Conte ha spremuto tutte le energie possibili per far riprendere il Napoli dopo il crollo. Ora ne paga le conseguenze
ANALISI TATTICA - L'Udinese aveva più muscoli del Napoli, il calcio è anche questo. Ha ragione Conte, si doveva partire a casa lo 0-0

Mg Udine 14/12/2025 - campionato di calcio serie A / Udinese-Napoli / foto Matteo Gribaudi/Image Sport nella foto: Matteo Politano
Impatto fisico
Tutto ciò che è successo nel corso di Udinese-Napoli 1-0 si spiega a partire da concetti puramente fisici. Persino le dinamiche tattiche e le intuizioni tecniche dei calciatori, che piaccia o meno ai puristi del gioco, devono essere raccontate a partire da aspetti come le caratteristiche antropometriche, l’energia presente nei muscoli, le possibilità di alternare gli uomini da parte degli allenatori. Non è un alibi, non deve esserlo: il Napoli non è l’unica squadra che sta facendo i conti con un calendario infernale. Ma resta il fatto che Conte, in questo momento, è impossibilitato a fare un reale turn over. E si è ritrovato di fronte una specie di esercito della salvezza composto solo da corazzieri enormi. Da giocatori alti, super-muscolari, resistenti alla fatica e, quindi, in grado di tenere ritmi altissimi per un’intera partita.
Se non ci credete, beh, abbiamo fatto noi il lavoro per voi. Ecco le misure dei giocatori schierati da Kosta Runjaic, allenatore dell’Udinese, per la partita contro il Napoli: il portiere Okoye è alto 198 centimetri. Oumar Solet è alto 192 centimetri. Christian Kabasele è alto 187 centimetri. Thomas Kristensen è alto 198 centimetri. Alessandro Zanoli è alto 188 centimetri. Jakub Piotrowski è alto 188 centimetri. Jesper Karlström è alto 185 centimetri. Nicolò Bertola è alto 192 cenitmetri. Jurgen Ekkelenkamp è alto 188 centimetri. Nicolò Zaniolo è alto 190 centimetri. Keinan Davis è alto 189 centimetri.
Questo elenco non significa nulla in senso assoluto, ma dice tantissimo sul caso di specie: in occasione di Udinese-Napoli, una squadra con queste misure atletiche – e che quindi dava garanzie un certo impatto fisico – era come un uomo col fucile, di fatto. Mentre la squadra di Conte, per la condizione in cui si trova al momento, non può che essere considerata come l’uomo con la pistola.
L’esempio perfetto
Per capire quello che intendiamo, quando parliamo di impatto fisico, si può andare a ripescare quella che, a conti fatti, deve essere considerata come l’unica vera occasione costruita dal Napoli prima dell’assalto finale a schemi completamente saltati, con la disposizione iniziale e senza il passaggio al 4-2-4 emergenziale – tutte cose di cui parleremo tra poco. Siamo al minuto 10′, quando la partita ancora non si è incanalata sui binari che poi percorrerà fino alla fine. E succede questo:
Un’azione significativa, una delle pochissime del Napoli
Il Napoli arriva a un passo dal gol, si può dire a un passo perché l’anticipo di Bertola su Lang è rischioso quanto provvidenziale, grazie a due giocate essenzialmente fisiche: il duello vinto da Hojlund contro Kabasele, il suo angelo custode per tutta la gara, e la sgasata di Spinazzola sull’out sinistro. Poi è chiaro, il cross al centro avrebbe potuto essere più veloce, più tagliente, ma Lang è nella posizione giusta e Spinazzola fa esattamente quello che deve. È Bertola che compie un grandissimo intervento difensivo.
Ecco, questa azione è stata praticamente un unicum. Nel senso che, prima e dopo il duello vinto da Hojlund e la sgasata di Spinazzola, i giocatori del Napoli non sono mai riusciti a prevalere contro i loro avversari dal punto di vista fisico. Perché, come abbiamo rilevato in precedenza, stiamo parlando di giocatori davvero tosti, davvero difficili da fronteggiare.
E poi perché, altro aspetto da cui non si può prescindere, il Napoli è una squadra totalmente esausta, a secco di energie. Nove degli undici giocatori schierati come titolari a Udine, Elmas ha preso il posto di Lobotka dopo l’infortunio e l’unica new entry risponde al nome di Leonardo Spinazzola, erano reduci dalle gare giocate contro Atalanta, Qarabag, Roma, Juventus e Benfica. Tra Roma e Juventus, poi, c’è stata anche Napoli-Cagliari di Coppa Italia, partita in cui sono scesi in campo Milinkovic-Savic, Sam Beukema, Eljif Elmas (come titolari), Alessandro Buongiorno, David Neres, Scott McTominay, Rasmus Hojlund e Noa Lang (da subentrati). Come dire: difficile pensare che questi giocatori potessero dare e quindi fare molto di più
Il Napoli ha ceduto alla distanza
E infatti il Napoli di Conte ha perso la partita nella ripresa. Nel primo tempo, al di là dell’occasione potenziale sventata da Bertola, non sono state costruite delle palle-gol davvero degne di questa definizione. Sì, anche nella prima frazione l’Udinese ha tirato molto di più rispetto al Napoli (8 conclusioni tentate per la squadra bianconera, 2 per gli azzurri), ma Milinkovic-Savic ha dovuto compiere solo 2 interventi. Anche piuttosto facili. Sì, è vero anche che, prima dell’intervallo, l’Udinese ha dato la sensazione di essere più in palla, più registrata e più quadrata del Napoli, ma queste sensazioni non si sono concretizzate nell’area di rigore della squadra di Conte. E nel tabellino.
