Il Napoli non ha ancora trovato l’abito migliore, è una squadra in trasformazione

Dall'arrivo di De Bruyne, i calciatore si sono ritrovati in una sorta di sciame sismico di tipo tattico: molti di loro devono ancora assestarsi, rimodularsi. Come McTominay

Napoli

Napoli's Italian coach Antonio Conte reacts during the UEFA Champions League phase 2 football match Napoli vs Sporting Lisbon at the Diego Armando Maradona stadium in Naples on October 1, 2025. (Photo by Alberto PIZZOLI / AFP)

La legge di Lavoisier

Uno dei postulati più famosi della scienza è quello che prende il nome dal suo scopritore, Antoine-Laurent de Lavoisier: dopo una serie di esperimenti, questo chimico francese del XVIII secolo dimostrò che nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma. Ecco, questa legge è applicabile ed è applicata in tantissime discipline. E ora è applicabile anche al calcio e al Napoli 2025/26, ovvero una squadra che sta vivendo una metamorfosi molto profonda. In questo senso, la partita contro lo Sporting ha lanciato dei segnali eloquenti. Primo tra tutti l’impatto decisivo, per la prima volta al di là dei calci piazzati da quando è arrivato a Napoli, di Kevin De Bruyne.

Dall’arrivo del belga, praticamente a cascata, i giocatori allenati da Conte si sono ritrovati dentro una sorta di sciame sismico di tipo tattico: molti di loro devono ancora assestarsi, rimodularsi in base al nuovo assetto della squadra. Un assetto per cui KDB deve andare in campo e deve essere messo nelle condizioni di essere decisivo, di cambiare le partite da un momento all’altro. Perché sa farlo, perché può farlo sempre. Anche quando sembra che giochi male e che stia trotterellando sul posto. Con lo Sporting non è andata esattamente così: in realtà, nel complesso, De Bruyne ha giocato la sua miglior partita da quando è a Napoli – e ne parleremo. Ma sarebbero bastati anche solo i due assist, per eleggerlo come uomo decisivo della gara. Perché si tratta di due giocate di altissimo livello, concettuale prima ancora che tecnico.

Risolvere l’emergenza

Ma andiamo con ordine, cioè partiamo dall’inizio. Dalle scelte di Conte, che di fatto ha risolto l’emergenza vissuta a Milano grazie al rientro di Spinazzola: con l’ex Roma a destra (al posto di Di Lorenzo) e Beukema centrale accanto a Juan Jesus, ci perdoni Marianucci, il Napoli ha (ri)acquisito una certa solidità. E ha anche permesso a Gutiérrez di giocare in maniera più rilassata, più consona alle sue caratteristiche.

Davanti alla linea difensiva e a Milinkovic-Savic, schierato da titolare al posto di Meret, Conte ha confermato il sistema adottato in questa prima parte di stagione: Lobotka e Anguissa in mezzo, De Bruyne e McTominay a svariare, Politano sempre largo a destra e Hojlund prima punta. Di contro, lo Sporting si è disposto con un classico 4-2-3-1: il doble pivote composto da Hjulmand e dal giovanissimo Simões copriva le spalle a Quenda, Trincão e Geny Catamo. In attacco c’era il greco Ioannidis.

Nei primi minuti di gara, il Napoli ha iniziato a tessere una tela leggermente diversa dal solito: sì, De Bruyne retrocedeva accanto a Lobotka in fase di impostazione, come avvenuto nelle ultime partite, ma nel frattempo Gutiérrez stringeva la sua posizione verso il centro, muovendosi quasi da mezzala, mentre a destra Spinazzola tendeva a restare più largo. In questo modo, quindi, la squadra di Conte è risultata ancora più asimmetrica. Ci sono anche i dati a confermarlo: secondo Whoscored, gli azzurri hanno costruito addirittura il 43% delle loro azioni sulla fascia destra.

In alto, De Bruyne imposta il gioco a pochi metri da Lobotka, Gutiérrez è sulla stessa linea del belga e Spinazzola è già fuori inquadratura. Sopra, invece, vediamo il Napoli che da densità in fase di possesso. Sulla fascia destra, naturalmente.

Nel primo tempo, lo Sporting – schierato in fase difensiva con il 4-4-2 – ha fatto una scelta chiara: aggredire solo la costruzione bassa del Napoli, per poi andarsi a rintanare dietro e lasciare il pallone agli avversari. In alcuni momenti del primo tempo, il dato sul possesso degli azzurri è arrivato a lambire il 65%. Questo predominio, però, non ha prodotto occasioni vere: fino al gol di Hojlund, infatti, il Napoli aveva messo insieme appena 4 tiri tentati, di cui 3 da fuori area. E nessuna di queste conclusioni aveva centrato lo specchio della porta.

