Musetti: «Le emozioni mi scassano, mi faccio prigioniero da solo. Le bestemmie? Sono andato anche da uno psicoterapeuta»

L'intervista a "D" di Repubblica: "Mai avuta la PlayStation, sono vintage. Nel tennis solo Bublik chiede di mio figlio? Del tennis mi piace il rumore della palla."

Musetti

Italy's Lorenzo Musetti celebrates after winning the men's singles quarter-final match against Germany's Alexander Zverev at the ATP Rome Open tennis tournament at Foro Italico in Rome on May 14, 2025. (Photo by PIERO CRUCIATTI / AFP)

Lorenzo Musetti, nell’era dell’eccellenza tennistica italiana, ha una quota tutta sua: è quello elegante, bello, estetico. “Un dandy che ti sfinisce con le sue fantasie, a volte molto sofferte”, lo definisce Emanuela Audisio che l’ha intervistato per D di Repubblica. E’ un’intervista più intima delle solite. E ovviamente parte con il Musetti “baby-papà”, che sta per avere il secondo nonostante la giovanissima età: “Non mi fanno molte domande, tranne Alexander Bublik che ha 28 anni e un bimbo di 3. Lui è sempre affettuoso, spesso ci confrontiamo tra papà. Il primo figlio è stato un terremoto e una bella sorpresa. Non era cercato, abbiamo deciso di tenerlo, ho dovuto ripensare la mia vita. Avevo paura di non essere pronto alle novità. (…) Essere giudicato in maniera negativa dai tifosi, come se diventare padre significasse voltare le spalle allo sport, darsi altre priorità, sentirsi già appagati. Per me la famiglia è importante, ma anche il tennis”.

Dice che del tennis gli piaceil rumore della palla. Che poi è un suono, non una cosa che disturba. Dice, racconta, ricorda. È una questione di ritmo, di orecchio, è un battito. Ero piccolo, giocavo nello scantinato della nonna, ribattevo sul muro, c’era anche mio padre, è lì che quel suono ha iniziato a parlarmi”.

Dice di essere “proprio vintage. Non leggo libri, non seguo serie tv, non gioco alla playstation, mai avuta una. Dovessi dire un periodo nel quale mi sarebbe piaciuto vivere e giocare non avrei dubbi: anni 80-90. Sarei stato a mio agio. Piaccio ai campioni del passato, forse si rivedono in me. Ma preferisco vivere nel presente, non in una bolla nostalgica. Sono un’altra versione del tennis che vuole esistere anche senza sparare cannonate. Ho diritto alla mia musica e al mio futuro”.

E ancora: il suo colpo preferito è “il passante di rovescio è il gesto tecnico che più mi piace. Quando riesce è come una liberazione, come un gol nel calcio, anzi come se segnasse la nostra nazionale”. E poi c’è il lato negativo del tennis, “le tempeste emotive. L’alternarsi di gioie e dolori. Tutto cambia in fretta: dal bello passi al brutto, sei in cima, ti ritrovi sul fondo. Dal paradiso all’inferno. Tutto intenso, forte, feroce nello stesso modo. Cadi a un passo dall’orizzonte, basta un 15, e quello che stavi per afferrare non c’è più. Ti chiedi: perché tutto questo male? Non lo reggo, non ce la faccio, le emozioni mi scassano, entro in una spirale negativa, mi flagello, mi faccio prigioniero da solo, parlo ad alta voce, mi escono dalla bocca commenti inappropriati. Ho una sensibilità esasperata che magari viene vissuta con fastidio”.

Musetti a proposito delle bestemmie in campo.

«Ma io sono toscano, da noi si urla, si alza la voce, così per abitudine. Io con un certo tipo di linguaggio non voglio offendere e non vado fiero delle mie derive. Mia nonna diceva: “Chi di vizi vuol guarire preghi Dio di non averli”. Ci ho lavorato sopra, per un po’ mi sono fatto aiutare da uno psicoterapeuta, poi ho interrotto la collaborazione. Non inseguo la perfezione, non sono politicamente corretto, il mio carattere è questo. Ma non sono nemmeno uno che cerca il conflitto». 

 

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