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Non è più tempo di cavalli pazzi, a Napoli servono cavalli di razza

Il populismo, anche quello di sinistra, ha sempre il fiato corto. Anche a Napoli. Bassolino è una figura su cui la sinistra dovrebbe unirsi

Non è più tempo di cavalli pazzi, a Napoli servono cavalli di razza

Non è più tempo di cavalli pazzi, occorrono cavalli di razza. Sta avvenendo nella politica quello che i fisici chiamerebbero cambiamento di fase. E come tutti i grandi meccanismi, si attiva globalmente, e si sviluppa localmente. Lo abbiamo visto negli Usa: terminata la sbornia di Trump, il paese più importante dell’Occidente si è affidato a mani esperte e collaudate, quelle del vecchio saggio Joe Biden, senatore da decenni, già vicepresidente degli Usa. E lo stesso vento arriva fin qui. Arretrano le parole d’ordine dei populisti: uno vale uno, il sistema sempre corrotto, i fantomatici poteri forti, la retorica del cittadino comune. E avanzano, invece, i nuovi bisogni: competenza, esperienza, capacità di guida. È dentro questa fase nuova che è stato disarcionato anche il governo italiano. La lettura più semplicistica vede la crisi prodotta da Renzi dentro un conflitto personale e narcisistico con Giuseppe Conte e il Pd. Ma un’analisi più profonda porta ai cambiamenti in corso nel mondo: non è più tempo di improvvisazioni, di identità sbiadite. La pandemia ha svelato la necessità che a guidare il treno ci sia un macchinista esperto e non uno che si improvvisa tale. Le persone hanno bisogno di sentire la sicurezza. Nasce da qui la scelta di Mario Draghi alla guida del governo, prima ancora delle tensioni personali e di Palazzo. C’è un filo che collega i fenomeni e quel filo oggi ci dice che si sente il bisogno di lasciare in soffitta gli avventurismi e di optare, invece, per percorsi più stabili e sicuri.

Questa riflessione mi viene di farla anche per la nostra Napoli, che da terza città italiana, e da grande capitale del Mediterraneo, non può essere immune da un vento internazionale di questa portata. I dieci anni di de Magistris sono stati una ubriacatura di pressapochismo e di inadeguatezza, coperta da molta retorica di propaganda, da annunci roboanti e da pochissimi risultati. Il populismo, anche quello di sinistra, ha sempre il fiato corto. Ogni promessa arriva al pettine, e più era alta l’aspettativa più duro è il tonfo. L’uscita di scena del sindaco con la bandana arancione è desolante: lascia dietro di sé un deserto. C’è da rimettere tutto insieme, nella prassi amministrativa, nella fantasia progettuale, nella visione di città, nel tessuto comunitario, e perfino nel linguaggio e nella grammatica istituzionale.

Ecco perché, oggi, per Napoli la decisione di Antonio Bassolino di ritornare in campo, di riportare al centro del dibattito una sua proposta politica, anche personale, di storia, mi pare perfettamente in linea con gli scenari internazionali. C’è desiderio di persone collaudate, esperte, che sanno dove andare a mettere gli occhi e i progetti. La stagione del Bassolino sindaco, come tutta quella straordinaria fase dei primi sindaci eletti dai cittadini – e io ne so qualcosa, avendolo fatto a Ercolano – è stata attraversata da una grande fiducia nella comunità e in chi la guidava. C’era coesione, c’era dialogo, c’era lavoro comune. In questa nuova fase si avverte proprio il bisogno di quella stessa ricucitura.

Io, quando Bassolino era all’apice del suo potere, non sono mai stata allineata e silente, chi ricorda quegli anni lo sa. Ma forse per la stessa ragione, oggi che tanti di quelli che a lui devono molto se ne sono dimenticati, ricordo il valore della persona. Il che non significa non ricordare anche gli errori. Ma tenere, invece, bene in mente la forza e l’intelligenza che Bassolino ha saputo mostrare nella conduzione soprattutto della città di Napoli. A me pare che oggi ci sia bisogno proprio di una figura così: umile quanto basta per ripartire dal seminterrato, forte quanto necessario per non lasciarsi scoraggiare dalle difficoltà, ostinato e determinato quanto sufficiente a stare in una lotta dura, appassionato come chi, pur avendo già avuto tutto, vuole continuare a lottare. A me pare che sia una miscela talmente importante e così introvabile che, se il sistema dei partiti di centrosinistra avesse coraggio, l’avrebbe già fatta sua, invece di attrezzarsi per combatterla.

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