La maratona di tre giorni all’Università di Buenos Aires per celebrare tutto il Maradona possibile
Il racconto dell'iniziativa de La Naçion. Tra libri film, musica, murales, foto e opere provenienti da tutto il mondo

Fans of Boca Juniors hold a flag with the image of late Argentine football legend Diego Maradona before the FIFA Club World Cup 2025 Group C football match between Argentina's Boca Juniors and Portugal's Benfica at the Hard Rock stadium in Miami on June 16, 2025. (Photo by PATRICIA DE MELO MOREIRA / AFP)
In Argentina sì che sanno come celebrare Maradona. Il Maradona “intero”, il mito in tutta la sua incredibile complessità di personaggio simbolico oltre che uomo di sport. Uno che intervistava Fidel Castro all’Avana e il suo idolo d’infanzia Roberto Gómez Bolaños, e poi cinque giorni dopo – era il 2005 –
viaggiava per sei ore in treno insieme a Hugo Chávez ed Evo Morales indossando una delle sue magliette più memorabili: il volto di Bush con lo slogan “Criminale di guerra”. Quel Diego inclassificabile e sconfinato, ombre comprese, è stato celebrato la scorsa settimana presso la Facoltà di Scienze Sociali dell’Università di Buenos Aires, in una maratona di tre giorni con decine di panel e ospiti, come racconta La Naçion. Scienziati, atleti, veterani della Guerra delle Malvinas, giornalisti, scrittori.
Tutto Diego in tre giorno: Diego il calciatore, Diego il politico, Diego l’attivista sociale, Diego la nazione (“una bandiera con due gambe”). D10S, femminismi, libri (centinaia, tra cui uno di un teologo afghano), film, musica, murales, foto e le Madri di Plaza de Mayo. Opere provenienti da Uruguay, Cile, Brasile, Spagna e Italia. Università da Tucumán a Lanús. Ogni possibile dibattito sul 65° anniversario della sua nascita e il quinto anniversario della sua morte. “Oltre a essere eterno”, disse la psicologa Yanina Safirsztein accanto a lui, “Diego è infinito”. Ognuno ha la sua versione di Diego, scrive il giornale argentino.
Forse, nei suoi momenti più arroganti, sentiva che “Dio era il suo portavoce” (come qualcuno ha detto, ricordando una citazione dello scrittore messicano Juan Villoro). Ma era anche “il portavoce dell’Argentina distrutta”, come ha ricordato un altro. “Rabbia plebea d’origine”, ha descritto il giornalista e storico Hernán Brienza. Ha parlato di “civiltà e barbarie” e ha affermato che “Maradona è Maradona” quando gioca, ma anche “quando parla se non è Messi o Cristiano Ronaldo”.
E poi c’è stato il contributo da Napoli, “uno dei momenti più belli” scrive La Naçion. Alessandro Tione (27 anni, che non ha mai visto giocare Diego) ha esposto il suo progetto quinquennale, “Religione Monoteistica” , Diego amato su ogni muro della città. L’opera pionieristica di un artista palestinese. Diego prima una star, poi un santo. Il famoso murale nei Quartieri Spagnoli (“il secondo luogo più visitato in Italia dopo il Colosseo”). Bruno Siciliano, un luminare accademico della robotica, che ha raccontato di come abbia rifiutato prestigiose borse di studio negli Stati Uniti perché, ispirato da Diego, era determinato a raggiungere il successo partendo da Napoli. E Massimiliano Verde, presidente dell’Accademia del Napoli, che ha scoperto “cosa significa essere napoletano” quando ha dovuto lavorare a Torino e ha sofferto in “un paese profondamente razzista”. Innamorato di Diego, ha capito presto che Napoli, terra “ribelle e anarchica”, è un'”arena sociale “. E ora teme che Diego, oggetto di consumo, finisca “un giocattolo del McDonald’s”.
Gli accademici hanno concluso il dibattito abbracciandosi e cantando insieme “Ho visto Maradona, innamorato son”.









