Finisce 2-2. I sardi rimontano il gol di Immobile, Cataldi pareggia all’83esimo. Il calcio sognato non si vede più dai tempi di Napoli
Un pareggio è meglio della terza sconfitta consecutiva. Sarri – squalificato – evita l’apertura di una crisi prematura e riesce a pareggiare una partita che a un certo punto sembrava perduta. Due a due il risultato finale. La Lazio e i neolazisti si risvegliano dopo i caroselli per aver battuto Empoli e Spezia. Hanno perso contro Milan, Galatasaray, e adesso il pareggio interno col Cagliari. Il Comandante, o ex Comandante, va a sbattere contro il calcio pragmatico dal Cagliari di Walter Mazzarri che è tornato col suo carico di ansia e simpatia.
La Lazio gioca un discreto primo tempo, anche se segna soltanto all’ultimo minuto con un bel colpo di testa di Immobile. Il cosiddetto sarrismo è parso legato soprattutto alle giocate e alla mentalità di Pedro. Il resto della Lazio continua a praticare un gioco lontano da quelle che si presumono essere le idee del suo allenatore. Idee che, a dire il vero, non vengono messe in pratica dai tempi di Napoli. Sono passati più di tre anni.
Nella ripresa, la Lazio prende gol dopo neanche trenta secondi. Splendida combinazione Joao Pedro Marin che scucchiaia un pallone morbido che l’attaccante utilizza per fare una palombella di testa a Reina. Palombella sarda. La Lazio accusa il colpo, Nandez fa tremare l’incrocio dei pali della porta laziale e poi è ancora Joao Pedro che va via come il burro sulla sinistra, mette al centro e Keita è freddo a infilare sul primo palo.
Sarri fa entrare Zaccagni e Cataldi che all’83esimo pareggia: di destro la deposita sotto l’incrocio dei pali chiudendo l’ennesima azione offensiva anche se confusionaria.
La Lazio ci prova fino al termine. Alla fine può essere soddisfatta del pari. Certo c’è ancora da lavorare per rivedere il gioco di Napoli. O forse sarebbe ora di cominciare a pensare che quella parentesi è stata una eccezione, quella era una squadra particolarmente adatta che tra l’altro veniva da due anni di grande lavoro, profondamente sottostimato, di Benitez.