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La rimozione della memoria ha colpito anche su Gattuso

Abbiamo dimenticato che ancora non siamo in Champions, che è stato necessario il silenzio stampa per evitare guai, le tante sconfitte. Tutto rimosso

La rimozione della memoria ha colpito anche su Gattuso

Quanto è corta la memoria del cittadino italiano. Dalla politica al calcio sembra che la capacità di ricordare, e fare tesoro evidentemente di quanto accaduto nel bene e nel male, non si più una nostra caratteristica, non sia più – in sostanza la Storia – un riferimento, una base sui cui costruire il futuro. Un atteggiamento facile, per certi versi quasi naturale perché porta a passare un colpo di spugna sugli sbagli, sulle contraddizioni, sulle brutture del passato e sull’insegnamento che da esse si può trarre, privilegiando neanche il futuro ma semplicemente il momento, l’attimo, il presente. Un atteggiamento favorito sicuramente dalla nostra nuova vita social. Se da un lato i nuovi strumenti di comunicazione (dall’uso immediato, istantaneo) portano ad una sovrapposizione continua ed estrema, quasi compulsiva delle informazioni che l’ambiente che ci circonda fornisce e con naturale messa da parte, dimenticanza nel migliore dei casi, di quanto sostenuto e appreso pochi minuti prima, dall’altro non è secondario in questo processo il ruolo della dei media. Dei giornalisti insomma.

Colleghi, non solo giovani per la verità, che ormai si rivolgono ai propri lettori, ai propri telespettatori, a coloro che seguono sui social toccando la loro pancia, cercando di raggiungere i sentimenti (a volte alterati, rabbiosi, facilmente contestatori) del momento. E’ più facile, forse ci sono direttori che pretendono questo in nome di una immediatezza (e conseguente visibilità, anche commerciale) che viva appunto del momento, senza interrogarsi ormai più di come e perché si sia giunti ad una determinata situazione. Senza avere la consapevolezza (spesso per scelta) del perché un fatto sia successo, del perché una parola sia stata detta. Senza interrogarsi sulla storia che ha generato quel fatto, quella parola non certo per giustificarla ma per spiegarla meglio a chi non ha strumenti, non ha “archivi” da consultare per capire.

È tutto così più facile, più irresponsabile se volete per il narratore: fotografa il momento e basta. Insomma, bevo un bicchiere d’acqua e placo la sete. Ma non mi chiedo perché ho necessità di bere venti bicchieri al giorno, se questo sia segno di una malattia o meno. Ecco allora che oggi la Gran Bretagna, la Lombardia appaiono – vengono illustrate – virtuose, migliori di molti nella gestione del Covid e delle vaccinazioni. Ma si dimenticano i proclami di Boris Johnson sul raggiungimento dell’immunità di gregge (mai arrivata), sulla necessità che per farlo ci si dovesse abituare all’idea di veder morire i propri cari (cosa poi purtroppo avvenuta), sui colpevoli ritardi nella chiusura di pub e ristoranti, sull’uso delle mascherine. Con migliaia di morti. Oppure la Lombardia, che oggi si propone, e viene proposta, come regione simbolo della stagione vaccinale, una locomotiva con oltre 100mila dosi al giorno rimuovendo però la scellerata gestione dell’epidemia dello scorso anno, le sottovalutazioni dell’assessore regionale al Welfare Gallera, i camion militari di Bergamo con le bare. Anche qui migliaia di morti quasi dimenticati.

O, ancora, la nuova collocazione di Silvio Berlusconi nella politica di oggi a fianco del Pd. Dimenticandosi gli attacchi, l’odio, gli insulti (ben oltre, in molti casi, la ben meritata critica politica) che dal 1994 in poi, per circa vent’anni sono stati rivolti al Cavaliere dalla sinistra. Chi arrivasse oggi vedrebbe Forza Italia e Partito democratico come due partiti alleati, in sintonia su molte cose. Ma il passato (anche se oggi le condizioni portano a questo) racconta altro e da questo non si scappa, se si vuole essere onesti e soprattutto completi nella propria riflessione. Se si vuole imparare dalla storia.

