sciocco: la sfiga esiste […] per tutti, da sempre, così come non esiste il diritto alla fortuna, alla ricchezza, al reddito invariato nei secoli. […] alcune delle categorie più indignate per l’esiguità dei ristori sono le stesse che hanno contribuito […] a fare cassa comune, ovvero a pagare le tasse in proporzione agli incassi. Avessero almeno l’eleganza di fare finta di niente».