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Kvaratskhelia e Osimhen mi hanno ricordato Vialli e Mancini

L’azione a due sul terzo gol. Gli errori dello Spezia sono stati indotti dal Napoli, hanno sbagliato per paura degli avversari

Kvaratskhelia e Osimhen mi hanno ricordato Vialli e Mancini
Napoli 29/01/2023 - campionato di calcio serie A / Napoli-Roma / foto Image Sport nella foto: esultanza gol Victor Osimhen

Il Napoli decide che è ora di vincere, e vince.

Dopo un primo tempo così e così, nel secondo tempo aumenta i giri quanto basta per chiudere e prendersi una partita che negli anni passati era più facile perdere che portare a casa e che quest’anno, invece, si vince quasi senza nemmeno sudare.

Ad un’analisi superficiale delle azioni da gol, queste potrebbero sembrare il semplice prodotto di errori grossolani della difesa avversaria, anzi di veri e propri regali fatti alla squadra azzurra.

Ed in effetti, i gol arrivano come effetto palese di errori avversari, nessuno può metterlo in dubbio.

Sono, però, ad un’analisi più approfondita delle situazioni di gioco che li hanno prodotti, errori in cui i giocatori dello Spezia incappano per manifesta e chiara paura degli avversari, quella paura che ti toglie lucidità anche nei momenti che sembrano di più facile gestione del pallone o della giocata difensiva e che, invece, complici la forza della squadra contro cui giochi ed il timore verso taluni degli attaccanti contro cui devi vedertela diventano momenti di imbarazzo totale.

Momenti in cui il pallone scotta, in cui anche i movimenti studiati in settimana ti sembrano di difficile od inutile esecuzione perché davanti hai gente che ti ringhia addosso tutta la sua superiorità.

Il primo gol, appunto, sembra prodursi da un semplice e banale errore di un difensore che prende in area la palla con il braccio, con un goffo movimento di chiusura fatto sull’aggressione avversaria dello spazio e del pallone.

Però.

C’è un però.

Innanzitutto, l’inizio dell’azione in cui l’errore si produce.

Tutta la squadra azzurra è sistemata nel cerchio di centro campo ed ai lati dello stesso per battere il calcio di avvio del secondo tempo.

Sembra, a ben guardarlo, un posizionamento teso ad aggredire subito l’area avversaria dopo un lancio in profondità che ci si aspetta dal solito Kim su retropassaggio del giocatore che va a sistemare il pallone sul cerchio del centro campo.

Così sembra a tutti, anche ai giocatori dello Spezia.

Ed infatti, sul passaggio indietro verso Kim, uno degli attaccanti della squadra spezzina va subito ad aggredirlo per evitargli il rilancio (primo errore: se “esci” da solo ad aggredire l’avversario in simili frangenti, e l’avversario ha due compagni e due linee di passaggio come eventuali alternative di appoggio, poi fai la fine che fa l’attaccante dello Spezia), mentre gli altri suoi compagni subito “scappano” verso la propria porta per proteggerla attraverso la maggior densità possibile da opporre agli attaccanti avversari nella propria tre quarti.

Kim, però, una volta ricevuto il pallone fa solo finta di lanciarlo, ma lo passa subito (di prima) a Zielinski, che si è già posizionato in modo da ricevere il pallone scaricarlo all’indietro (sempre di prima) a Lobotka, il quale a sua volta (ancora e sempre di prima) lo lancia nello spazio che Politano va ad aggredire dietro all’esterno della difesa dello Spezia (il lancio è perfetto e copre una gittata di almeno 60 metri).

Questa giocata a tre produce due effetti: il primo, banale, di disinnescare la pressione di quell’unico attaccante dello Spezia di cui sopra (quello che ha l’ardire di andare a pressare da solo quattro avversari), il secondo, più studiato, di far arrestare la corsa verso la propria porta alla prima linea di pressione avversaria (quella del centro campo) e di far rallentare questa stessa corsa alla linea difensiva spezzina, che sembra per un attimo quasi spiazzata dalla giocata del Napoli.

In quell’attimo, la domanda che si fanno i giocatori dello Spezia è (i professionisti a quel livello se la fanno in una frazione di secondo e nella stessa frazione di secondo adottano la decisione che appare più opportuna): quelli del Napoli vanno subito in profondità, ed allora è giusto che io scappi verso la mia porta, oppure invece iniziano una vera e propria costruzione dalla loro metà campo, ed allora è giusto alzare la pressione verso gli avversari accorciando la squadra,  perché se corro verso la mia porta mi allungo e li faccio avanzare senza problemi per 40 metri, cioè me li porto in area?