Nella prima parte di gara, si può dire, il Napoli è stato lento e prevedibile. È come se, di fatto, si fosse adattato allo spirito e al ritmo tenuto dallo Sporting. L’unico calciatore in maglia azzurra a giocare in modo incisivo è stato (il solito, viene da dire) Politano, solo che l’alta densità fatta dai portoghesi ha reso inutile il crossing game insistito dal suo lato: tutti i 9 traversoni tentati dal Napoli, tutti dalla destra, sono stati respinti dai giocatori in maglia bianconere.

Col senno di poi, visto com’è finito il primo tempo, forse lo Sporting avrebbe potuto/dovuto rimanere lì, fermo, a far sbattere il Napoli contro un muro. E invece una (lunga) azione di alleggerimento e accerchiamento della squadra ospite si è trasformata nel contropiede che ha permesso agli azzurri di andare in vantaggio. E il merito è tutto da attribuire a Kevin De Bruyne, autore di una giocata personale davvero sontuosa.

Un assist (bellissimo) come ciliegina sulla torta

Nell’azione che ha portato al gol di Hojlund, si è visto cosa può essere Kevin De Bruyne al Napoli, cosa può dare al Napoli il centrocampista belga. A livello di pura qualità, naturalmente, ma anche a livello tattico, emotivo e di personalità. Per dirla brutalmente, con una domanda ovviamente retorica: quanti altri giocatori della rosa di Conte avrebbero potuto gestire così una ripartenza dalla difesa? E parliamo al di là del puro assist, cioè parliamo dei dribbling in conduzione, dell’uno-due con Anguissa. Tutta roba di prima qualità.

E il discorso può essere ampliato per l’intera partita, a maggior ragione in uno spazio come questo, in cui si prova a fare analisi tattica e in cui bisogna necessariamente andare oltre la singola azione – e oltre al cross pennellato che ha ispirato il secondo gol di Hojlund. A tal proposito, snoccioliamo un po’ di cifre della partita di KDB: partendo da 68 palloni giocati, il belga ha messo insieme 3 passaggi chiave, una quota di passaggi riusciti pari all’87%, 3 dribbling riusciti su 3 tentati. E poi, soprattutto, 5 palloni recuperati e altri 4 eventi difensivi tra contrasti vinti (2), passaggi intercettati (1) e palloni respinti (1). Come si vede in questa mappa, poi, la presenza e l’impatto di De Bruyne si sono percepiti davvero a tutto campo:

Tutti i palloni giocati da De Bruyne durante Napoli-Sporting

Insomma, si può dire: l’assist delizioso per H0jlund è solo la ciliegina su una torta buonissima, abbiamo assistito alla prima partita totale di KDB con la maglia del Napoli. Ed è un’ottima notizia, intanto perché è un messaggio chiaro sulla sua crescita di condizione. E poi perché, come detto in apertura, il Napoli di Conte è una squadra in via di trasformazione. Quindi ha bisogno di un calciatore che gli risolva le partite. Soprattutto quelle storte e appiccicose.

McTominay e il ritorno al 4-3-3

Dopo il gol, il Napoli è entrato in modalità gestione. E, senza voler parafrasare, in effetti stava gestendo benissimo il flusso della gara. Lo Sporting, infatti, ha inserito la seconda punta all’intervallo (Suárez) ha alzato il ritmo del suo gioco, ha iniziato a portare più uomini nella metà campo avversaria, a inizio ripresa è arrivato a toccare il 57% di possesso palla. Eppure, tra il primo gol di Hojlund e il rigore trasformato proprio da Suárez, ha messo insieme solo 2 tiri tentati, entrambi respinti da un difensore in maglia azzurra.

In virtù di tutto questo, si può arrivare a dire che il fallo di Politano e il conseguente rigore assegnato allo Sporting è stato un evento a dir poco casuale. Non c’era alcun segnale che potesse far presagire il pareggio della squadra portoghese. A quel punto, però, Conte aveva l’obbligo di dare nuovi impulsi alla sua squadra. E l’ha fatto togliendo McTominay (più Politano) e disegnando un 4-3-3 abbastanza classico, con De Bruyne e Anguissa mezzali, con Lang e Neres ai lati di Hojlund.

