Conte ha trasformato il Napoli in un laboratorio di idee
Dalla difesa a due in costruzione a Di Lorenzo fulcro del gioco, fino a Politano e Hojlund. Dall'emergenza, Conte ha creato un progetto sofisticato e con margini di crescita tutti da esplorare

Mg Cremona 28/12/2025 - campionato di calcio serie A / Cremonese-Napoli / foto Matteo Gribaudi/Image Sport nella foto: Rasmus Hojlund-Matteo Bianchetti
Un esperimento visionario
Il passaggio al 3-4-3 non è solo la mossa che ha cambiato in meglio la stagione del Napoli di Antonio Conte. È qualcosa di più, è un evento che ha dato il via all’esperimento calcistico più visionario, e quindi più interessante, tentato da un allenatore di Serie A negli ultimi anni. In questo senso, l’andamento e le statistiche della partita contro la Cremonese sono una vera e propria cartina tornasole, nel senso che offrono una testimonianza molto significativa dell’enorme lavoro fatto dal Napoli, sul Napoli. È un discorso di efficacia ma anche di pura inventiva tattica, nel senso che la squadra di Conte sta esprimendo dei concetti e sta attuando dei meccanismi tutti nuovi, praticamente mai visti prima. Non solo a Napoli, ma proprio in generale.
Riguardo la partita di Cremona, per esempio, si potrebbe dire che gli azzurri non abbiano davvero giocato con una difesa a tre, ma con un reparto arretrato composto solo da due uomini, Rrahmani e Juan Jesus. Di Lorenzo, infatti, ha interpretato il ruolo di braccetto in modo ambizioso e offensivo, con duetti e interscambi costanti con Politano e con Neres, con percussioni palla al piede, con tocchi ordinati per far salire la squadra.
E ancora: in realtà Elmas non ha giocato come esterno sinistro offensivo, ma si è mosso più come trequartista/mezzala, come ingranaggio interno che lasciava spazio in ampiezza a un altro regista laterale come Leonardo Spinazzola. Ovviamente adesso andremo a sviscerare tutte queste letture, ma era necessario snocciolarle tutte fin dall’inizio: era ed è l’unico modo per rendere omaggio istantaneo, senza perdere troppo tempo, alla rivoluzione firmata da Conte. A un disegno tattico che è nato come risposta a una clamorosa emergenza-infortuni, ma che si sta trasformando in un progetto sofisticato e con margini di crescita tutti da esplorare.
Giovanni Di Lorenzo
Per affrontare la Cremonese, Conte non ha cambiato uomini rispetto alla vittoria contro il Bologna nella finale di Supercoppa Italiana. Quindi ecco Di Lorenzo nel ruolo di braccetto, accanto a Rrahmani e Juan Jesus. Quindi ecco il doble pivote composto da Lobotka e McTominay, con Politano e Spinazzola esterni di centrocampo. Infine, ecco il tridente avanzato composto da David Neres, Elmas e Hojlund.
Nonostante tutte queste conferme in blocco, il Napoli ha giocato una partita completamente diversa. Più sofisticata dal punto di vista offensivo. E la prima mossa, in questo senso, va individuata nelle attribuzioni di Giovanni Di Lorenzo. Il capitano del Napoli, infatti, non è stato solo un braccetto di difesa: è stato il il calciatore in campo ad aver toccato in campo più palloni, 76. È stato un terzino nel vero senso della parola, come si vede chiaramente dalla sua mappa dei palloni giocati:

Tutti i palloni giocati da Di Lorenzo (in questo campetto il Napoli attacca da destra verso sinistra)
La posizione media e le attribuzioni di Di Lorenzo hanno determinato, per il Napoli, un vero e proprio smottamento del modulo di gioco. Perché se il terzo/braccetto di difesa approccia alla partita in modo così offensivo, parlare di difesa a tre – quantomeno in fase di costruzione – diventa superficiale, se non del tutto errato. È più corretto, perché è semplicemente più realistico, parlare di difesa a due: Rrahmani e Juan Jesus hanno impostato dal basso sostenuti da Lobotka e McTominay, per poi aprire subito il gioco sulle fasce, verso Spinazzola – a cui Elmas ha sempre lasciato molto spazio in ampiezza – e/o dalla parte di Di Lorenzo, Politano e Neres.
Anzi: soprattutto dalla parte di Di Lorenzo, Politano e Neres: secondo le rilevazioni di Whoscored, la squadra di Conte ha costruito addirittura il 45% delle sue azioni sulla fascia destra. Una conferma – o anche un’esasperazione, se volete – di quell’asimmetria che ha caratterizzato la tattica degli azzurri anche nelle gare di Supercoppa.