Nella ripresa, però, la pressione puramente fisica della squadra di Runjaic non è diminuita: è aumentata, è cresciuta in maniera progressiva. E così il Napoli è stato letteralmente travolto, sono i numeri a dirlo: dall’inizio della ripresa fino al gol di Ekkelenkamp, l’Udinese ha messo insieme 9 conclusioni verso la porta di Milinkovic-Savic, di cui 3 finite nello specchio e 4 scoccate dall’interno dell’area di rigore. Senza contare i due gol giustamente annullati, il primo per fuorigioco e il secondo per fallo su Lobotka. La squadra di casa, inoltre, ha dominato i duelli individuali (11 contrasti vinti contro 4) e ha anche intercettato 5 passaggi dei giocatori in maglia azzurra senza ricorrere al contatto fisico – un segnale eloquente di mancanza di lucidità, da parte della squadra di Conte.

Tutti i contrasti vinti dall’Udinese dall’inizio della ripresa fino al gol di Ekkelenkamp. In questo campetto, la squadra bianconera attacca da sinistra verso destra.
Il bello è che tutti questi dati vengono fuori da un segmento di partita, dal minuto 46 al minuto 73, in cui il Napoli ha tenuto il 65% del possesso. Sì, avete letto bene: mentre l’Udinese dava l’impressione di dominare la gara, e in effetti l’ha dominata e l’ha vinta proprio in quei momenti, era il Napoli a tenere di più il pallone. Inutilmente, in maniera infruttuosa, e il punto è proprio questo. Di fatto, la squadra di Conte ha ceduto alla distanza, si è inesorabilmente consegnata all’Udinese.
Non è un caso, ovviamente non può esserlo, che Conte abbia detto le seguenti frasi nel postpartita: «Ci sono situazioni in cui bisogna usare mestiere e astuzia. Quando il vento inizia a girare contro, facciamo fatica a gestire la situazione. Oggi non siamo riusciti a farlo per questi 20 minuti, poi dopo il gol era come se ci fossimo liberati e abbiamo ripreso ad attaccare. Io faccio fatica a muovere delle critiche perché io vedo cosa fanno questi ragazzi e come stanno affrontando questa emergenza, quello che possiamo fare è continuare a lavorare e provare a migliorare queste situazioni che non sono facili perché non sono di tattica».
Ecco, in realtà Udinese-Napoli è tutta qui. L’emergenza di cui parla Conte riguarda gli infortuni e quindi la mancanza di cambi e di energie supplementari. Il richiamo all’astuzia e al mestiere va nella direzione per cui, nell’arco di una stagione, ci sono partite che una squadra non può vincere, semplicemente. Per contingenze sfortunate, per incastri complicati, per difficoltà oggettive e insormontabili. Ecco, quelle partite non devono essere perse. A Udine, per dirla proprio in modo crudo, il Napoli avrebbe dovuto resistere e portare a casa lo 0-0, visto che non aveva benzina a sufficienza per poter fare di più.
Il ricordo dello scorso anno (e di Romelu Lukaku)
A pensarci bene, anche un anno fa l’Udinese mise in grande difficoltà il Napoli. Nel match d’andata in Friuli gli azzurri andarono sotto nel primo tempo, poi nella ripresa pareggiarono grazie a una giocata di puro strapotere atletico di Romelu Lukaku. Una grande azione personale di David Neres e un’altra percussione di Anguissa, altro calciatore con enormi qualità fisiche, determinarono l’1-3 finale. Nel match di ritorno al Maradona, gli azzurri sbloccarono la partita con un colpo di testa di McTominay, ma poi si fecero raggiungere (da un altro gol bello e complicato di Ekkelenkanp) e non riuscirono a prendersi i tre punti.
Tutto questo per dire che la squadra di Runjaic è geneticamente indigesta a quella di Conte. Che i bianconeri hanno rotto le scatole agli azzurri anche in una stagione finita con lo scudetto. E che bisogna necessariamente parlare per un attimo di Romelu Lukaku, delle differenze che esistono ancora – perché esistono – tra lui e Rasmus Hojlund. È un discorso di continuità nel contributo e nelle prestazioni, di garanzie tecnico-tattiche: per quanto Conte stia lavorando su di lui, il centravanti danese non ha la costanza di rendimento di Big Rom.