Lobotka imposta in mezzo ai due centrali di difesa, i terzini sono in sovrapposizione interna rispetto ai laterali d’attacco, De Bruyne e Anguissa si dispongono in diagonale nei mezzi spazi: tutte situazioni tipiche del 4-3-3

Inevitabile, in questo punto dell’analisi, fare una piccola digressione su Scott McTominay. Il quale, è una cosa che si può cominciare ad affermare alla settima partita stagionale, sta offrendo prestazioni piuttosto evanescenti. È qui, esattamente qui, che però bisogna tornare al postulato di Lavoisier. Al concetto che le cose non si creano o si distruggono, ma che semplicemente cambiano. Nel caso di McTominay, stiamo assistendo a una specie di paradosso: lo scozzese non sta soffrendo la presenza di De Bruyne e/o il cambio di sistema, ma le assenze di Lukaku e di Raspadori. Che avevano caratteristiche perfette  – il gioco spalle alla porta di Lukaku, la capacità di Raspadori di entrare e uscire dall’area avversaria – per liberargli spazio da attaccare, mentre adesso l’ex Man United si ritrova a dover presidiare lo spazio accanto alla prima punta. E a fare l’esterno sinistro in fase di non possesso.

È chiaro, come detto, che tutto questo cambiamento si è determinato “a cascata” dopo l’arrivo di De Bruyne. Il belga ragiona e si muove come un tuttocampista, retrocede molto per costruire la manovra, di fatto costringe McTominay a giocare da seconda punta praticamente vera, non da seconda punta ombra come succedeva nella scorsa stagione. Nel caso di Napoli-Sporting, a maggior ragione dopo il piccolo caso diplomatico scoppiato a Milano, era inevitabile togliere lo scozzese, inserire due esterni di ruolo e passare a un 4-3-3 decisamente più “regolare”.

La scelta alla fine ha pagato, perché il Napoli ha vinto e perché il cross decisivo servito da De Bruyne – anche se è stato scoccato sugli sviluppi di un corner – arriva dopo un gioco a due tra il belga e Non Lang. Anche lo stesso corner si origina da uno scambio insistito sulla fascia sinistra, sempre tra KDB e l’ex esterno del PSV. Trovate tutto in questo video:

Tutta la sequenza da cui si è originato il gol di Hojlund

Ci sarebbe tanto altro da dire. Per esempio: pochi secondi prima del secondo gol di Hojlund, il Napoli ha rischiato di subire l’1-2 su un ottimo contropiede dello Sporting. Oppure, ancora, si potrebbe dire che la squadra di Conte ha chiuso la partita con 3 soli tiri finiti nello specchio della porta difesa da Rui Silva. E con una gran parata di Milinkovic-Savic al termine dell’ultimissima azione. Alla fine, però, ciò che resta sono il risultato e la prestazione, che secondo Conte è stata «da squadra vera».

Poi ci sono le altre parole di Conte, che di fatto ha confermato l’idea per cui il suo Napoli sia ancora una squadra in fase di riallestimento, come una vetrina di un negozio di abbigliamento dopo i saldi: «Noi abbiamo due opzioni, ovvero giocare con quattro centrocampisti oppure con il 4-3-3. C’è un anno di lavoro alle spalle che mi permette di cambiare, e stiamo ancora implementando nuove cose».

Conclusioni

Ecco, qui c’è la chiave della gara contro lo Sporting e di tutto il resto: al di là della faida ideologica su De Bruyne e McTominay, il Napoli non ha ancora trovato l’abito migliore da mettersi addosso. O meglio: ha già provato diversi abiti, nessuno è sembrato ancora quello perfetto. È anche giusto che sia così, a pensarci bene: KDB non è Raspadori così come Beukema non è Rrahmani, così come Lang ha profilo mai visto prima nell’organico di Conte. E di solito, per trovare l’abito perfetto occorrono un po’ di tempo e un po’ di tentativi.

Ora la palla passa proprio al tecnico del Napoli, che deve e dovrà capire come sfruttare il potenziale che ha a disposizione. Visto come stanno andando le cose, è probabile che gli toccherà leggere e risolvere i problemi di partita in partita. Più volte per ogni partita. Non sarà facile, ma cambiare sempre è – e resterà – l’unica strada da percorrere per il Napoli, se vorrà rimanere competitivo. I cambi fatti contro lo Sporting, in questo senso, sono un segnale ancora più importante, in senso positivo, rispetto a quello inviato da Kevin De Bruyne con i suoi due assist.

In fondo, come diceva un chimico francese, nulla si distrugge e tutto si trasforma. E quindi – tanto per fare un esempio pesante – McTominay non è scomparso: al di là di un possibile calo dopo il rendimento mostruoso tenuto un anno fa, va solo trovato il modo perché possa tornare a rendere in un nuovo contesto. Non è detto che possa succedere, ma il tempo per provarci c’è. E c’è anche l’allenatore giusto per riuscirci. Nel frattempo, va anche ricordato che il Napoli ha vinto cinque partite su sette in questa stagione. Non era una cosa così scontata, non lo è mai.

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