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L’ex Juve Padovano: «Sono innocente, ma ho perso tutto. I miei ex compagni sono spariti»

Su La Stampa l’intervista all’attaccante che da 15 anni si difende dall’accusa di traffico di droga. «Pago la mia amicizia con Luca Mosole, ai vertici dell’organizzazione criminale. Non ho nulla di cui vergognarmi»

L’ex Juve Padovano: «Sono innocente, ma ho perso tutto. I miei ex compagni sono spariti»

Su La Stampa un’intervista a Michele Padovano, ex attaccante della Juventus finito nei guai nel 2005 perché arrestato in un’operazione dei carabinieri su un traffico di droga dal Marocco all’Italia. Da 15 anni si difende nelle aule dei tribunali dall’accusa di aver finanziato alcune importazioni di hashish.

Finora ha accumulato due condanne, in primo e secondo grado. La Cassazione, l’altro ieri, ha annullato il con rinvio la sentenza della Corte di Appello.

Padovano sostiene la sua innocenza.

«Pago la mia amicizia con Luca Mosole, ritenuto ai vertici dell’organizzazione criminale. Un amico di infanzia che avevo aiutato a saldare un debito. Non sono sciocco, sapevo che il suo tenore di vita non era equiparabile alle sue possibilità. Scherzando gli dicevo: “io sono la cronaca rosa, tu la cronaca nera”. All’epoca avevo 38 anni e non pensavo di incappare in una storia del genere. Ora valuterei diversamente la situazione».

Un’amicizia che avrebbe dovuto trattare con maggiore attenzione.

Racconta i giorni dell’arresto.

«Subito ho pensato di essere su Scherzi a parte. All’epoca ero direttore generale dell’Alessandria, con un passato calcistico noto, e venivo trattato come un criminale. In carcere ho trovato grande umanità e con un paio di persone ci mandiamo qualche messaggio ancora ora. L’arrivo dei carabinieri è stato un fulmine a ciel sereno. Ero in una condizione mentale, economica e fisica eccezionale. In un attimo ho perso tutto».

Solo la famiglia gli è rimasta vicino.

«Non colpevolizzo né giudicare nessuno. Prendo atto del comportamento dei miei ex compagni. Ho sempre detto di essere innocente e ho tenuto la testa alta. Nulla di cui vergognarmi. Ma gli sguardi, nell’ambiente del calcio e nella vita sociale, erano indicativi. Solo i tifosi, soprattutto quelli juventini, hanno continuato a stimarmi».

Non è riuscito a tornare parte attiva nel calcio, da allora.

«Ho cercato con tutte le forze di ritornarci, ma con scarsi risultati. Chi mi chiudeva la porta in faccia, chi mi riceveva ma capivo da solo che non ci sarebbe stato un secondo incontro».

E ribadisce:

«Sono innocente. Questi 15 anni sono stati uno strazio. Non ho mai perso un’udienza e dopo la condanna in secondo grado, la mia fiducia nella giustizia ha vacillato. Ora quella fiducia l’ho ritrovata. E dopo 15 anni di limbo voglio riprendermi ciò che mi è stato tolto. Perché adesso non ho più nulla».

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