Nei primi due frame, si vede chiaramente la fase d’impostazione del Napoli con due centrali e due terzini larghi. Sopra, invece, trovate le posizioni medie dei giocatori azzurri durante il match contro la Cremonese.
È chiaro che questa strategia sia stata pensata e attuata in funzione della partita di Cremona, in base alle caratteristiche della squadra di Nicola. Che ha un approccio e uno stile essenziali ma non speculativi, che tende ad alzare i ritmi difensivi senza però scoprirsi troppo, che preferisce difendersi per blocchi e poi ribaltare velocemente il fronte di gioco – non a caso i grigiorossi sono primi in Serie A per lanci lunghi sbagliati, addirittura 37,6 per match. Di fatto, quindi, Conte ha dovute creare le condizioni per non impantanarsi nella trappola avversaria. E ci è riuscito, mostrando una volta di più quanto il suo nuovo sistema possa essere duttile e ricettivo nei confronti dei cambiamenti di contesto.
Matteo Politano
In questo senso, come già preannunciato nell’ambito di questa rubrica, la figura-chiave è quella di Matteo Politano. Che, ora si può dire, ha dovuto trasformarsi in quinto di centrocampo pur di continuare a essere centrale nel progetto di Conte. Il punto è che questa “retrocessione spaziale” sta giovando tantissimo allo stesso giocatore: a Cremona, pur partendo – almeno in teoria – da una posizione più arretrata rispetto a quella di Neres, Politano è riuscito a essere coinvolto e quindi decisivo in entrambe le reti messe a segno dal Napoli.
Il primo gol di Hojlund
Come si vede chiaramente nella sequenza del primo gol, che arriva al termine di un’azione di possesso abbastanza peculiare, cioè abbastanza esplicativa rispetto ai principi di gioco del “nuovo” Napoli di Conte, Politano si muove e ragiona da quinto di centrocampo, ma al tempo stesso anche come se fosse un’ala a tutti gli effetti – ovviamente a piede invertito. Il lungo tirocross di Hojlund dopo un bellissimo attacco alla profondità del centravanti danese – tra poco, naturalmente, parleremo anche di questo – finisce proprio dalle parti dell’ex Sassuolo e Inter, che fa valere la sua qualità nell’uno contro uno e riesce a scodellare di nuovo il pallone in area. La stessa identica cosa avviene in occasione del secondo gol, con Politano isolato sulla destra – anche grazie alla posizione più centrale tenuta da Neres – e capace di crossare al centro nonostante la pressione di due avversari:
Il secondo gol di Hojlund
Nel corso della sua carriera, Gian Piero Gasperini ha saputo cambiare l’idea stessa di un ruolo preciso, vale a dire il quinto di centrocampo. Ha trasformato i giocatori schierati in quello slot in armi tattiche, in armi offensive. Ecco, ovviamente è ancora presto per poter fare lo stesso discorso con la premiata ditta Conte-Politano, ma è già evidente che il sistema del Napoli abbia portato Politano in una nuova dimensione: soprattutto contro la Cremonese, ma anche in altre gare, l’esterno azzurro ha saputo dare un’interpretazione molto creativa e molto ambiziosa del suo ruolo, ha riempito le sue prestazioni di giocate che normalmente dovrebbero appartenere a un esterno d’attacco puro. E invece Politano può duettare con Neres, può scambiarsi la posizione con Di Lorenzo, può puntare il fondo per il cross o convergere sul suo piede forte.
Solidità e rigidità, ma solo in difesa
Alla fine della fiera, quindi, si può dire che questo nuovo sistema (il 3-4-3/5-4-1) si manifesti compiutamente solo nella fase puramente difensiva. Che anche a Cremona, fatti i dovuti distinguo con altre partita giocate nell’ultimo periodo, è stata fondata sull’aggressività, sui duelli uomo su uomo a tutto campo e su una compattezza bella accentuata quando gli avversari superano la prima linea di pressione. Per dirla in poche parole: la difesa a tre (o a cinque) del Napoli esiste davvero quando il Napoli difende. Solo in quel momento Politano e Spinazzola diventano davvero dei quinti, solo in quel momento Elmas diventa un esterno di centrocampo e si mette sulla stessa linea di Neres, Lobotka, McTominay.


