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Ranieri potrebbe pacificare Napoli e il Napoli. E non è un allenatore obsoleto

Ha ricevuto i complimenti di Sacchi. Allena da oltre trent’anni ma non è un passatista. Sarebbe un balsamo per una piazza troppo divisa

Ranieri potrebbe pacificare Napoli e il Napoli. E non è un allenatore obsoleto

La scintilla è scoccata leggendo qui sul Napolista l’analisi tattica di Alfonso Fasano:

Nella narrazione semplicistica – per non dire banale e banalizzante – del calcio, Claudio Ranieri è un allenatore vecchio. È l’espressione di un calcio antico, obsoleto, è un tecnico che potrebbe allenare solo in Serie A, e tante altre etichette vuote di questo genere. La realtà, soprattutto dopo Sampdoria-Napoli, dice tutt’altro: la gara di Marassi può essere raccontata come un rovesciamento dello status quo, perché, tra le due squadre in campo, quella di Ranieri era quella più profondamente identitaria, mentre quella di Gattuso ha saputo assumere varie forme nel corso dei 90′. Alla fine, come succede spesso – quasi sempre – nel calcio, ha vinto il talento.

Leggendo queste righe, improvvisamente ci siamo ricordati che ultimamente già altre volte siamo rimasti impressionati dalla Sampdoria di Ranieri. È successo la scorsa settimana a Milano (ha incassato persino i complimenti di Arrigo Sacchi che distribuisce continuamente patenti sulla contemporaneità del calcio espresso). È accaduto la scorsa stagione per Sampdoria-Napoli che finì’ 4-2 per noi ma che i doriani giocarono molto bene, da squadra inglese. Ed è accaduto anche all’andata a Fuorigrotta, soprattutto nel primo tempo.

Ma il nostro endorsement quotidiano non può essere legato solamente al campo, ovviamente. Per noi il calcio non è mai soltanto disposizione degli uomini sul terreno di gioco. Claudio Ranieri è un uomo che racchiude il calcio, che trasuda calcio. E che, allo stesso tempo, non si pone come l’alfiere del suo modo di intendere il gioco. Non pone steccati ideologici. Non si rifugia nel passatismo. Si aggiorna continuamente. Vive il presente, la contemporaneità. E magari la miscela con il suo vissuto. È un signore che ne ha viste. Ha allenato Batistuta e Totti, James e Martial, Lampard e John Terry, Zubizarreta e Zola, Del Piero e Vardy.

Leggere il curriculum di Ranieri fa impressione. Ha guidato l’Atletico Madrid, il Valencia (con cui ha vinto una Supercoppa europea), quattro anni il Chelsea, la Juventus, la Roma, l’Inter, il Monaco che portò in due anni dalla Serie B francese al secondo posto in Ligue1. Senza dimenticare Grecia, Nantes e ovviamente Leicester dove ha compiuto una delle imprese più straordinarie della storia del calcio.

Claudio Ranieri è un uomo che sa campare. È un signore di settant’anni che a Napoli – ormai trent’anni fa – gestì il dopo Maradona. E, ora possiamo dirlo, lo fece anche bene. Fronteggiando le critiche per la scelta di Laurent Blanc. Una volta, in tv disse: «Ho l’impressione che attacchino lui per colpire me». Si arenò nella seconda stagione, ma fece in tempo a vincere in Coppa a Valencia con cinque reti di Fonseca.

Il Ranieri di oggi non è comparabile con l’allenatore di allora. In mezzo è passato il calcio. Trent’anni. Quando ha cominciato ad allenare, il portiere poteva anche ancora raccogliere con le mani i retropassaggi.

Ovviamente dipende sempre dai risultati. È solo e soltanto in base ai risultati, com’è giusto che sia, che si costruiscono le narrazioni. Ma Ranieri, se supportato dai risultati, è l’uomo ideale per un ambiente che vive troppe esasperazioni. Che da anni non è pacificato, unito, bensì spaccato in fronti diversi.

Ranieri è l’uomo che potrebbe unire la piazza. Che ha le armi per disinnescare gli eccessi di De Laurentiis. E che avrebbe l’occasione per dimostrare che è un professionista ambizioso e ancora in grado di far male. Sa come sorridere al momento opportuno per smorzare la tensione. Non vogliamo parlare di saggezza perché ci viene sempre in mente la prudenza più stagnante. Ranieri ci sembra un signore capace di incarnare la definizione di intelligenza:

Complesso di facoltà psichiche e mentali che consentono all’uomo di pensare, comprendere o spiegare i fatti o le azioni, elaborare modelli astratti della realtà, intendere e farsi intendere dagli altri, giudicare, e lo rendono insieme capace di adattarsi a situazioni nuove e di modificare la situazione stessa quando questa presenta ostacoli all’adattamento.

Probabilmente sarebbe accolto da una parte dell’ambiente come simbolo del ridimensionamento. Ma è ora che De Laurentiis si liberi dall’assillo di accontentare l’ambiente. È stato proprio questo il suo principale problema negli ultimi due anni. Ovviamente è un’idea. Ma a nostro avviso a Napoli serve un allenatore che sia ovviamente bravo, esperto e allo stesso tempo al passo coi tempi, ma anche vaccinato allo stress, dotato di savoir faire, umanamente simpatico, in grado di rasserenare gli animi. Di far tornare il sorriso quando si parla di calcio.

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