Ed eccoci a Gattuso e alla sua vicenda sulla panchina del Napoli. Nei suoi confronti è in atto una rimozione di quanto di male, di quanti sbagli abbia commesso nel suo anno e mezzo alla guida della squadra partenopea mentre ci si concentra sul presente, obiettivamente scintillante. E la conclusione di molti, moltissimi anche dalle nostre parti (l’opinione pubblica, la stampa fuori regione, in particolare al Nord, ha sempre sostenuto – per scelta politica non ho dubbi – l’allenatore calabrese, anche contro l’evidenza) è che mandarlo via potrebbe forse essere un errore. Ora che ha trovato la quadratura del cerchio, la settimana tipo, gli infortuni diminuiti sta dimostrando il suo valore. Tiene in mano la squadra, lo spogliatoio è con lui e il cattivo è sempre de Laurentiis. Ma anche qui dimentichiamo tante cose. Non entro in questioni tecniche, ampiamente analizzate da chi è più competente di me, ma riporto lo stato delle cose: con una squadra ritenuta fortissima (seppure forse assemblata male, come detto sul Napolista) ancora non sappiamo se faremo la Champions; con questa squadra non siamo riusciti a competere per lo scudetto, non ci siamo fatti trovare pronti all’inevitabile, statisticamente previsto calo della Juventus; con questa squadra siamo stati cacciati fuori dalla Coppa Italia e dalla Uefa League; con questa squadra abbiamo perso (e pareggiato) molte partite con squadre come Spezia, Genoa, Sassuolo, Verona, senza dimenticare il Granada e per non parlare delle big italiane; con questa squadra e con questo allenatore abbiamo avuto per fortuna l’imposizione del silenzio stampa (quanti attacchi fuori luogo alla compressa libertà di stampa!) altrimenti, se la strada fosse rimasta quella delle dichiarazioni incendiarie post partita di Gattuso, qui non ci saremmo arrivati.

Insomma un quadro che rende chiaro come l’errore commesso da De Laurentiis, prima nel mandare via Ancelotti e poi prendere Gattuso, stia per essere corretto con la scelta di un nuovo tecnico, forse più vicino alle ambizioni e possibilità di una squadra costruita negli anni per primeggiare. Il veleno non basta, e generalmente uccide. Ma di tutto questo, un quadro che a situazione data è vicino al fallimento sportivo, non vi è più memoria. È bastato che arrivasse uno qualunque a sostituire Ancelotti, incomprensibilmente rifiutato (o forse comprensibilmente, ricordiamoci gli articoli critici di molti giornali e siti napoletani al suo arrivo, che hanno naturalmente condizionato la piazza; e anche qui la storia, del tecnico emiliano, non ha insegnato né ricordato nulla) per esaltare il suo sostituto, chiunque fosse e da qualunque storia provenisse. Sarri sconosciuto prima di Ancelotti nel tifo aveva una logica, Sarri sconosciuto dopo Ancelotti non avrebbe dovuto avere logica. Così come Gattuso. Ma tant’è. Ora l’unica speranza è l’arrivo in Champions e lo sbarco di un allenatore diverso dal tecnico calabrese. Con una preghiera: non dimentichiamo dove eravamo e dove siamo arrivati oggi e per quali motivi, solo così potremo capire (e accettare) quello che il futuro, nel bene e nel male riserverà alla nostra squadra.

PS: Ho un desiderio. Basta con la pandemia, voglio in queste ultime due giornate nuovamente il pubblico allo stadio, voglio i cori, voglio il tifo verace e urlato, gli insulti all’arbitro, voglio i fischi alla squadra avversaria, voglio ascoltare Nino D’Angelo e un “Giorno all’improvviso”, voglio lo speaker che scandisca i nomi degli autori dei gol, voglio l’inno del campionato, l’inno della Champions. Insomma voglio tutto quello che serve per…non ascoltare più le urla di Gattuso!

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