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Galli della Loggia: non sappiamo più educare i giovani, sappiamo solo compiacerli

Sul Corriere della Sera. La scuola ora pensa all’educazione civica, accredita l’idea che contano solo le «competenze», ma educare vuol dire dare ai giovani un’identità

Galli della Loggia: non sappiamo più educare i giovani, sappiamo solo compiacerli

Non sappiamo più educare i giovani. Sappiamo solo compiacerli. Lo scrive, sul Corriere della Sera, Ernesto Galli della Loggia.

Ma i giovani non dovrebbero essere adulati. Adularli, compiacerli, è il modo più sicuro per rovinarli: perché così li si rinchiude nell’informe in cui essi ancora consistono e dal quale invece devono essere aiutati a uscire, «e-ducati» (condotti fuori: ah la folgorante perspicuità della lingua latina!)”.

Ma la nostra società non sa più educare i giovani.

“Disgraziatamente è proprio ciò che le nostre società, a cominciare dalle famiglie, non riescono più a fare. Non sappiamo educare le nuove generazioni, dare loro una misura e un retroterra“.

Abbiamo creato uno spaventoso vuoto educativo“.

Un vuoto in cui si evidenzia il fallimento della scuola. Ora ci si è inventati l’introduzione dell’insegnamento dell’educazione civica, “una nuova pseudomateria in condominio tra tutte le altre materie”. E’ vano immaginare che possa rimediare a tale fallimento. L’unica cosa necessaria è l’istruzione.

“La scuola è nata per istruire e dalla convinzione che l’istruzione in quanto tale abbia un potere educativo, che essa in quanto tale incivilisce. Solo gli sciocchi o i demagoghi, infatti, credono che l’istruzione consista nell’assimilare un insieme di nozioni e basta. È invece tutt’altro”.

Istruirsi, continua,

vuol dire attraverso le nozioni appropriarsi di un retaggio. Vuol dire cioè stabilire un legame con quanto è stato pensato, conosciuto, scritto e fatto d’importante prima di noi e quindi farlo nostro. Vuol dire venire a contatto con i mille modi in cui si è presentato nel mondo l’umano e più o meno consapevolmente misurarci con esso, con esso alimentare la nostra riflessione su noi stessi far crescere la nostra personalità, costruire il nostro immaginario e, per usare un’espressione ormai inconsueta, il nostro mondo morale. È in questo modo che l’appropriazione di un retaggio diviene la costruzione di un’identità. La nostra. E che di conseguenza riusciamo a non esistere più come fuscelli insignificanti gettati nel mondo, bisognosi per sentirci vivere di ubriacarci in una movida o di fare a botte per un nonnulla”.

Istruzione vuol dire essere accompagnati in questa impresa da un maestro – cosa che ogni insegnante dovrebbe sforzarsi di essere.

Vuol dire cioè apprendere dall’esperienza viva che cosa può significare per noi un essere umano in carne e ossa — non la fantasmatica immagine sullo schermo di un computer — con il quale entrare in un contatto personale e diretto”.

Ci si rifugia nell’educazione civica perché la scuola non è in grado da tempo di impartire un’educazione come quella che occorrerebbe ai nostri ragazzi. La scuola, conclude Galli della Loggia,

accredita l’idea che nella scuola stessa ciò che davvero conta — e deve contare! — siano ormai solo le «competenze», gli human skills, il «mondo del lavoro», l’«inclusività», l’«educazione digitale» e sopra ogni altra cosa sempre e comunque una visione del mondo, una formulazione di qualunque cosa, di tipo formalistico, quantitativizzante e psico-scientista. Il tutto, come è ovvio, per l’entusiastico impulso di burocrazie senza principi e di ministri dell’istruzione di nessun peso mossi solo dallo spasmodico desiderio di far parlare bene di sé i giornali dell’indomani”.

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