Ed ecco le due linee 5+4 del Napoli
Certo, poi è chiaro che questo 5-4-1 vada inteso e raccontato come un sistema manipolabile dal punto di vista delle spaziature, nel senso che il pressing e gli accoppiamenti uomo su uomo determinano spostamenti continui nello schieramento. Ma i riferimenti, soprattutto nei segmenti di difesa posizionale, sono piuttosto chiari e piuttosto rigidi: Politano e Spinazzola si trasformano in difensori aggiunti, Di Lorenzo stringe accanto a Rrahmani e Juan Jesus, ci sono densità e solidità sia sulle corsie laterali che in zona centrale.
A certe condizioni, per le squadre avversarie, diventa difficilissimo penetrare le linee. La Cremonese, come indole e anche come risposta a questa situazione di gioco, ha provato a scavalcarle, a servire i suoi attaccanti in profondità. Non è bastato, lo dicono i numeri: la squadra di Nicola ha messo insieme 6 tiri complessivi, di cui appena 2 finiti nello specchio della porta. Entrambe le conclusioni parate da Milinkovic-Savic, poi, sono state tentate da fuori area di rigore. E anche i tiri finiti fuori (uno al quarto d’ora, uno al 67esimo e uno durante il recupero della ripresa) non possono essere considerati delle occasioni nitide, realmente pericolose.
Il possesso palla e Rasmus Hojlund
Per comprendere compiutamente quella che è stata una partita ampiamente governata dal Napoli, bisogna parlare di due cose. Numero uno: il Napoli, anche questo Napoli così dominante, ha un possesso palla tutt’altro che schiacciante. Secondo i dati di Whoscored, a Cremona gli azzurri hanno tenuto la sfera per il 52% del tempo di gioco. Numero due: questo dato è legato anche al fatto che Conte, ormai, ha costruito la sua squadra intorno alla fisicità e al lavoro di Rasmus Hojlund. Che ha segnato una doppietta spietata, da centravanti puro e rapace. Ma che intorno ai gol, esattamente come nelle ultime gare, ci ha messo un’incredibile quantità di palloni giocati in modo sapiente, efficiente, decisivo.

Tutti i palloni giocati da Hojlund
Questa mappa dice tantissimo sull’importanza di Hojlund, un’importanza ormai capitale, nell’economia del gioco del Napoli. Se la distribuzione spaziale non vi bastasse, sappiate anche che il centravanti danese ha toccato ben 43 palloni, un dato altissimo per una prima punta moderna. Soprattutto se pensiamo ai continui attacchi profondi, ai ripetuti scatti per allungare o allargare la difesa avversaria.
Nel caso specifico della partita di Cremona, poi, l’ex Atalanta e Manchester United ha dovuto fronteggiare Matteo Baschirotto, uno dei prodigi atletici del campionato di Serie A, un centrale muscolare ma anche dinamico. Ecco, questo duello è stato letteralmente stravinto da Hojlund. Non solo per i due gol e le 5 conclusioni tentate sulle 22 complessive del Napoli, ma soprattutto per le tante azioni costruite grazie ai lanci in verticale addomesticati da Hojlund, grazie alle sue sportellate, ai suoi tocchi a liberare gli inserimenti interni dei compagni. In fondo, l’abbiamo visto in precedenza, anche il primo gol degli azzurri nasce da un lancio di Juan Jesus verso la prima punta. Anche questo è uno schema che funziona. Per merito di Hojlund, per merito di Conte.
È questa la vera essenza di tutto il discorso: i giocatori del Napoli hanno tanti meriti nella rinascita della squadra azzurra, ma il vero protagonista è Antonio Conte. Che, andando per un attimo al di là dell’evidenza relativa all’emergenza-infortuni, ha saputo creare un sistema in grado di valorizzare al meglio le risorse anche aveva a disposizione. Che ha a disposizione, in attesa dei rientri di Lukaku, Anguissa, De Bruyne, Olivera e Gilmour.
Conclusioni
Sembra tutto molto semplice e banale, a dirsi, ma non lo è: dove c’erano delle vere e proprie macerie, Conte non ha semplicemente rimesso insieme i pezzi, non ha soltanto ricostruito. Ha fatto di più: ha rimescolato le carte e ha fatto all-in su idee tutte nuove. Per il Napoli e in senso assoluto.
Certo, ci sono partite e partite. E infatti anche nell’ultimo periodo abbiamo visto un Napoli cangiante, dalla conformazione e dall’approccio differenti in base agli avversari. A Cremona, si può dire, è andata in campo una versione sfacciatamente offensiva del 3-4-3/5-4-1 che caratterizza il nuovo corso. Ma anche questa è una notizia: il nuovo Napoli si fonda su un modulo e su principi negoziabili, elastici, in grado di deformarsi e adattarsi alle contingenze. Non solo quelle relative allo stato di forma dei giocatori, ma anche quelle che fanno capo alla tattica pura, allo studio e all’andamento delle singole gare.
In questo senso basti pensare che, per evitare ogni rischio di un finale in apnea, a Cremona è subentrato Buongiorno al posto di Neres. Mancavano una ventina di minuti e il Napoli è tornato a un 3-4-3 propriamente detto, con tre centrali veri, con Di Lorenzo esterno a tutta fascia, con Politano nel tridente offensivo. Gli azzurri e Conte hanno chiuso la partita senza soffrire, dimostrando di avere una profondità davvero importante, nel panorama della Serie A. Non tanto negli uomini, quanto nelle idee. E a volte, nel calcio, sono proprio le idee a fare la differenza.











