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Smaila: «Gorbaciov era un appassionato di Colpo Grosso, si fece mandare tutte le videocassette» 

Al CorSera: «Ai tempi dei Gatti, Abatantuono ci faceva da tecnico delle luci. Doveva fare anche l’autista ma non si decideva a prendere la patente» 

Smaila: «Gorbaciov era un appassionato di Colpo Grosso, si fece mandare tutte le videocassette» 

Il Corriere della Sera intervista Umberto Smaila. Attore, cabarettista, musicista, compositore, conduttore televisivo e imprenditore. Ha 71 anni e ne ha passati 50 sui palcoscenici. Un talento emerso quando era bambino.

«In terza elementare la maestra convocò i miei genitori per segnalargli una mia attitudine artistica. Fui iscritto al corso di dizione e recitazione e a quello di pianoforte e solfeggio. Il classico nipotino che veniva messo sulla sedia per recitare le poesie ai parenti. A scuola ero il primo della classe, un bambinone con il fiocco azzurro e il colletto bianco. Prendevo sempre dieci, poi sono peggiorato».

Esordì nel mondo dello spettacolo nel 1971, al Derby Club di Milano con «I Gatti di Vicolo Miracoli».

«Ninì Salerno e Franco Oppini erano in classe con me al liceo classico Scipione Maffei, Jerry Calà, più piccolo di un anno, lo abbiamo ripescato più tardi, quando già studiavo Giurisprudenza all’università, scegliendo con cura tutti gli esami più facili — mi sono fermato a quindici — ma prima siamo passati per Roma. Dovevano scritturarci per una serie di spot sull’educazione stradale del ministero dei Trasporti. Ci presentammo a casa dei funzionari Rai per fare i provini in calzamaglia nera, tipo I Gufi, non se ne fece niente. La svolta arrivò con Cino Tortorella».

Il Mago Zurlì.

«Ci invitò nella sua villa di Milano a cantare qualche canzone, quindi ci portò prima a mangiare — sia benedetto — e poi al Derby. Fummo letteralmente buttati sul palco, la gente si divertì. Il proprietario ci pagò 5 mila lire a testa. “Ora scrivete qualcosa di nuovo e saranno 10 mila”. Restammo due mesi chiusi in casa».

Funzionò. Al Derby si esibivano personaggi del calibro di Paolo Villaggio, Enzo Jannacci, Cochi e Renato.

«Eravamo i più piccoli, i cocchi di mamma».

Diego Abatantuono faceva il tecnico delle luci, racconta.

«Avrà avuto diciassette anni e di studiare non aveva più voglia. Possedevamo un riflettore solo, il suo massimo compito era premere un pulsante, tic, acceso e tic, spento. Sarebbe stato anche il nostro autista, però non si decideva mai a prendere la patente, perciò guidavo io, e Diego era seduto accanto a me, perché eravamo i più grossi, gli altri tre si schiacciavano sul sedile di dietro del catorcio di turno. Era Jerry che provvedeva all’acquisto, sempre a prezzi stracciati, perciò regolarmente si fondeva il motore».

Nel 1981 Jerry li lasciò per intraprendere la carriera da solista. I due non si sono parlati per anni.

«Ci eravamo giurati una sorta di eterno amore, fu una pugnalata. Poi però mi capitò la stessa cosa e lì ho capito che quando il treno passa, ci sali. Dopo ci siamo chiariti e adesso ci sentiamo tutti i giorni, a Pasquetta ci ritroveremo noi quattro al solito ristorante di Verona».

Dal 1987, per 4 stagioni, portò su Italia 7 gli spogliarelli, con le ragazze Cin Cin a Colpo Grosso.

«Non mi aspettavo un successo del genere, altrimenti avrei firmato un altro contratto. Girammo 800 puntate, fu venduto in tutto il mondo e replicato per 18 anni consecutivi, passava il tempo e io restavo sempre giovane, un miracolo».

Non tutti accolsero con favore il programma, almeno apparentemente.

«Più che altro si indignarono i benpensanti, i codini, i borghesi, però lo guardavano eccome. Conservo religiosamente le recensioni entusiaste di Beniamino Placido e Oreste Del Buono».

Anche Mikhail Gorbaciov era un appassionato.

«Si fece mandare le videocassette in albergo e credo se le sia portate al Cremlino, forse saranno in un cassetto di Putin».

Ai tempi dei Gatti, con Jerry Calà si rimorchiava parecchio.

«Avevamo un discreto successo. Io puntavo sul pianoforte… “September morn” di Neil Diamond era infallibile… più qualche citazione colta di Calvino o Céline buttata lì… che poi spesso la corteggiata chiedeva perplessa: “E chi sarebbe?”, ma sorvolavo».

Dagli anni Novanta Smaila si è concentrato sull’attività imprenditoriale, aprendo, con il marchio Smaila’s, diversi locali che ospitano serate di musica dal vivo riservate ai vip. Negli Smailas sono scoccati grandi amori.

«Per Francesco Totti e Ilary Blasi. Idem per Simona Ventura e Stefano Bettarini. Ricordo un Niki Lauda insospettabile ballerino. E Mike Tyson, che convinsi a cantare “My Way”. Solo che a cena aveva mangiato spaghetti alle vongole con un chilo d’aglio, mamma mia, stavo svenendo. Aggrappato al suo braccione, soffrii in silenzio».

E i duetti con Silvio Berlusconi.

«Chi non lo conosce non sa che tipo è. Straordinario. Gli sarò eternamente grato, mi ha dato da lavorare e come presidente del Milan è indimenticabile. Non ci sentiamo spesso, ma lui sa che, se occorre, io ci sono, e io so che lui c’è per me. Silvio è Silvio».

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