Fognini e la Davis mancata: «Quel doppio? L’ideale era Bolelli, altrimenti Sonego»
Intervista a La Stampa: «Forse all'interno del nostro spogliatoio avremmo potuto gestire meglio la situazione. Senza allenamento, il talento non serve»

Italyís Simone Bolelli (L) with his teammate Italyís Fabio Fognini serves to US Tommy Paul and US Jack Sock during the men's double quarter-final tennis match between Italy and United States of the Davis Cup tennis tournament at the Martin Carpena sportshall, in Malaga on November 24, 2022. (Photo by Thomas COEX / AFP)
Fabio Fognini intervistato da La Stampa (e Secolo XIX) da Stefano Semeraro. È la prima volta che parla dopo il pasticcio della Coppa Davis, sconfitta in semifinale contro il Canada per il forfait mai troppo chiaro di Simone Bolelli in doppio, al suo posto giocò Berrettini proprio in coppia con Fognini. Che dice, a proposito della Davis:
«Quelli su cui puntare ora sono Berrettini, Sinner, Musetti. Bisogna fare in modo che in questa competizione siano molto uniti, cosa che non è mai facile in uno sport egoista come il tennis».
A Malaga ha fatto molto discutere la sconfitta in doppio col Canada e la scelta di Volandri di metterle a fianco Berrettini convalescente.
«Con il senno di poi è facile criticare o dire che si sarebbe dovuto fare diversamente. Per me l’ideale sarebbe stato poter comunque giocare con Simone, ed eventualmente il giorno dopo con Sonego (come disse il presidente Binaghi, ndr)».
C’era Musetti.
«No, Lorenzo dopo il singolo era molto nervoso, si era creato delle aspettative troppo alte nei confronti di Aliassime che al momento gli è superiore».
Nessuna recriminazione?
«Forse all’interno del nostro spogliatoio avremmo potuto gestire meglio la situazione. Ma ormai è andata così e le polemiche
non servono. Certo, lo dico con il cuore in mano, mi sono visto passare davanti un’occasione che non so se si ripresenterà,
perché quest’anno la Spagna aveva perso, la Russia non c’era. Uscire così è stata una pugnalata».
Nel tennis c’è ancora spazio per il talento?
«Sì, ma se non sei allenato non vai da nessuna parte. È il grande talento allenato bene che eccelle, in tutti gli sport: Federer,
Messi, Valentino Rossi».
Intanto è andato a tifare Messi a Doha.
«Toccata e fuga, insieme a due amici. Io mi sento mezzo argentino, ha fatto innamorare tutti».
Lei ha spesso assaggiato la crudeltà dei social: per gli sportivi sono un problema?
«I social hanno spalancato la porta a tutto, il meglio e il peggio. Per i giovani è dura, se perdi sei stupido, è colpa di tua madre
o ti sei venduto la partita. Io ormai metto solo le foto, le mie storie. Bisogna stare attenti a come ci stai dietro. Anzi, meglio, bisogna proprio non starci dietro».