Per il Napoli (in quanto club del Sud Italia) è previsto un risparmio del 75% del lordo. Dal 1° gennaio 2024 questi benefici non ci saranno più

Osimhen: il rinnovo va fatto entro il 31 dicembre, altrimenti si perdono i benefici del decreto crescita
Vale per Osimhen ma per qualsiasi altro rinnovo, ovviamente. Il Decreto Crescita al momento è finito in cantina nonostante gli sforzi del senatore Lotito in pieno conflitto d’interesse (ma oggi non è più di moda, nessuno ci fa più caso: anzi, è motivo di vanto).
Calciomercato.com ricorda le parole di Piero Ausilio a proposito del rinnovo di Mkhitaryan con l’Inter.
«Stiamo accelerando di più con Mkhitaryan per ovvi motivi, cercando di accontentare tutti».
Spiega calciomercato.com
«Ovvi motivi» che da oggi impongono una nuova ufficiale deadline che potrebbe cambiare la strategia del club. Il Governo Italiano non ha fatto marcia indietro sul discorso del Decreto Crescita che da gennaio sarà abolito. I contratti firmati prima del 31 dicembre 2023 continueranno a godere degli sgravi fiscali (Mkhitaryan ne ha usufruito ai tempi della Roma e l’Inter continua a beneficiarne) ma per tutti i nuovi contratti firmati dopo quella data (e varrà anche per i rinnovi) i vantaggi sulla tassazione del lordo dello stipendio svaniranno. Per questo ora l’Inter ha ancora più fretta, per non perdere il jolly armeno, certo, ma anche per evitare di perdere la possibilità di pagarlo a cifre contenute.
Lo stop al Decreto Crescita imposto con la Legge di Bilancio 2024 sarà operativo dal 1° gennaio 2024 e,
inciderà per tutti i nuovi contratti sottoscritti dopo il 31 dicembre 2023. Tutti, nessuno escluso, e quindi varrà anche per tutti quei rinnovi contrattuali che le società stanno provando a portare avanti in queste settimane.
Per i contratti chiusi prima della deadline, l’accesso ai vantaggi fiscali con tassazione ridotta sul lordo dello stipendio, sarà garantita. Stiamo parlando di un risparmio di circa il 50% del lordo per i club del centro-nord Italia e addirittura di un risparmio al 75% per le società del Mezzogiorno. Senza il decreto crescita tutti i contratti tornerebbero di fatto al classico “raddoppio” fra netto e lordo con un ingaggio da 10 milioni di euro per fare un esempio che costerebbe a tutte le società 20 milioni al lordo.