La Faz: «Quello di Schwazer non è un processo per doping, è un thriller internazionale»
Il quotidiano tedesco: il tribunale di Bolzano accusa la Wada di test manipolati, e di aver usato un esperto "complice" con il doping di stato russo

archivio Image / Sport / Alex Schwazer / foto Imago/Image
La Faz lo definisce “probabilmente il caso di doping più strano nella storia dello sport”. “Quasi nessun altro atleta avrebbe lottato per dimostrare la sua innocenza con una tale resistenza e dedizione come Alex Schwazer”. Non è più, da parecchio, un caso di doping. E’ diventato un thriller internazionale, e come tale lo tratta il quotidiano tedesco.
“Qualsiasi sia la verità, l’altoatesino ha innescato una complessa vicenda criminale”. Perché un tribunale italiano, quello di Bolzano ha sancito che il marciatore è stato incastrato: è vittima di un complotto. La Wada ha respinto la sentenza come “ridicola”.
Si parla di test antidoping “manipolato per vendetta” contro un atleta che nel suo abisso doping aveva provato a trascinare un intero sistema.
La Faz ripercorre le varie tappe della vicenda fino alla squalifica per otto anni calata come una mannaia quando era pronto a tornare in strada alle Olimpiadi di Rio. Si sofferma sul ruolo di Sandro Donati, il suo allenatore simbolo della lotta al doping, anche lui ormai ostracizzato, “un uomo con molti nemici”.
Il tribunale di Bolzano ha commissionato uno studio su un centinaio di atleti e ha scoperto che i campioni di Schwazer erano stati manipolati “con un alto livello di credibilità”. Il processo è diventato “spettacolare” quando il tribunale ha accusato il perito Vincenzo Pascali di citare una letteratura specialistica inesistente. Anche lui per vendetta, scrive la Faz: Pascali è stato condannato a diciotto mesi di reclusione per false dichiarazioni in un processo per omicidio ed è stato sostituito dall’esperto che ha rappresentato l’altra parte nel caso Schwazer.
“Quattordici mesi dopo, World Athletics e Wada fanno riferimento a uno studio del Dipartimento di genetica forense dell’ospedale universitario di Losanna e a Martial Saugy. Saugy ha gestito il laboratorio di controllo antidoping a Losanna fino al 2016 e poi è passato all’università, è considerato un vero esperto. Nel 2013, il suo laboratorio ha distrutto 67 campioni dopanti di Mosca… un fraintendimento. Anche prima che il doping sistematico in Russia fosse scoperto nel 2014, ne era stato informato. Alle Olimpiadi invernali di Sochi 2014, come molti colleghi, ha lavorato nel laboratorio di controllo senza notare che i campioni di atleti russi venivano scambiati durante la notte”.
“Sarebbe un miracolo se Schwazer e Donati accettassero la sua valutazione come l’ultima parola di questa saga”, conclude l’articolo della Faz.