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La Corte Figc: «Alla Juve tutti sapevano tutto, anche Allegri (ma in buona fede)»

Le motivazioni della sentenza plusvalenze: “Colpisce la pervasività ad ogni livello della consapevolezza della artificiosità del modus operandi”

La Corte Figc: «Alla Juve tutti sapevano tutto, anche Allegri (ma in buona fede)»
Db Torino 15/08/2022 - campionato di calcio serie A / Juventus-Sassuolo / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Massimiliano Allegri

Tutti sapevano tutto. A tutti i livelli. Anche Allegri. Nelle motivazioni della sentenza del processo Plusvalenze, la Corte d’Appello della Figc non lascia niente al non detto. Scrive che c’è “una aggravante distintiva rispetto a qualunque precedente: proprio con specifico riguardo alla FC Juventus S.p.A.”. E che in particolare “colpisce la pervasività ad ogni livello della consapevolezza della artificiosità del modus operandi della società stessa. Dal direttore sportivo di allora (Paratici) all’allora dirigente suo immediato collaboratore (Cherubini). Dal presidente del consiglio di amministrazione (Agnelli) a tutto il consiglio stesso (citato come consapevole dal medesimo Agnelli).
Sino ancora all’azionista di riferimento e all’amministratore delegato (Arrivabene) e ancora passando per tutti i principali dirigenti, inclusi quelli aventi competenza finanziaria e legale”.

“In alcuni casi – aggiunge – con una consapevolezza a tutto tondo dell’artificiosità delle operazioni condotte. In altri casi, con una consapevolezza più superficiale o magari persino di buona fede (ci si riferisce anche all’allenatore della squadra), ma comunque in grado di far dire che tutti fossero direttamente o indirettamente coscienti di una condizione ormai fuori controllo”.

Per la Corte la dirigenza Juve in pratica è rea confessa: il “quadro fattuale è dimostrato dalle numerose dichiarazioni (derivanti dalle intercettazioni), dai documenti e dai manoscritti di provenienza interna alla FC Juventus S.p.A. e che hanno tutti una natura essenzialmente confessoria”.

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