«Quando girammo Ultrà un malavitoso di Torino si arrabbiò perché non gradiva gli abiti delle comparse»

Claudio Amendola a La Repubblica: «Lasciai la scuola in seconda liceo: negli anni '70 se smettevi di andare a scuola, un lavoro lo trovavi».

claudio amendola

La Repubblica intervista Claudio Amendola, sempre stato a metà, nell’immaginario collettivo, tra un ragazzo di strada ed un sex symbol.

«Sono state tutte un po’ vere, queste definizioni. Coatto un po’ lo sono e lo sono rimasto ed è vero che il genere femminile è stato generoso con me. L’etichetta vale più la pena cavalcarla che contrastarla».

Racconta com’era a scuola.

«Non ci andavo mai. Me ne sono pentito amaramente. Ho smesso alla seconda liceo. Perché ero pigro, ero in una casa di grande cultura e mi sembrava tutto un po’ già sentito. Ero forzatamente ribelle. A metà anni Settanta, se smettevi di andare a scuola, un lavoro lo trovavi. Ho fatto il manovale, il commesso. A 18 anni mia madre insiste e faccio il provino con Franco Rossi, trovo Massimo Bonetti e Andrea Occhipinti, Massimo aveva fatto la Tempesta con Strehler, e Occhipinti La certosa di Parma di Bolognini. “Ma io che ci sto a fà qui?”. E invece mi presero per Storia d’amore e d’amicizia, forse proprio perché non avevo mai lavorato».

Poi arriva la trilogia con Carlo Vanzina, iniziata con “Vacanze di Natale”.

«Eravamo molto amici. Ci penso quasi tutti i giorni. Mi manca il suo sorriso, la gentilezza, la signorilità. Gli abbracci papali quando arrivavo allo stadio, ogni domenica. Mi ha insegnato molto, anche come regista, a non buttare il tempo, a non gigioneggiare».

Un set difficile?

«Ultrà, di Ricky Tognazzi. Tante tensioni e una rissa in un locale a Torino, un malavitoso locale non gradiva come era vestito uno dei ragazzi delle comparse, che erano tifosi con esperienze borderline. La polizia ne rispedì molti a Roma».

Disavventure sul set?

«Molte a cavallo. In una produzione in Marocco s’incastra la spada finta, il cavallo mi disarciona, ho dovuto girare con due costole rotte. Nel Napoleone Rai-BBC guido una carica con trecento cavalli, mi sento Attila poi penso: se cado mi travolgono».

Litigi?

«Con tanti attori, quando non sono puntuali, non rispettano i lavoratori, si negano alle foto dei fan, a cui dobbiamo tutti tutto».

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