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Ermal Meta: «Prima di venire in Italia dall’Albania non sapevo cosa volesse dire guardare all’estero»

Al CorSera: «Arrivati in Puglia mi stupirono le strade grandi e dritte: in Albania erano tutte curve per non far atterrare i nemici»

Ermal Meta: «Prima di venire in Italia dall’Albania non sapevo cosa volesse dire guardare all’estero»

Sul Corriere della Sera un’intervista a Ermal Meta. Racconta che, quando non fa musica, resta molto tempo in silenzio.

«Sto in silenzio, una cosa che mi ha insegnato la musica classica (la madre è violinista, ndr). Mi servono due o tre ore al giorno di silenzio perla gioia della mia fidanzata che però lo sa. La musica nasce dal silenzio e io passo molto tempo a pensare, a concentrarmi su quel che provo e sono. Mi è servito molto, specie nell’ultimo anno e mezzo, per combattere la paura».

Parla anche dei social, sui quali è molto attivo.

«Ma forse non ci ho capito molto dei social e non ci capirò mai niente».

Ed aggiunge:

«In un periodo in cui nessuno si espone nel dire quel che pensa, io sono un essere umano pensante, parlante e anche scrivente purtroppo. Non gestisco le reazioni dei miei fan, succede quel che succede. C’è chi è più o meno infervorato, succede che parta l’embolo, ma non parliamo di questioni di vita o di morte. E poi quando scrivi non si percepisce il tono, altrimenti la reazione sarebbe diversa. Penso invece che i social generino molta solitudine».

Ermal Meta viene dall’Albania. Non ha avuto un’infanzia serena, accenna alla sua famiglia:

«Io ho avuto una famiglia tradizionale che era terribile. Mio padre non era una brava persona, avrei preferito mille volte qualcosa di differente».

E racconta l’arrivo in Italia dall’Albania.

«L’Albania ha passato anni duri. Quando ero piccolo era vietatissimo ascoltare musica straniera, il regime aveva paura di quel che arrivava dall’estero tanto che per dire “casino” si diceva “America”. Lo diceva anche mia nonna, a cui fu portato via il marito quando lui aveva 30 anni e lei 24. Io prima di venire in Italia non sapevo neanche cosa volesse dire guardare all’estero. Pensavo all’Italia e pensavo al vuoto. Così quando siamo arrivati in Puglia ricordo le strade grandi e dritte perché in Albania erano tutte curve, per non far atterrare i nemici».

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