È, appunto, una frazione di secondo che “sbilancia” e disarticola le idee difensive avversarie, che consente al giocatore interessato al lancio del pallone (Politano) di guadagnare metri sull’esterno difensivo dello Spezia e che produce in quest’ultimo il timore di stare per perdere questo riferimento, tanto è vero che affronta il tentativo di controllare il pallone con una postura così sbagliata da prendere la palla con il braccio (perché nel frattempo aveva perso il riferimento non solo dell’uomo, ma anche del pallone).

Rigore netto, che Kvaratskhelia trasforma con una maestria tale da farmi chiedere “in effetti, che cosa ci vuole a segnare su rigore?” e che sembra aver finalmente posto fine al periodo in cui si scherzava e si pensava di far battere il rigore a chi vinceva il “tocco” tra i contendenti.

Bel passo in avanti.

Il secondo gol è anch’esso frutto di un errore lapalissiano tanto di esecuzione, quanto di pensiero della giocata da parte della difesa dello Spezia.

Nasce un batti e ribatti in area per cercare di contrastare un’azione di Kvaratskhelia che – dopo uno schema a due tipico a cui il Napoli ci ha abituati quest’anno (Mario Rui porta palla dentro il campo, in posizione da interno di sinistra, il georgiano parte dalla linea del fallo laterale aspettando il pallone dietro la linea difensiva avversaria) – si incunea in area e crossa raso terra cercando Osimhen.

La palla viene intercettata dal primo centrale dello Spezia il quale, quasi inconsapevolmente (ma terrorizzato dall’avere l’attaccante nigeriano alle sue spalle), la carambola addosso al suo compagno, il quale, a sua volta seppure abbia il tempo e la postura per pulire l’area calciando il pallone in modo migliore, di fatto impatta la palla in modo molto scoordinato, prendendolo praticamente di stinco e lanciandolo in aria dritto per dritto.

Gli errori sono evidenti, e sono frutto anche della paura di essere aggrediti, in area, da attaccanti avversari fenomenali: la paura dell’errore ti porta all’errore, come è quello del difensore che, incurante del fatto che a volte per respingere lontano un pallone a mezz’aria non è necessario caricare il calcio, ma è sufficiente usare il piatto (la superficie più estesa del piede con cui è più difficile mancarlo o colpirlo male) per allontanarlo più facilmente, cerca invece di calciare forte la palla e la impatta male proprio per questa ragione (ricordate l’errore di Ghoulam contro la Juventus quando fece fare gol a Bonucci per un analogo rilancio sbagliato per idea e per esecuzione?).

Il pallone, dicevamo, si alza in aria ed a quel punto avviene l’inverosimile: Osihmen capisce che deve anticipare l’uscita del portiere sul pallone, ed allora fa cinque passi con la sua solita falcata felpata verso la zona in cui ha battezzato che ricadrà la palla, stacca (al sesto passo) a piedi pari verso la stessa (ancora in aria), arriva a 2,95 metri, va più in alto delle braccia protese al cielo del portiere avversario, lo anticipa mangiandogli in testa e con leggera torsione della testa indirizza il pallone in rete.

Un gesto atletico, oltre che una giocata di anticipo delle mosse avversarie, da antologia.

Si aspetta, a questo punto, che la Gazzetta dello Sport faccia analogo titolo che fece per Cristiano Ronaldo quando a Genova contro la Sampdoria arrivò all’altezza a cui è arrivato il centravanti del Napoli.

Il terzo gol, ancora una volta frutto di un errore avversario, arriva perché un difensore dello Spezia, sempre spaventato dalla pressione dei giocatori del Napoli, perde i punti di riferimento per lo scarico del pallone durante una costruzione dal basso e passa la palla letteralmente a Kvaratskhelia.

Il georgiano la controlla e punta verso la porta arrivando a tu per tu con il portiere: potrebbe concludere lui stesso (sebbene abbia lo specchio un po’ chiuso davanti a sé), ma vede con la coda dell’occhio Osimhen che lo sta accompagnando per dargli una soluzione di gioco, ed infatti gliela passa consentendogli di fare il più facile dei gol che arriva con la soluzione più difficile per un attaccante sotto porta: il passaggio al compagno meglio posizionato.

In un’azione che mi ha riportato indietro nel tempo, alla mia adolescenza, un’azione a due (sotto porta) di quelle che mi facevano vedere Vialli & Mancini.

Il livello di meraviglia è quello, insomma.

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