“Sporco turco”. “negro”, così avrebbe appellato i ragazzi. Le prime lettere anonime nel 2018, il bubbone è scoppiato adesso: “il club sapeva”
Il 5 giugno scorso il Bayern Monaco scende in campo contro il Leverkusen con al braccio la fascia del Black Lives Matter. Il club tedesco ci tiene a mettere la propria immagine in prima fila nella lotta al razzismo, ne fa una questione mediatica prima ancora che morale. Due mesi dopo, nel pieno della Final Eight di Champions a Lisbona, a Monaco scoppia un bubbone: il Bayern avrebbe nascosto per due anni, dal 2018, uno scandalo razzismo nel suo settore giovanile. Ora il problema sta venendo fuori nonostante le resistenze della società, e il caso sta montando.
“Sporco turco”, “Neger”, “Kanake”, “cammelliere”… sono solo alcuni degli appellativi razzisti con cui un allenatore delle giovanili del Bayern, una figura di spicco del settore, usava per chiamare i talenti della “cantera”. Dal vivo, e anche per iscritto, in una chat con più di 20 altri dipendenti, rimasti rispettosamente in silenzio per tutto questo tempo.
Peggio delle offese c’è proprio la tolleranza, almeno apparente, con cui i vertici del club hanno trattato il problema. Perché a quanto pare dal presidente Rummenigge (che ora laconicamente la chiama “una vicenda che mi infastidisce, siamo un club che si è sempre impegnato contro il razzismo“) in giù erano tutti informati. Ora in Germania si parla di “storia sgradevole”, di un “incidente disgustoso”.
I primi accenni alla vicenda escono grazie alla rivista WDR “Sport inside”. Il supervisore incriminato lavora nel settore giovanile del Bayern dal 2003 ed è stato promosso a responsabile delle squadre dall’Under 9 all’Under 15 nel 2016. Nell’ambiente pare che sia noto per essere un tipo duro, ma non razzista, scrive la Sueddeutsche Zeitung. I termini usati quotidianamente dal presunto razzista sono diventi pubblici grazie ad un anonimo account su Twitter (che a quanto pare lo stesso allenatore avrebbe poi querelato). E lo Spiegel scrive di aver visionato gli screenshot delle chat, anche se “non è ancora chiaro se questi siano reali”, scrive l’autorevole quotidiano tedesco.
Ma lo stesso Spiegel spiega che “le dichiarazioni si adattano all’immagine che il supervisore ha trasmesso nel campus con il suo comportamento, i suoi toni e i suoi metodi. Si dice che abbia discriminato i giocatori a causa del loro colore della pelle, nazionalità o presunta omosessualità e anche a causa della loro fede religiosa”.
La domanda successiva, che è poi la scintilla che sta innescando il caso, è: quando ne sono venuti a conoscenza i vertici societari? E cosa hanno fatto?
Secondo le informazioni confermate allo Spiegel, lettere anonime sono state ricevute nella sala del consiglio già dall’autunno del 2018, indirizzate a Rummenigge, all’allora presidente Uli Hoeness al direttore sportivo Salihamidzic, e anche ai responsabili del campus: il triumvirato di Gerland-Sauer-Seitz. Lettere in cui i genitori dei ragazzi si lamentavano delle molestie razziste e omofobe subite dai figli.
La successiva indagine portata avanti dal club tra tutti i soggetti coinvolti, genitori e bambini ha dato però esito negativo: non una sola voce critica, feedback sempre positivi. Perché questa discrepanza tra le lettere anonime e le recensioni positive? “E’ comprensibile”, spiega al giornale un dipendente del campus. “Quando tuo figlio è arrivato al Bayern e finalmente indossa con orgoglio quella maglia, non rischi di prendere posizione pubblicamente contro un allenatore, per paura che tuo figlio venga buttato fuori. Nessuno osava dire niente”.
Il Bayern per ora, sull’argomento, è in silenzio stampa e pare aver avviato una nuova indagine interna. Se le accuse dovessero risultare fondate, il supervisore razzista sarà immediatamente licenziato.
Ma resta il danno d’immagine. Il Bayern, scrive ancora la Sueddeutsche Zeitung, deve chiarire quanto profondamente gli atteggiamenti razzisti siano radicati nel suo settore giovanile. “Inoltre, il caso mette in luce il fatto che il calcio ha un problema con cliché, pregiudizi e razzismo, soprattutto a livello di base”.