Intervistato da The Athletic il presidente della Lega parla del progetto media company alternativo a quello di De Laurentiis: “Io sono per i private equity, c’è bisogno di stabilità finanziaria”
Per il 25 agosto sono attese le offerte dei private equity per acquisire una minoranza della nuova Serie A: una neonata media company che gestisca in proprio i diritti tv del campionato. È il progetto di cui torna a parlare Paolo Dal Pino, in una lunga intervista concessa a The Athletic. Contro il quale si muove Aurelio De Laurentiis, l’unico a proporre una via alternativa: una società più autarchica, senza cessione di azioni a fondi esterni, che nella sua visione prevederebbe introiti per per 20 miliardi in 6 anni.
Dal Pino intanto va avanti come un treno. Riconosciuto a livello internazionale (anche dal New York Times) come un vero manager alla guida della Serie A dopo anni di gestione del ruolo di Presidente come figura meramente “cerimoniale”, Dal Pino dice di voler “riportare la Serie A ai bei vecchi tempi, alle vecchie glorie”, perché “se salgo su un taxi a Rio de Janeiro, il tassista vedrà che sono italiano e dirà: ‘Paolo Rossi’ anche se sono passati 38 anni dalla tripletta contro il Brasile. In alcuni settori, hai un problema, ovvero non vogliono il tuo prodotto. Ora con il calcio, lo vogliono ovunque. È fantastico essere in grado di avere un prodotto che è un apriporta”.
Il piano prevede un “cambiamento culturale enorme”. L’attuale governance della Serie A oggi è “semplicemente non efficiente”: “Dobbiamo ancora sradicare certi comportamenti di prevaricazione. In generale, però, ci sono già grandi imprenditori all’interno del campionato che credono e investono nel nostro sport”.
Dal Pino crede fermamente che il private equity possa aiutare: “A volte hai bisogno di un partner che ti aiuti con la gestione temporanea, l’esecuzione e un approccio focalizzato a livello globale. In passato, la Serie A ha lavorato con agenzie e intermediari. Non vedo il valore, in questo. Dobbiamo mantenere il valore al nostro interno. Devo solo capire ora se i nostri club preferiscono che lo facciamo da soli o con l’aiuto del private equity che ovviamente è la mia strada preferita. In tempi incerti come questi, avere stabilità finanziaria e accesso a una rete globale è una cosa inestimabile”.
“Eravamo in una situazione in cui Sky non pagava (l’ultima rata dei diritti televisivi della scorsa stagione) e il campionato era fermo”, dice. “Si va da Sky Italia dicendo che rinnoverà il contratto nella nuova gara al 20 o 10 per cento in meno, a parlare improvvisamente ora di nuove iniziative che ci permetteranno di prendere il controllo del nostro destino e di essere attori attivi. Vedo molto valore nel lato OTT (servizi di streaming Internet), dobbiamo lavorare con la mentalità di un’azienda di media; una cosa che oggi non fa parte delle caratteristiche della Serie A”.
Dal Pino tocca anche il tema razzismo, restando molto sul vago (“Garantisco che elimineremo qualsiasi comportamento discriminatorio”) e degli stadi, ora vuoti e già prima vetusti:
“Dieci giorni fa dicevo: ‘Come mai locali notturni e locali come l’Arena di Verona sono aperti agli spettacoli, ci sono concerti ma non si può permettere che almeno 5.000 tifosi – cioè uno ogni otto posti – vadano a vedere la Juventus vincere il scudetto?’ Il nostro governo è molto cauto e noi vogliamo essere cauti anche noi. Ma vogliamo anche fare la cosa giusta, che è diversa dall’essere solo cauti”.