A Udine Hojlund non ha giocato male, sarebbe ingeneroso arrivare a spendere parole del genere, ma ha vinto sooltanto 2 duelli su 9 con la palla a terra, più altri 2 (su 7) con la palla in aria. Si è mangiato un gol clamoroso che però sarebbe stato annullato per fuorigioco, ma soprattutto ha perso tutti gli uno contro uno con Christian Kabasele. Ha servito un ottimo cross a Lucca dopo il passaggio al 4-2-4, ma anche lui è finito nel tritacarne di una partita che il Napoli non è mai riuscito a prendersi davvero. Se non nei minuti finali, quando Conte ha varato l’assetto-confusione per cercare di portarsi via almeno un punto.
Il 4-2-4 può essere un’opzione?
I cambi effettuati dal tecnico azzurro (dentro Politano, Lobotka, Olivera Gutiérrez e Lucca, fuori Beukema, Lang, Buongiorno, Spinazzola ed Elmas) hanno determinato un 4-2-4 iper-offensivo. Con Olivera e Rrahmani centrali, con Di Lorenzo e Gutiérrez esterni, con Lobotka e McTominay davanti alla difesa. Con una linea a quattro offensiva composta da Politano, Lucca, Hojlund e David Neres. È con questa disposizione, anche se solo negli ultimi concitati minuti finali, che il Napoli ha creato le occasioni più nitide della sua partita. Non è riuscito a concludere nello specchio della porta di Okoye, ma in alcuni momenti ha messo in difficoltà la difesa dell’Udinese.

Il 4-2-4 del Napoli a fine partita
Viene inevitabilmente da chiedersi: questo tipo di sistema, con due attaccanti puri, può diventare un’opzione reale per il Napoli. Magari non dal primo minuto di gioco, ma non per forza negli ultimi dieci e a risultato già compromesso? In realtà non c’è una risposta, nel senso che fino a qualche ora fa – cioè fino a Benfica-Napoli – Conte aveva a disposizione solo 15 giocatori di movimento compresi Vergara e Ambrosino. E solo alla vigilia della sfida contro l’Udinese ha recuperato Lobotka e Gutiérrez. In ogni caso, però, un sistema così – anche solo ipoteticamente – audace potrebbe essere una naturale conseguenza dell’abitudine, ormai consolidata dal Napoli, di giocare con il doble pivote davanti alla difesa.
L’idea di implementare questa ulteriore soluzione tattica potrebbe essere ancora più interessante in vista del rientro di Romelu Lukaku. Che, per caratteristiche tecnico-fisiche e per intelligenza, potrebbe tranquillamente convivere con un altro attaccante “pesante” come Hojlund o Lucca. Lo abbiamo detto qualche riga più su: in questo momento, al Napoli manca una punta in grado di catalizzare la manovra in maniera ricorrente, in maniera costante. Hojlund può farlo, sta imparando a farlo, ma non è ancora Lukaku. Mentre l’allenatore del Napoli è ancora Antonio Conte.
Conclusioni
Considerando le premesse con cui era iniziato questo intensissimo ciclo di partite, ciclo che per altro non è ancora finito, il Napoli non può e non deve buttarsi giù per la sconfitta di Udine. Certo, magari Politano e/o Spinazzola avrebbero potuto giocare qualche minuto in più nelle ultime partite, ma stiamo parlando di dettagli veramente minimi. La verità è che Conte ha spremuto tutte le energie possibili dalla sua squadra, doveva necessariamente farla riprendere dopo il crollo accusato nella prima metà di novembre. E ci è riuscito, solo che l’ha fatto con pochi uomini a disposizione. Ne ha pagato le conseguenze a Lisbona e a Udine, contro due squadre che avevano tutti gli strumenti per colpire il Napoli laddove era più vulnerabile: sul fisico, sull’intensità.
Paradossalmente, ma neanche tanto, la rivoluzione di Conte – difesa a tre e aumento esponenziale dell’intensità difensiva – si è andata a infrangere contro le prime due avversarie che avevano ancora più energia e aggressività del suo Napoli. E a certi livelli non importa – o comunque importa poco – che Benfica e Udinese avessero e abbiano valori tecnici decisamente inferiori a quelli degli azzurri: nel calcio di oggi, che piaccia o meno ai puristi del gioco, chi non è al massimo fisicamente fa fatica a battere chiunque.
Ora la vera domanda è: come farà la squadra di Conte a ricaricare le batterie? Basteranno i ritorni di Lobotka e Gutiérrez, in attesa di quelli di Lukaku, De Bruyne e Anguissa? La risposta a questa domanda la riceveremo presto, e in fondo il vero problema è proprio questo: giovedì sarà già Supercoppa Italiana, contro il Milan e in Arabia Saudita. Non proprio lo scenario migliore per recuperare energie, ma questo è il calcio di oggi. Che piaccia o meno ai puristi del gioco.











